Il 20 novembre, giornata mondiale in ricordo delle persone transessuali uccise dal pregiudizio. In Abruzzo ricordata Emanuela Di Cesare, assassinata nel 2007
di Alessio Di Florio
Il 20 novembre è la giornata mondiale in ricordo delle persone transessuali uccise dal pregiudizio, introdotta nel 1998 dopo l’assassinio di Rita Hester quando s’avviò prima un progetto web e, l’anno dopo, una veglia a lume di candela a San Francisco. Anno dopo anno l’iniziativa è cresciuta coinvolgendo città di tutto il mondo. Anche quest’anno il nostro Paese non mancherà di partecipare.
A Catania Queer as UniCT, nata dall’iniziativa di alcuni studenti dell’Università di Catania, alle 18.00 è stato organizzato un “candle light flashmob” per “commemorare le vittime e insieme promuovere il rispetto per la diversità e l’unicità di ogni singolo individuo e per la libera espressione di sé” perché “la transfobia ancora oggi, purtroppo, esiste e porta con sé una scia di violenza verbale e fisica che a volte sfocia persino nell’omicidio”. L’Università di Catania si è già dimostrata attiva con l’approvazione del doppio libretto universitario per le studentesse e gli studenti transgender. Un percorso simile, insieme all’UDU (Unione degli Universitari) Arcigay lo ha proposto all’Università de L’Aquila così da permettere “a quelle ragazze e a quei ragazzi che hanno intrapreso da poco la strada della transizione (e che quindi per la legge sono ancora legati anagraficamente al sesso biologico), di usufruire in ambito universitario di un nome (avatar) rispondente alla loro fisionomia in evoluzione, ancor prima del lento iter burocratico previsto dalla legge per la riattribuzione del sesso”. L’Associazione denuncia che “la persona transessuale viene presentata come un soggetto sociale al margine, incarnazione del degrado e del vizio e quindi non degna di considerazione persino in luogo di delitti efferati”.
A Torino, infatti, la giornata è stata dedicata al ricordo di Valentina e Nicole, morte precocemente e il cui commiato terreno ha visto all’opera tali pregiudizi e disprezzi: Valentina è stata indicata nei manifesti con il nome maschile mentre Nicole è stata addirittura seppellita in abiti maschili. Vicende simili a quella di Emanuela Di Cesare, brutalmente assassinata a Pescara il 23 Aprile 2007. I quattro circoli abruzzesi di Arcigay hanno organizzato a Francavilla una fiaccolata per ricordare una persona che non ha mai avuto giustizia, il cui racconto sulla stampa videro concretizzarsi i peggiori pregiudizi e non considerazione denunciati da Arcigay L’Aquila. Ancora oggi capita di vederla riportata su alcuni quotidiani con il nome Emanuele. Subito dopo l’assassinio la presidente di Crisalide AzioneTrans Onlus Mirella Izzo scrisse in una lettera aperta che era stata uccisa tre volte dall’intolleranza, dagli esecutori dell’efferato delitto e da alcuni articoli sulla stampa. Scrisse Mirella Izzo “nessun giornale (per quanto mediocre) avrebbe mai speculato a questi livelli sul colore di capelli o sulle abitudini del genitore di una triste vittima della cronaca nera, ma in questo caso sì: Emanuela in quanto transessuale lo stigma doveva portarselo dietro a prescindere, nessuno si sarebbe comunque opposto a ciò. Uccisa una transessuale, quasi a dire che comunque, in fondo, in quei loschi ambienti di meretricio e di perversioni, una un po’ se la va a cercare. E poco importa chi fosse la clientela (uomini sposati, forze dell’ordine, maschi “tutto d’un pezzo”), anzi, se hai messo a tacere una reietta che potrebbe sapere troppo e distruggere il tuo velo di sacra famiglia, la società quasi ti offre un’attenuante, se non una scusante”. Su PeaceLink si accusò la “banda della morbosità” di un’Italia “perbenista e ipocrita” che nega l’umanità rinchiusa com’è “rinchiusa nei suoi dogmi moralisti e vuoti” e violentò più “la vita e le sue scelte” piuttosto che denunciare “la barbarie di chi l’ha uccisa”. Ancora oggi in tutta Italia, riprendendo l’indignato grido di Mirella, ci sono tante Emanuela che chiedono rispetto e umanità in un Paese dove purtroppo “nessuno prenderebbe a lavorare nella sua boutique o nel suo salumificio una transessuale in quanto simbolo di perversione e di sessualità deviata irreversibilmente. Allora pur di tirare a campare una poveraccia qualsiasi sceglie il marciapiede, con tutti i rischi che ciò comporta. Lo Stato italiano è assente nella vita di queste persone, la società è assente, ed il circolo vizioso riprende la sua corsa inesorabile”. Per questo giornate come il Transgender day of Remembrance e l’impegno a non dimenticare persone come Emanuela, Valentina, Nicole, Rita. La civiltà non sarà veramente tale, come unendosi alla campagna per chiedere giustizia per Emanuela scrissero in un comunicato PeaceLink Abruzzo e l’Associazione Antimafie Rita Atria, fin quando non saranno stati abbattuti tutti i “triangoli rosa” imposti dallo stigma sociale e “nessuna persona vedrà la propria dignità calpestata e riconosciuta la sua umanità, il suo diritto ad amare e ad essere amati, a scegliere della propria vita ascoltando la propria natura e non ingabbiato dai diktat del moralismo e dell’ipocrisia dilagante” perché “fin quando l’Amore sarà catalogato, condannato, offeso, violentato, saremo tutti meno umani, l’Amore di tutt* sarà violentato e impedito. L’Umanità è tale se vale per tutti, l’Amore non è negato o minacciato da altro Amore: se alcun* non possono amare, non può amare nessuno” e “la dignità di tutti e tutte sarà sempre in pericolo”.