Per i guru della Silicon Valley i dispositivi elettronici sono dannosi per i bambini. Dello stesso avviso molti psicologi. Ma c’è anche chi dice che fanno bene…
di Franco Fracassi
«Cerchiamo di ridurre al limite la quantità di tecnologia che i nostri figli possono usare a casa», parola di Steve Jobs, il defunto fondatore della Apple e inventore dell’iPod, dello smartphone e dell’iPad. E non è l’unico nella Silicon Valley a pensarla così. Chris Anderson è l’amministratore delegato della 3D Robotics (azienda produttrice di droni). «Ho il totale controllo sull’utilizzo che i miei figli fanno dei gadget elettronici. Ho vissuto in prima persona i pericoli della tecnologia. Non voglio che i miei figli passino la stessa cosa. Dare libero accesso a smartphone e tablet vuol dire rischiare che i bambini vengano molestati o, peggio ancora, che contraggano dipendenza dal dispositivo elettronico». Il fondatore di Twitter Evan Williams e sua moglie Sara hanno regalato ai loro due bambini centinaia di libri che possono leggere quando vogliono invece che un iPad: «Secondo diversi studi clinici, l’utilizzo continuativo di dispositivi elettronici da parte dei bambini può portare a un aumento dei disturbi della vista e del sonno. Inoltre, i ricercatori ritengono che le frequenze wireless per la connessione a internet usate dagli iPad e da altri tablet possano rappresentare potenziali rischi per la salute ed essere cancerogene».
Sulla dannosità degli smartphone e dei tablet nei confronti dei bambini più piccoli tutti gli esperti sono concordi. Il dibattito è più acceso quando ci si riferisce ai bambini sopra i tre anni.
Favorevoli
Paolo Ferri, professore di Teorie e tecniche dei nuovi media, su questo argomento ha dichiarato: «Sotto l’anno non li farei mai usare. Ma fino ai tre anni, la loro attenzione è davvero limitata, si stufano in fretta. La curiosità va inquadrata nel comportamento esplorativo, identico di fronte a un giocattolo povero. Trovo più passivizzante la tv di un iPad, che invece è una via di mezzo tra qualcosa di animato e qualcosa di inanimato: per un bimbo equivale a un gatto che all’improvviso fa miao, li sorprende. In definitiva, una dieta mediale variata fa bene. Purché vigilata da un adulto. Mai lasciare i bimbi da soli con delle macchine».
Fulvio Scaparro, psicoterapeuta dell’età evolutiva: «Un bambino non può mai essere responsabile di ciò che vede. I tablet fanno parte del contesto contemporaneo, come ai nostri tempi c’era il telefono a disco. Se i piccoli sono curiosi e si divertono, non ha senso farsi troppe domande e lasciarli giocare. Purché sia un processo naturale, senza pensare: deve cominciare subito sennò resta indietro».
Gabriele Lo Iacono, psicoterapeuta e curatore del sito “Psicologonline”: «I bambini utilizzano i congegni elettronici per guardare la musica o giocare. Quasi la totalità dei bambini italiani utilizza i videogiochi. Se utilizzati correttamente i giochi tecnologici aiutano il bambino a sviluppare: il lato immaginativo, il lato creativo della mente, la capacità di prendere decisioni immediate. Prima di concedere ai bambini il permesso per giocare, tuttavia, è necessario che il genitore segua alcune regole: fornire al bambino un’ampia scelta di giochi adatti alla sua età, fare una ricerca su internet per trovare i videogame più educativi e divertenti, informarsi con quale videogame intende giocare, dare un’ora precisa durante la quale il bambino potrà utilizzarlo. Normalmente i comportamenti violenti sono appresi dai bambini tanto attraverso l’osservazione di persone e fatti reali quanto di fatti rappresentati».
Isabela Granic psicologa della Radboud University di Nijmegen, in Olanda: «Se utilizzati correttamente, i videogiochi aiutano i bambini a sviluppare il lato immaginativo e creativo della mente, aiutano ad apprendere attraverso una continua percezione del proprio miglioramento, rendono i piccoli più autonomi attraverso le sollecitazioni a prendere decisioni immediate. Inoltre, i videogiochi insegnano a padroneggiare le nuove tecnologie. Già da qualche anno scienziati, ricercatori, medici utilizzano apparecchiature dal funzionamento analogo ai videogiochi e ottengono risultati sorprendenti. Un esempio per tutti, l’utilizzo in campo chirurgico di joystick e video tridimensionali per guidare gli interventi. Non solo. Di fronte alla necessità di valutare disturbi specifici dell’apprendimento, i test che si effettuano con l’uso di videogiochi sono quelli che danno i risultati più attendibili per quanto riguarda i livelli di attenzione, concentrazione e memoria. Esistono videogiochi da computer, da consolle, da scaricare, da giocare online, individuali o da condividere, per piccoli e adulti, d’azione, strategia, ruolo, educativi, con protagonisti violenti o teneri. L’intervento più intelligente che possa fare un genitore è aiutare il bambino affinché sia in grado di operare le sue scelte, avendo una gamma ampia di possibilità. Non si tratta né di proibire né di concedere, ma di metterlo in condizione di trovare ciò che lo porta a realizzarsi».
Contrari
Secondo uno studio della rivista specializzata Archives of Disease in Childhoodha, «i bambini diventano ossessionati dalla televisione o dai tablet sin dai primi anni. E questo rischia di comportare numerosi problemi, dai disturbi dell’apprendimento all’obesità. Nei primi tre anni di vita ogni bambino ha bisogno di interagire con gli occhi di mamma e papà, e non di essere messo davanti ad uno schermo».
Paolo Curatolo, ordinario di Neuropsichiatria infantile all’università di Tor Vergata, a Roma: «Prima dei tre anni l’uso dei tablet dovrebbe essere vietato ai bambini. È troppo presto. Può avere senso quando si va alla scuola primaria, per sviluppare le abilità multitasking che oggi la società richiede».
Lo psicologo britannico Aric Sigman: «Prima dei tre anni i computer devono essere lontani dalla portata dei bambini. E dopo i tre anni le ore davanti a quei piccoli schermi devono comunque essere limitate. Passare troppe ore con tablet e smartphone può, infatti, creare molti problemi ai bambini: obesità, problemi cardiovascolari e diabete di tipo due».
Una ricerca condotta da Kate Highfield, dell’Istituto per la prima infanzia dell’università Macquarie di Sydney (in Australia) ha evidenziato la pericolosità dei videogame ripetitivi: «L’ottantacinque per cento dei videogame in circolazione sono giochi di “comportamentismo”, che chiedono al bambino di ripetere un comportamento o un’azione. Questo genere di giochi è dannoso per lo sviluppo del bambino quasi quanto quelli violenti. Entrambi i generi di videogiochi, infatti, possono causare ritardo dello sviluppo psicologico dei bambini, aggressività, violenza, ostilità, insensibilità, perdita di empatia».
Philip Tam è psichiatra dell’università di Sydney, specializzato in bambini e adolescenti: «Sono probabilmente centinaia o migliaia nella sola Australia i giovanissimi fra otto e quattordici anni con problemi significativi legati all’uso di videogiochi e di internet. I casi più gravi hanno come conseguenza: l’abbandono degli studi, la violenza verso i genitori, l’insorgere di malattie mentali. Infine, concedere ai bambini il permesso di giocare per molte ore, magari la sera tardi, li rende irrimediabilmente stanchi. Nella maggior parte di casi, infatti, i bambini si addormentano sui banchi e sono pochi concentrati durante il giorno a scuola».