Rischio astensionismo. Liste travolte dagli scandali. Il sindacato divorzia dal Pd. Renzi, Grillo, Salvini in Emilia con i loro candidati. Il bisogno di una sinistra fuori dal recinto del Pd
da Bologna, Ercole Olmi
Prima Renzi che accusa la Camusso di essere come Salvini, poi Grillo che vorrebbe ripensare il lavoro ma senza i sindacati che sarebbero anacronistici, “fuori secolo”. E poi le scorribande di Alan Fabbri, con Salvini, sul filo dell’istigazione all’odio razziale e con il gusto dell’apologia di reato che contraddistingue personaggi del genere [l’ultima delle solenni cazzate di questo signore, che di mestiere fa il sindaco ma è considerato un incapace, è che un imprenditore che evade è un eroe].
Al centro dell’attacco – anche nelle schermaglie della campagna elettorale per le regionali emiliane – c’è sempre il mondo del lavoro, le sue conquiste e le sue organizzazioni. «Il liberismo sembra aver contagiato anche il movimento 5 stelle che vagheggia il “mercato aperto” anziché rivendicare regole – come non delocalizzare e stabilizzare i precari – per le imprese in cambio del sostegno al credito di cui hanno certamente bisogno», spiega a Popoff, Cristina Quintavalla, candidata presidente per l’Altra Emilia Romagna. «Unire le lotte, bloccare l’attacco al mondo del lavoro. Ecco a cosa serve l’Altra Emilia Romagna. Per una nuova casa a sinistra che si ponga come alternativa al Pd, al populismo di Grillo, alle provocazioni xenofobe delle destre che hanno in comune la tendenza a criminalizzare le lotte sociali e i soggetti più deboli della società. Questo vasto fronte anticapitalista non può che nascere fuori dal Pd, che ha tradito la sua stessa storia con le politiche che colpiscono i ceti popolari – e fuori dal recinto del centrosinistra dentro il quale ogni soggetto politico non ha altro ruolo che quello, subalterno, della foglia di fico», dice ancora Quintavalla polemizzando con Vendola venuto in Emilia a giurare che il voto a Sel cambierà il centrosinistra. Il suo partito ha voluto rompere con la lista Tsipras e non tutti hanno seguito i cacicchi locali nell’all’eanza col Pd in cambio di niente visto che Bonaccini non ha mai confermato pubblicamente di voler limitare il consumo di suolo o di voler ripubblicizzare l’acqua [cosa che non ha fatto, in dieci anni e un referendum in mezzo, nemmeno il sopravvalutato re di tutte le Puglie].
Bonaccini, il candidato del Pd e di Sel, con ogni probabilità successore del condannato Errani, sarà il governatore dello Sblocca Italia che per l’Emilia (85% dei comuni a rischio idrogeologico e quinta regione per cementificazione) vorrà dire inceneritori a tutto vapore, cinque nuove autostrade, beni comuni regalati alle multiutility e nuove trivellazioni in terra e in mare.
Ma sarà un governatore senza gran legittimazione se le voci della vigilia sull’astensionismo record dovessero trovare conferma alle 23 di domani quando chiuderanno i seggi.
Iniziata con i raid xenofobi della Lega contro i sinti italiani vittime della Uno Bianca, la campagna elettorale è stata segnata dai ripetuti scandali che hanno coinvolto il partito-stato, la “ditta” come lo chiama Bersani, ma anche quasi tutti i consiglieri uscenti – grillini, dipietristi e leghisti compresi – per la vicenda “Spese pazze”. Oscurata dalla piena del Po e dai disastri ambientali del maltempo, la politica ha faticato ad affiorare nel dibattito pubblico condizionato pesantemente dall’irrompere sulla scena dello Sblocca Italia e del jobs act, e dalla censura dei media per ogni cosa che non fosse il populismo della Lega o il liberismo di Renzi/Bonaccini. E Renzi ha avuto bisogno di molta polizia per far sentire la sua voce al di sopra delle contestazioni che lo accompagnano ovunque si presenti. La rottura tra Pd e sindacato sembra ormai un dato di fatto anche nell’Emilia “rossa” e la pervasività dei candidati del Pd è impressionante, così come il codismo dei media.
Ha fatto un certo scalpore il confronto truccato trasmesso da SkyTg24, potente stazione tv del magnate Murdoch: due dei sei candidati presidente sono stati esclusi dal confronto di serie A in prime time e retrocessi nel pomeriggio della Saluzzi. Tra gli esclusi, ovviamente, l’Altra Emilia Romagna. Anche La7 non s’è lasciata intimidire dalla par condicio (che idea balzana pensare che possano parlare tutte le forze politiche!) e ha invitato all’Aria che tira poi a Omnibus solo il candidato renziano come accadeva alla tv bulgara o cilena.
Anche il manifesto, house organ del Patto degli Apostoli, non si è fatto uscire l’ernia per raccontare come la sinistra abbia costruito la campagna emiliana: poche righe in fondo a un articolo, dense di luoghi comuni, sul giornale della vigilia.
Ma per tutti le regionali emiliane avranno ricadute nazionali. Per Grillo che è piombato a sorpresa tentando di risollevare il morale dei suoi, spaccati dalle espulsioni, dagli esodi, dalle delusioni dei comuni governati a cinque stelle. Per la Lega, ormai in tandem con Casapound, che tenta il sorpasso di Forza Italia nel campo delle destre. Per la sinistra che avrebbe diritto a uno spazio autonomo e alternativo al Pd, senza le zavorre e i politicismi che affaticano la vita della lista Tsipras.