24 omicidi e 100 feriti, inchieste depistate, l’ombra del terrorismo fascista. Il procuratore ritiene inammissibile scontare l’ergastolo a uno dei due agenti della Uno Bianca
di Ercole Olmi
24 omicidi e 100 feriti tra Bologna, la Romagna e le Marche, inchieste depistate, l’ombra del terrorismo fascista. Per tutto, probabilmente, è “inammissible“, secondo la procura della Repubblica la richiesta di riduzione della pena di Fabio Savi, uno dei componenti della famigerata banda della Uno Bianca.
La richiesta, di passare dall’ergastolo ai 30 anni, si è discussa ieri davanti ai giudici della Corte d’Assise di Bologna, che si sono riservati la decisione. Savi , unico dei tre fratelli della banda non poliziotto, si rifà alla sentenza ‘Scoppola’ della Corte Europea dei diritti dell’uomo, chiedendo gli venga riconosciuto il diritto di usufruire, a posteriori, del rito abbreviato. Se venisse accolta la sua richiesta, potrebbe uscire dal carcere. In aula c’era il procuratore aggiunto Valter Giovannini, lo stesso Pm che coordinò le indagini e condusse l’accusa contro il gruppo criminale che tra il 1987 e il 1994 fu responsabile di 24 omicidi e 100 feriti tra Bologna, la Romagna e le Marche.
Giovannini ha spiegato che mancano le condizioni per l’applicazione della sentenza: non ci fu istanza per abbreviato e il processo non fu pendente nel periodo di tempo utile. Il Pm ha sostenuto che con un’applicazione automatica per questo tipo di istanze sarebbe abrogato l’ergastolo. Per la difesa è intervenuta l’avvocato Alda Maria Barbanera. “Il vento è cambiato”, ha detto Barbanera riferendosi al fatto che ora le fonti giurisprudenziali sono molteplici. “Ho portato diverse sentenze in cui appunto viene applicata la retroattività della norma penale se favorevole al reo”.
Savi, sentito nei giorni scorsi in videoconferenza dai giudici di Sorveglianza di Spoleto, dove è detenuto, avrebbe ribadito di aver diritto ad un’espiazione dignitosa della pena.
La banda della Uno Bianca, composta dai tre fratelli Savi (due dei quali agenti di polizia piuttosto conosciuti e, si disse all’epoca, abbastanza protetti) e da altri tre appartenenti alle forze dell’ordine, colpì fino al 1994 quando, in novembre, l’intero commando venne arrestato. Le motivazioni di lucro non giustificano la violenza con cui la banda colpì tra depistaggi, inchieste sbagliate, comparsate della Falange Armata, trafficanti d’armi dell’Europa orientale o, ancora, analogie con fatti accaduti all’estero.