Il ministro degli Esteri Gentiloni è stato frequentatore di riunioni riservate con la Cia. Quando era ministro delle Comunicazioni ha tutelato Mediaset incontrando Confalonieri
di Franco Fracassi
È stato il ministro delle Comunicazioni che ha favorito Rete4, che ha protetto le reti Mediaset e la legge Gasparri, che ha fatto la guerra ai blog e alla loro autonomia. È stato il dirigente Pd che ha convinto Bersani ad appoggiare in tutto e per tutto il governo Monti. È il ministro degli Esteri che ha frequentato così tanto l’ambasciata statunitense da essere presidente della sezione Italia-Stati Uniti dell’Unione interparlamentare. Ecco chi è l’ex membro del Movimento lavoratori per il socialismo, poi del Pdup, poi di Democrazia proletaria, poi della Democrazia cristiana, poi della Margherita, poi del Partito democratico bersaniano e infine del Partito democratico renziano Paolo Gentiloni.
Dopo essere passato dall’estrema sinistra alla centralissima Dc, Gentiloni entrò fin dalla prima ora nella Margherita, come fedelissimo dell’allora segretario del partito Francesco Rutelli. In quanto dirigente del partito l’attuale ministro ricevette molti soldi. Almeno questo è quanto sostiene l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, i suoi libri contabili e la sua segretaria (Francesca Fiore): «A Paolo Gentiloni sono andati 72.283 euro per il 2010, 38.000 nel 2011 e 3.154 nel 2012». La Margherita cessò di esistere nel 2006.
Sempre nel 2006 Gentiloni divenne ministro delle Comunicazioni del governo Prodi, per due anni. Scrisse di lui nel dicembre 2007 il giornale online “Antenne libere”: «A proposito del ministro Gentiloni, ricordiamo che dal suo insediamento si è consultato tante volte e misteriosamente con Fedele Confalonieri. Si dirà, un ministro è libero di incontrarsi con chi vuole, specie con gli operatori del settore. Si dirà sbagliando, non sapendo che Gentiloni ha escluso per contro tutta una serie di soggetti, associazioni sindacali e altri non meno importanti del riverito (per lui) presidente di Mediaset».
Di cosa parlarono lui e Confalonieri non si è mai saputo. Quel che è certo è che la legge Gasparri che regola il sistema televisivo italiano (definita dai partiti che avrebbero formato il governo Prodi prima che quell’esecutivo nascesse: «Legge vergogna») non venne toccata, favorendo Mediaset. È altrettanto certo che la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia europea che obbligava Rete4 ad abbandonare la sua frequenza a favore di Europa7 per emigrare sul satellite non venne mai applicata dall’allora ministro competente (Gentiloni).
Passarono i governi. E Gentiloni passò all’opposizione (esercutivo Berlusconi) e poi di nuovo in maggioranza (esecutivo Monti). Era il 2011 e molti provvedimenti del governo Monti era impopolari, specialmente a sinistra. Secondo la fondazione texana Stratfor (che sforna informazioni e analisi politiche, anche riservate, su tutto il mondo per conto della Casa Bianca e delle multinazionali Usa) l’allora segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani era per schierarsi dalla parte delle proteste di piazza e per mitigare alcuni di quei provvedimenti nel corso del passaggio parlamentare. «A mettere in guardia Bersani, l’altra notte in un summit di partito c’erano Marini e Paolo Gentiloni, i quali hanno cercato di convincere i membri Pd Damiano e Fassina che “questo è il nostro governo”. Una cosa è portare in piazza la protesta contro Berlusconi e un’altra se Monti guida un esecutivo “che abbiamo voluto, abbiamo ottenuto e abbiamo celebrato”, come ha detto Paolo Gentiloni», aggiunse Stratfor.
Oggi Gentiloni è ministro degli Esteri. In passato Popoff ha raccontato dei cablo Wikileaks in cui gli ambasciatori statunitensi a Roma spiegavano al loro dipartimento di Stato di come l’ex ministro degli Esteri Federica Mogherini partecipasse a riunioni riservate convocate da funzionari Cia. Ebbene, gli stessi dispacci citano Gentiloni come uno dei più assidui frequentatori dell’ambasciata di via Veneto. Non per nulla, il nostro ministro è anche presidente della sezione Italia-Stati Uniti dell’Unione interparlamentare.