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Roma, Borghezio e Casa Pound a caccia di stranieri

Trasferiti i minorenni rifugiati di Tor Sapienza. Lega e fascisti del III millennio domani a Fidene dove gli antirazzisti stanno organizzando una risposta

di Checchino Antonini

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Tutti trasferiti i trentasei minori non accompagnati, in fuga dalla guerra nel loro paese, ospiti del centro di accoglienza per richiedenti asilo a Tor Sapienza. Da questa mattina sono in altre strutture della capitale. Lo conferma al Redattore sociale un’operatrice della cooperativa “Un sorriso”, che gestisce il centro del quartiere alla periferia est di Roma vittima nei giorni scorsi di aggressioni da parte dei cittadini. Dalla guerra nel loro paese alla guerra dei penultimi contro gli ultimi di questo paese, di una città che periodicamente si scopre razzista.

E dopodomani, 15 novem­bre, un cor­teo di «comi­tati con­tro il degrado e per la sicu­rezza» par­tirà dall’Esquilino per arri­vare fino al Cam­pi­do­glio, per quello che viene annun­ciato con enfasi come «il giorno della mar­cia della ribel­lione dei rioni e dei quar­tieri di Roma» con­tro «campi rom» e «immi­gra­zione incon­trol­lata». A Roma la “caccia al nero” è sport praticato già a Ponte di Nona, da qual­che mese agisce la ronda del «Cen­tro azioni ope­ra­tive» «con­tro il peri­colo pro­ve­niente dal vicino campo Rom di via Salone» o a Cor­colle.

Intanto Borghezio, che da tempo prova a marciare su Roma grazie al feeling con Casapound, annuncia un tour per domani tra Tor Sapienza e Fidene dove, la scorsa settimana, un pensionato di 70 anni è stato rapinato e brutalmente pestato nella sua abitazione. Ad aggredirlo sarebbe stato un gruppo di tre persone provenienti presumibilmente dall’est Europa secondo i racconti. Un fatto di cronaca terribile che diventa la scusa per Borghezio e per i suoi tirapiedi di Casa Pound per convocare una fiaccolata che ha come parole d’ordine lo sgombero dei campi rom, lo stop all’immigrazione e la “difesa degli italiani”. «Un caso di cronaca, per quanto tragico e doloroso, viene trasformato in un’occasione di speculazione politica da parte della Lega di Salvini e Borghezio e dei loro fidi amici di Casa Pound, inviati nelle periferie romane dai loro nuovi padroni del Carroccio a fare il lavoro sporco soffiando sul fuoco della guerra tra poveri», spiegano gli antirazzisti e gli antifascisti del municipio che si sono convocati per oggi pomeriggio alle 15 al centro sociale Astra.
«A questi signori non frega nulla di chi non arriva a fine a mese, di chi è sfruttato o non ha una casa. L’importante è cavalcare la crisi, strumentalizzare lo stato di abbandono che vivono le periferie per dare tutta la colpa agli immigrati, invece di lottare tutti assieme per più servizi e diritti.
Il 14 novembre sarà il giorno dello sciopero sociale e generale che riempirà le piazze di tutte il paese. Insieme precari, studenti, migranti incroceranno le braccia per dire no ai provvedimenti del governo Renzi, per conquistare assieme diritti e un futuro migliore, perché non vogliamo più essere sfruttati, disoccupati, sottopagati. Il 14 novembre saremo in piazza lungo tutti gli appuntamenti di mobilitazione ma non per questo lasceremo il nostro territorio alle scorribande dei neofascisti: nel pomeriggio saremo nelle nostre strade per comunicare con i cittadini e il territorio».
La situazione a Tor Sapienza è precipitata nella mattinata di oggi, quando l’edificio di via Giorgio Morandi è stato fatto oggetto di lanci di bottiglie e di altri oggetti da parte di razzisti non meglio identificati residenti del quartiere. Ma la decisione di trasferire, «non sgomberare», dice il Campidoglio era stata presa nella serata di ieri. Per ora nello stabile rimangono altri 24 immigrati, per lo più famiglie. La nuova aggressione è avvenuta dopo che era trascorsa la prima notte tranquilla attorno al centro, seguita a un presidio andato quasi deserto ieri sera, che era stato caratterizzato da una cospicua presenza delle forze dell’ordine.

Il refrain è sempre lo stesso: «Noi ita­liani siamo abban­do­nati, per quelli là invece è tutto garan­tito». «Quelli là», ha scritto Giuliano Santoro sul Manifesto, «sono gli stra­nieri, comu­ni­tari ed extra­co­mu­ni­tari, senza per­messo di sog­giorno e richie­denti asilo poli­tico, mino­renni e adulti: tutti asso­ciati al degrado e al senso di soli­tu­dine che si respira tra le circa due­mila anime che vivono nelle case popo­lari con la corte più grande d’Europa. Sono state costruite negli anni Set­tanta e Ottanta dalle giunte di sini­stra e gli spazi desti­nati ai ser­vizi sociali non sono mai stati utilizzati».

Il giorno prima degli scon­tri, una gio­vane donna aveva denun­ciato il ten­ta­tivo di stu­pro ad opera di due uomini rico­no­sciuti come «romeni». Alla grave aggres­sione era seguito il pestag­gio di un mino­renne ben­ga­lese ad opera di un gruppo di ita­liani. Poi, un’assemblea in piazza e nella notte tra lunedì e mar­tedì un gruppo di incap­puc­ciati ha deciso di assaltare verso il cen­tro d’accoglienza

Dopo la sassaiola di lunedì notte, tra martedì e mercoledì i “cittadini” sono tornati nuovamente in piazza per manifestare contro il degrado della zona e per chiedere di mandare via i migranti ospitati nel centro. Alcuni cittadini incappucciati sono tornati davanti la struttura per lanciare bombe carta e oggetti verso la polizia. A quel punto anche gli abitanti si sono nuovamente riversati in strada, e le forze dell’ordine hanno deciso di caricare per disperdere i manifestanti. Sono state almeno 12 le persone rimaste ferite. Si tratta di gruppi di estrema destra che si fanno schermo di gruppi di cittadini “esasperati e abbandonati da tutti”. Solidale con gli aggressori il comitato di quartiere Tor Sapienza, il cui presidente diche che «La gente non vuole gli extracomunitari e non sa più come dirlo, vuole solo la legalità. Con le persone che sono scese in piazza non possiamo che essere solidali. E’ un anno che chiediamo al comune di intervenire: che Tor Sapienza fosse una polveriera lo sapevano tutti. Questa è solo la conseguenza di un abbandono totale del quartiere al suo degrado».

La struttura è attiva nel quartiere dal 2001 e oggi ospita 36 minori non accompagnati, di età media intorno ai 17 anni e in fuga da paesi in guerra. Ma il centro, che in passato ha ospitato anche 150 persone, oggi è solo la valvola di sfogo di una situazione di tensione più generale. “Non ce l’abbiamo con loro perché sono neri – aggiunge Ippoliti – ma nella stessa zona sorge il campo rom di via Salviati e nell’ultimo anno si sono moltiplicate le occupazioni abusive di case e strutture. L’ultima, in ordine di tempo, è quella di una chiesetta sconsacrata. E’ un insieme insostenibile. Con la presenza di immigrati abbiamo visto crescere anche l’illegalità, i furti, le aggressioni. Alle 20 siamo costretti al coprifuoco, vorremmo invece poter uscire tranquilli sotto casa. Ma non è vero, come stanno scrivendo in molti, che giriamo armati”.

Promette di irrompere sulla scena romana, ma solo dopo aver seminato odio a scopo elettorale in Emilia, anche Mat­teo Sal­vini, segre­ta­rio della Lega. Per lui i minori stranieri godono di «alberghi pagati» ed è su menzogne come questa che cresce tra i settori più disagiati un senso comune razzista sempre più effervescente.

Fallito il tentativo di aprire un tavolo tra residenti e immigrati, il municipio chiede al Comune di cercare una strategia condivisa. Il problema ovunque è l’alta concentrazione di centri e strutture in alcune aree e la visibilità della povertà fa temere il calo del valore degli stabili e agisce in territori desertificati dalla crisi. L’“insicurezza” ha a che fare non solo con la solitudine di tutte le vittime della crisi ma con i timori dell’individuo proprietario, incapace di comprendere le vere ragioni di una crisi che comprime stili di vita, status e consumi.

Un appello diffuso da alcuni centri sociali e operatori del III settore (tra cui la Coop il Sorriso, Casa dei Diritti sociali, La Strada, Action, Senza Confine, Arci) chiede al sindaco di impedire «la giustizia sommaria, la criminalizzazione dei migranti, le pericolose generalizzazioni. I fatti di Tor Sapienza sono l’ennesimo campanello d’allarme in una città che fatica a praticare l’inclusione e abbandona le periferie al proprio destino. I residenti del quartiere, esasperati dagli episodi di microcriminalità, scelgono la via più facile nel puntare il dito contro il centro di accoglienza rispondendo con la violenza alla carenza di servizi, di spazi di socializzazione, di opportunità di reale integrazione. Occorre andare al cuore del caso, individuando nelle criticità del sistema dell’accoglienza e dell’inclusione l’origine delle tensioni sociali. La struttura di Tor Sapienza è un esempio lampante di cattiva gestione: pur trattandosi di un buon centro, ben pensato e gestito, sorge in un deserto di servizi, scollegato dalle reti di socializzazione che possono permettere al migrante di sentirsi parte della comunità, da quei punti di riferimento che possono aiutare a chiudere il cerchio del percorso migratorio trovando uno sbocco lavorativo e un futuro di reale integrazione.
Nelle ribollenti periferie romane, risultato di anni di abbandono e ghettizzazione, si raccolgono oggi i frutti delle campagne irresponsabili che incitano all’odio sociale, cavalcate da chi, come la Lega e la destra estrema e non, coltiva impunemente razzismo e xenofobia. Chiamiamo le cose col loro nome! I fatti di Tor Sapienza chiamano evidentemente in causa la politica cittadina: è al sindaco di Roma che ci rivolgiamo, chiedendo un incontro urgente con le associazioni e i migranti, che affronti la tematica non solo riguardo alla stretta attualità, ma nel suo complesso.
Non è accettabile il silenzio e l’inerzia dell’amministrazione e non è accettabile che il comune, attraverso il sindaco, non attui percorsi di immediata tutela nei confronti degli ospiti del centro. Solo seminando armonia si può costruire una città davvero plurale e partecipata».

 

 

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