Il #14N in piazza contro Renzi, la sua “buona scuola”, il Jobs act, la Legge di stabilità e il TTIP. Ma cos’è e chi ha organizzato lo sciopero sociale?
Il 14 novembre sarà un’importante giornata di lotta contro il Jobs Act (e la Legge Poletti), la Legge di Stabilità e, più in generale, l’offensiva neoliberale del governo Renzi. Per un verso lo sciopero sociale e generale indetto da una vasta coalizione composta da studenti, precari, componenti del sindacaliso di base tra cui i Cobas, realtà sociali a difesa dei beni comuni; a cui si è unita anche la Fiom con uno sciopero generale di 8 ore che riguarderà i metalmeccanici del Centro-Nord.
Tra l’altro Maurizio Landini, segretario della Fiom, domani sera sarà ospite in un incontro alla Facoltà di Lettere dell’Università di Roma La Sapienza, organizzato dal Laboratorio sociale romano.
Due percorsi che pur nella loro autonomia e diversità, hanno individuato un comune avversario nel ricatto che domina la scena del lavoro, imponendo sotto-occupazione/lavoro servile, disoccupazione di massa, nuova povertà. Comune avversario è anche la “narrazione tossica” renziana, che giustifica l’eliminazione dello Statuto dei lavoratori con la riforma (senza risorse) degli ammortizzatori sociali.
Rompere il ricatto della precarietà, contrastare le retoriche neoliberali, estendere i diritti esistenti e imporne di nuovi (dal salario minimo europeo al reddito di base, al welfare universale), sono obiettivi che qualificano la giornata del 14 novembre, le sue piazze, i suoi scioperi.
Ma che cos’è lo sciopero sociale e generale? Abbiamo trovato la risposta nella pagina web dell’evento, www.scioperosociale.it che popoff riporta integralmente per le sue lettrici e lettori
COS’È LO SCIOPERO SOCIALE?
Lo sciopero indetto dai sindacati è la forma di protesta tradizionale: in questo modo, negli anni ’60 e ’70 si sono ottenuti tutti i diritti dei lavoratori che gli ultimi governi stanno smantellando.
Ma oggi quali forme di protesta posso includere i lavoratori precari, i lavoratori con contratti non convenzionali, le partite IVA, i disoccupati, che non possono permettersi di scioperare? E gli studenti come possono scioperare, non lavorando ancora? Ciascuno di noi può influire enormemente sui processi di produzione incrociando le braccia per una giornata o per cinque minuti, bloccando una strada, l’accesso alle scuole, alla metropolitana, ai luoghi di lavoro, facendo delle azioni simboliche nelle piazze, nelle università, nelle stazioni.
Cosa succederebbe se per un giorno tutti gli studenti non andassero a scuola, se tutti gli insegnanti si rifiutassero di fare lezione, se tutti i lavoratori precari, sfruttati, sottopagati, in nero non lavorassero?
Sciopero sociale vuol dire incrociare le braccia, riappropriarsi con nuove pratiche di un diritto, quello allo sciopero, che ci è stato tolto.
14 NOVEMBRE: PERCHÉ SCENDERE IN PIAZZA
1) LA BUONA SCUOLA
Il Piano Scuola di Renzi sostanzialmente non si discosta dalle riforme Gelmini e Aprea contro cui ci siamo già mobilitati. Per l’ennesima volta il governo ha dimostrato di non avere nessuna intenzione di finanziare la scuola pubblica: infatti lascia ai dirigenti scolastici, che si troveranno costretti a ricorrere ad enti privati, il compito di reperire i fondi necessari.
Per quanto riguarda la didattica, il Piano Scuola presenta solo una lunga lista di buone intenzioni, ma nemmeno una parola è dedicata ai fondi che verranno realmente stanziati. Secondo Renzi l’istruzione non è di competenza esclusiva dello Stato; è inaccettabile che si richieda ai privati di risolvere i problemi della scuola pubblica e che il governo non si ponga come prioritario il tema dell’istruzione!
La grande promessa di Renzi è l’assunzione di 150mila insegnanti precari entro settembre 2015. Il Piano Scuola però propone anche importanti modifiche in tema di scatti stipendiali. Gli insegnanti, infatti, ogni 3 anni potranno ricevere, a discrezione del Dirigente Scolastico, degli aumenti di stipendio in base al numero di crediti conseguiti tramite lo svolgimento di attività non didattiche. Emerge la volontà di attribuire al Dirigente Scolastico una funzione simile a quella di un manager e di creare un ambiente estremamente competitivo all’interno delle scuole.
Questa riforma, inoltre, porterà alla creazione di un modello di scuola che si adatta al mondo del lavoro, preparando i giovani al loro futuro di precarietà. Si introdurrà al quarto e quinto anno degli istituti tecnici e professionali l’apprendistato, un vero e proprio contratto sottopagato che non fa altro che anticipare l’ingresso dei giovani in un mondo del lavoro basato sul ricatto e sullo sfruttamento. Renzi si è già dimostrato un “esperto” sul tema, infatti il panorama lavorativo a seguito del Jobs Act, decreto portato avanti dal suo governo, è caratterizzato da un’estrema precarietà.
Inoltre non riteniamo sia un caso che nelle 136 pagine del Piano Scuola neanche una sia dedicata al diritto allo studio, tema più che mai urgente in un paese in cui le percentuali di abbandono scolastico hanno raggiunto dei livelli preoccupanti. Tra contributo volontario, caro libri, caro trasporti appare evidente come l’istruzione sia sempre più un privilegio per coloro che se lo possono permettere.
2) LA LEGGE DI STABILITA’
La Legge di Stabilità varata dal Governo Renzi, oltre a prendere di mira il welfare ed i servizi essenziali contiene, come abbiamo già denunciato in queste settimane, un forte disinvestimento in Università e Ricerca ed una distruzione volontaria dell’autonomia scolastica per le scuole.
Sul versante universitario il Governo riesce nell’impresa paradossale di peggiorare le già disperate condizioni di vita degli atenei con un taglio complessivo di 430 milioni .
Sulla ricerca, oltre ai 42mln di tagli al Fondo ordinario per gli enti di Ricerca, il governo peggiora il piano “libere assunzioni”: Renzi elimina infatti il comma che imponeva un minimo di assunzioni a tempo indeterminato e punta sull’estensione totale del precariato nella ricerca. Chiediamo che dalla Legge di Stabilità vengano completamente eliminati tutti i tagli e si provveda allo sblocco del turn-over e ad un rifinanziamento complessivo delle Università
Sulla scuola i tagli più ingenti sono sulla legge 440/97, relativa all’autonomia scolastica e sulle riduzioni del personale ATA, con diminuzioni complessive pari a circa 140 milioni in due anni.
La Buona Scuola che ha in mente il governo è una scuola senza autonomia: il Governo deve rifinanziare i fondi MOF(miglioramento offerta formativa) e 440/97. E’ totalmente antidemocratico inoltre che, ancor prima che incominci qualsiasi iter parlamentare ed ancor prima che la consultazione sia conclusa, la riforma della scuola venga illegittimamente data per approvata, per mezzo della costituzione di un nuovo fondo ad hoc di 1 miliardo nel 2015 e 3 miliardi dal 2016, sicuramente insufficienti per la copertura delle misure previste dal testo.
La velocità del Governo sta mettendo in luce la propria incoerenza e la mancanza di una idea complessiva e credibile di scuola pubblica.
3) JOBS ACT
Il Jobs Act ha portato a una completa istituzionalizzazione della precarietà. Il Decreto, infatti, sancisce l’acausalità del contratto a tempo determinato. Ciò significa che è possibile assumere un lavoratore a tempo e prorogarli il contratto di tre mesi in tre mesi per un massimo di cinque volte, senza dover spiegare il motivo per cui non si assume a tempo indeterminato. Inoltre è stato istituito il contratto a tutele crescenti, un particolare “contratto a tempo indeterminato” che dà la possibilità al datore di lavoro di interrompere il rapporto in qualunque momento e senza motivazione nei primi tre anni. In pratica, in questo lasso di tempo, l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non si applica e, solo con il trascorrere del tempo, il lavoratore guadagnerà diritti e tutele.
Questo provvedimento, inoltre, interviene sulle diverse tipologie contrattuali esistenti e sugli ammortizzatori sociali. Non è, però, che un ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori (basti pensare alle distruzione definitiva dell’articolo 18). Per quanto riguarda le tutele, è evidente che non ci sia nessuna volontà di ragionare su forme di tutela universali e inclusive, come il reddito minimo, che permettano agli individui di sottrarsi dalla propria condizione di precarietà lavorativa ed esistenziale.
Oggi dopo vari anni di precarizzazione del mercato del lavoro e di politiche di austerity siamo in grado di misurare la loro efficacia. Nell’ultimo anno, sono stati persi più di 200.000 posti di lavoro, ma non solo. Se guardiamo all’occupazione giovanile, negli ultimi 5 anni la quota di giovani precari sul totale dei giovani occupati è passata dal 43% al 55%. Eppure, nonostante l’aumento della flessibilizzazione, il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato fino a sfiorare il 45%. Questi dati parlano chiaro: la precarietà è il problema, non la soluzione!
4) TTIP
Il TTIP è un trattato transnazionale di libero scambio che America ed Europa stanno negoziando da diversi mesi e che si propone di far nascere la più grande area di libero scambio al mondo.
Sulle trattative in corso e gli accordi finora raggiunti vige la massima segretezza, sebbene il TTIP potrebbe cambiare radicalmente la nostra vita.
Renzi lo ha definito “vitale” e gli industriali italiani lo considerano una benedizione, ma insieme ai confini commerciali salteranno anche buona parte delle tutele europee, leggi, controlli e standard minimi richiesti che finora ci hanno protetti dal libero commercio in Europa di carni trattate con ormoni e antibiotici e di provenienza non controllata, latte arricchito e produzioni con organismi geneticamente modificati. Inoltre vigilerà sulla corretta applicazione del Trattato un Arbitrato internazionale privato con sede in America, le cui decisioni saranno superiori alle leggi nazionali e, quindi, alle stesse sentenze dei tribunali scavalcando totalmente la sovranità popolare, in questo tribunale verrà data la possibilità alle aziende di citare in causa i singoli Stati nel caso le loro decisioni non fossero in linea con gli interessi dell’azienda, costringendoli a pagare multe esorbitanti senza avere la possibilità di citare l’azienda a propria volta. E’ dunque evidente come questo Trattato spalanchi le porte alle grandi multinazionali mettendo a rischio l’indipendenza degli Stati.
Un accordo simile era già stato discusso tra il 1995 ed il 1997 tra i ventinove paesi dell’Ocse e mai approvato per la forte mobilitazione popolare globale, che porterà di lì a un anno alle manifestazioni di Seattle e all’esordio mediatico dei primi nuclei del movimento altermondialista.
Anche per questo, insieme a lavoratori, precari, disoccupati, studenti di tutta Europa, il 14 novembre incroceremo le braccia.