Ci sarà un unico deposito o ne verranno costruiti altri? Il Governo tace e i dubbi crescono. Ma una cosa è certa, dietro il nucleare ci sono grandi appetiti.
di Massimo Lauria
Sul deposito nazionale dei rifiuti radioattivi si rischia una Scanzano bis. La poca chiarezza sui veri obiettivi del Governo sta già suscitando nuove preoccupazioni e allerte nelle popolazioni che già nel 2003 si sono difese dalla prepotenza dello Stato. Oggi come allora quei cittadini sono pronti a dare battaglia. Ma come Berlusconi ieri, Matteo Renzi oggi ignora le loro istanze e tira dritto per la sua strada. Ci sarà un solo deposito, come indica la legge o saranno di più, come farebbe pensare la Guida tecnica 29 pubblicata dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)? Il governo tace e i dubbi crescono. Ma una cosa è certa, dietro il nucleare ci sono grandi appetiti.
Eppure chiarire questi aspetti potrebbe evitare futuri attriti con le comunità locali, che chiedono di essere coinvolte nei processi decisionali ed essere informati per tempo di quello che le istituzioni intendono fare. Nessuno è tranquillo sapendo che sotto la propria terra verranno seppelliti migliaia di barili potenzialmente pericolosi. Soprattutto non lo sono i cittadini di Scanzano Ionico, che in questi giorni ricordano la battaglia del 2003. “L’agguato è dietro l’angolo”, avvertono gli attivisti di ScanZiamo le scorie, che promettono di fare i cani da guardia del Governo e della Sogin, la società di Stato che ha in mano la partita del decommissioning italiano.
Ma un processo trasparente e chiaro può contribuire a mitigare le preoccupazioni. Certo gli eventi degli ultimi giorni non promettono nulla di buono, a partire dalla decisione del ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti di nominare l’indagato Antonio Agostini direttore dell’Isin, l’Ispettorato sulla sicurezza nucleare e la radioprotezione.
Una scelta osteggiata da Sel e M5S, secondo cui Agostini non avrebbe le competenze tecniche e scientifiche necessarie. Sulla questione la maggioranza ha rischiato di spaccarsi. E ora che la magistratura ha formalmente comunicato la chiusura delle indagini, il Pd potrebbe fare marcia indietro. Ma la questione Deposito nucleare va ancora risolta e la grande incertezza nasce dai termini poco chiari usati dall’Ispra nel definire i criteri sulla localizzazione del futuro deposito. L’Ispettorato, infatti, parla di un impianto di stoccaggio e smaltimento solo dei rifiuti radioattivi a bassa e media intensità. Ma il decreto n.31 del febbraio 2010 dice che il sito dovrà ospitare anche quelli ad alta intensità.
In questo modo l’Ispra sembra imboccare un percorso diverso da quella indicato dalla legge, aprendo di fatto un’autostrada di confusione e non detti. Fuori dai confini nazionali l’Aie (Agenzia internazionale dell’Energia) ricorda nel suo World Energy Outlook 2014 che le operazioni di decommissioning sono delicate e non prive di incertezze in termini di sicurezza. L’esperienza umana in questo senso è limitata: negli ultimi 40 anni, infatti, sono solo 10 le centrali smantellate. E per il momento nessun Paese ha mai costruito un sito di stoccaggio permanente di rifiuti radioattivi. Entro il 2040 comunque si dovranno chiudere oltre 200 reattori per un costo che supera i 100 miliardi di dollari.