Disordini e arresti dopo l’annuncio della non incriminazione per il poliziotto che uccise un diciottenne ad agosto. Amnesty documenta gli abusi. L’allarme di Obama: la questione razziale è viva
di Checchino Antonini
«Temevo che un altro dei suoi pugni mi avrebbe fatto perdere conoscenza, o anche peggio… Ne avevo già presi due in faccia, e il terzo avrebbe potuto essere fatale se mi avesse preso in pieno». Darren Wilson, alla Cnn online, fornisce la sua versione dopo essere stato salvato dal grand jury di bianchi. Wilson è il poliziotto bianco di 28 anni che il 9 agosto ha ucciso Michael Brown, un nero di 18 anni, a Ferguson. Non è stato incriminato da un Grand Giurì composto da 9 bianchi e 3 neri. «Mentre si avvicinava, continuavo a dirgli di buttarsi a terra, ma non lo ha fatto. Ho sparato una serie di colpi, non so quanti, so solo che ho sparato… So di averlo centrato almeno una volta, perchè il suo corpo ha iniziato a tremare…. Non si ferma e riprendo a sparare… Quando cade, cade con il viso a terra».
Quando un ragazzo nero a mani nude incontra un uomo bianco con distintivo e pistola, il ragazzo nero muore. E, nei civilissimi States, come nella colonia Italia, processare un bianco con la divisa è quasi impossibile.
«Offriamo asilo ai neri americani nella terra del Califfato, i non musulmani dovranno convertirsi»: è una delle tante provocazioni rilanciate da account Twitter vicini allo Stato islamico mentre divampa la protesta di Ferguson. Un altro account ironizza: «State tranquilli, non manderemo truppe di terra in Usa». Ma questo è “colore”: la realtà è che, dall’inizio delle proteste di Ferguson, Amnesty International USA, ha distribuito osservatori per monitorare le interazioni di polizia con i manifestanti. Il 24 ottobre, l’organizzazione per i diritti umani ha pubblicato “Sulle strade d’America: Violazione dei diritti umani in Ferguson,” mettendo in evidenza l’uso eccessivo di gas lacrimogeni e proiettili di gomma.
«È compito del grand jury di separare i fatti dalla fantasia, non esistono prove concrete per presentare nessuna accusa contro Darren Wilson», ha pontificato il procuratore di St. Louis, Robert McCulloch, nella conferenza stampa la scorsa notte a Ferguson. Ci sono altre due inchieste avviate per ordine del ministro della Giustizia, ora uscente, Eric Holder, una sulla sparatoria del nove agosto per stabilire se l’agente ha violato i diritti civili di Brown ed una sull’intero dipartimento di polizia di Ferguson accusato dai dimostranti di usare il racial profiling, la pratica di fermare le persone solo in base della loro razza, e di uso eccessivo della forza.
Secondo fonti citate dal Washington Post appare improbabile che il dipartimento di Giustizia possa procedere contro Wilson. Dice il Washington Post che «Alcuni testimoni hanno mantenuto la loro dichiarazione riguardo al fatto che Brown aveva le mani alzate e non si muoveva quando l’agente Wilson ha sparato, molti altri hanno detto che non aveva alzato le mani, o lo ha fatto brevemente mettendole subito giù girandosi verso l’agente che allora ha sparato», ha detto ancora il procuratore, illustrando la ricostruzione a cui sono giunti i giurati che nelle loro 25 udienze hanno ascoltato 60 testimoni.
La giuria era composta da sette uomini e cinque donne, nove bianchi e tre afroamericani. Una composizione che può aver giocato un ruolo cruciale nella decisione, dal momento che in Missouri per arrivare all’incriminazione sono necessari almeno 9 voti. La famiglia di Brown, che ieri notte ha diffuso in una dichiarazione in cui esprimeva «la profonda delusione per il fatto l’assassino di nostro figlio non fronteggierà le conseguenze delle sue azioni», ora potranno avviare una causa civile contro Wilson e il dipartimento di polizia. Intanto, come era stato già trapelato nei giorni scorsi, il capo della polizia di Ferguson ha confermato che Wilson, che nelle scorse settimane si è anche sposato in segreto con una collega, si è dimesso.
«Dobbiamo riconoscere che la situazione a Ferguson ci ricorda problemi più ampi che noi ancora fronteggiamo come nazione», ammette Barack Obama, nel discorso pronunciato nella notte dalla Casa Bianca per invitare tutti, dimostranti e poliziotti, alla calma nella cittadina del Missouri. Dopo aver ricordato in apertura del suo discorso che gli Stati Uniti sono uno stato di diritto e «quindi dobbiamo accettare le decisioni del grand jury», Obama ha riconosciuto che quella presa dalla giuria di Ferguson, di non incriminare l’agente responsabile della morte di Michael Brown, «ha provocato la delusione, la rabbia di molti non solo a Ferguson, ma in tutta l’America».
«È una reazione comprensibile», ha aggiunto sottolineando però come le proteste debbano essere pacifiche, anche per ottenere un cambiamento nel quadro generale delle relazioni razziali. «Dobbiamo riconoscere che non è solo un problema di Ferguson ma di tutta l’America, abbiamo fatto enormi progressi ed io ne sono stato testimone con la mia vita – ha detto ancora il primo presidente afroamericano – ma è anche vero che i problemi esistono e non sono creati dalle comunità di colore». Problemi di discriminazione da parte della polizia, il cosiddetto ‘racial profiling’, che non devono essere negati ma affrontati. «Ma questo non succederà lanciando bottiglie, frantumando i vetri delle auto, usando questa come scusa per atti vandalici nè certamente ferendo qualcuno», ha detto ancora Obama, sottolineando che questo viene compreso «dalla stragrande maggioranza dei dimostranti
Intanto è bufera contro il pm Robert McCullock, accusato di aver sbagliato i tempi dell’annuncio della non incriminazione di Wilson. Sono in molti a chiedersi, infatti, per quale motivo il pubblico ministero abbia comunicato la decisione ore dopo che i dodici giurati avevano finito di deliberare, o perchè non abbia aspettato la mattina successiva, per evitare che la cittadina dei pressi di St.Louis venisse messa a ferro e fuoco, come è puntualmente successo nella notte tra lunedì e martedì. Gli attivisti lamentano in particolare il fatto che era stato chiesto un preavviso di 48 ore in modo da potersi organizzare ed evitare lo scoppio di violenze, anche probabilmente per l’infiltrazione di manifestanti da altre parti della contea. Una richiesta che è stata ignorata. «È una decisione che spettava al pm, non a noi», si è limitato a rispondere il governatore del Missouri, Jay Nixon. Altri sostengono che la scelta di McCulloch è stata fatta perchè a quell’ora i negozi erano chiusi e anche le scuole. «Poteva comunque aspettare fino a martedì mattina», è la risposta degli attivisti.
Nel corso della notte di violenze a Ferguson sono state arrestate 61 persone, molte delle quali per furto e violazione di domicilio. Lo ha riferito un portavoce della polizia locale, Brian Schellman. Altre 21 persone sono state arrestate per reati simili anche nella vicina St Louis, ha reso noto il sindaco della città, Francis Slay.