Caso Cucchi, dopo l’epilogo del processo una fiaccolata sotto al Csm nello stesso luogo delle cariche agli operai di Terni
di Checchino Antonini
«Non ci siamo mai sentiti soli. Non ci fermeremo mai!». Rita Cucchi, con due frasi, riassume più di un dossier cinque anni di battaglia per verità e giustizia, il dolore per la morte di un figlio, lo sdegno per le condizioni in cui è morto e per come un processo ha ammesso la responsabilità dello Stato ma nello stesso tempo l’impotenza, di fronte a indagini impostate male, di dare nomi e cognomi ai colpevoli. Però è vero quello che dice Rita, non si è sentita mai sola anche perché c’è sempre qualche madre, sorella, padre, fratello che si trova nelle sue stesse condizioni. Budroni, Gugliotta, Mastrogiovanni, Magherini, solo per citare i parenti delle vittime riconosciuti in piazza. Tra loro sta crescendo una solidarietà e un’elaborazione del lutto che viene messa a disposizione di tutta la società in forma di capacità di analisi.
Di fronte a Rita, sotto il Palazzo dei Marescialli, sede del Csm, migliaia di fiaccole a illuminare una sera romana nello stesso luogo in cui la celere ha caricato, pochi giorni prima, gli operai ternani delle acciaierie. Abusi in divisa in un caso e nell’altro. Repressione contro il dissenso, il conflitto e gli stili di vita. Indifferenza per la vita delle persone in carne e ossa. Intossicazione sicuritaria, tentazioni autoritarie della governance.
In anticipo rispetto all’orario, centinaia di persone erano già in Piazza Indipendenza prima dell’ora dell’appuntamento.
Tra la selva di candele, branchi di telecamere e, tra la gente, gruppi organizzati e persone comuni, uno spaccato di quella società civile capace di indignarsi e di mobilitarsi.
Accanto alla famiglia Cucchi, a convocare la fiaccolata, c’è Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa che ha un numero verde per le emergenze e lavora sulla documentazione e la denuncia costante degli episodi di malapolizia.
«C’è bisogno di luce per illuminare quei luoghi bui dove ogni giorno si umiliano le esistenze e si calpesta la democrazia. E dobbiamo accenderla tutti e tutte insieme. Per questo lanciamo l’idea di “1000 candele per Stefano Cucchi” per “Accendere la Verità” davanti al Csm in Piazza Indipendenza Sabato 8 Novembre a Roma», diceva l’appello da cui è scaturita questa manifestazione che vedrà anche la passerella di personaggi politici che amano farsi fotografare accanto a Ilaria Cucchi ma sono inadeguati a qualsiasi forma di denuncia del proibizionismo, delle condizioni carcerarie, delle scorribande di polizia, del degrado in cui versano le periferie dopo i tagli ripetuti del welfare operati da loro stessi. Emblematico il contegno del sindaco Marino che, in primo grado, si guardò bene dal rispondere alla supplica della famiglia di presentarsi in tribunale per spiegare l’esito della commissione del Senato sul caso Cucchi ma ora è pronto a intitolare una via al ragazzo ucciso dalle percosse, secondo i familiari, e nascosto da sguardi indiscreti nel repartino pentitenziario del Pertini. Ma c’è anche chi è sempre stato, senza ambiguità, dalla parte di verità e giustizia: i centri sociali, Amnesty, Rifondazione (tra la folla anche Paolo Ferrero), Sinistra anticapitalista, l’Osservatorio repressione. Alcuni, con le bandiere della funzione pubblica, rivelano la provenienza da un’altra piazza, quella del pubblico impiego senza contratto da cinque anni.