L’avvocato delle famiglie delle vittime di Iguala, Vidulfo Rosales, denuncia l’inconsistenza e le discrepanze nella versione della Procura
di Marina Zenobio
A due mesi dalla morte di sei persone e la scomparsa di 43 studenti a Iguala, nello stato messicano del Guerrero, per mano della polizia locale vincolate al crimine organizzato, ci sono più domande che risposte. “I ragazzi potrebbero essere vivi o morti. Ogni tesi è priva di consistenza” ha dichiarato alla stampa l’avvocato delle famiglie delle vittime, Vidulfo Rosales
La prima tesi, che si basa sulle dichiarazioni dei primi arrestati, ormai diventati 70, suggerisce che gli studenti sono stati giustiziati e bruciati alla periferia di Iguala. Lì sono state trovate fosse con dei corpi, ma nessun cadavere corrisponde agli studenti.
La seconda tesi “nasce dal nulla” ha detto Rosales, e sostiene, in base alle testimoniante di altri detenuti, due presunti assassini reo-confessi, che gli studenti sono stanti condotti, uccisi e bruciati nella vicina discarica di Cocula, e i resti poi gettati nel fiume San Juan. Come prova la Procura generale della repubblica ha offerto una busta con dentro una rotula umana, altre ossa e tanta cenere. Tutto il materiale è stata inviato in Austria per tentare di recuperare del Dna.
Per l’avvocato Rosales si tratta di una versione “fragilissima”, non ci sono state altre testimonianze a conferma e, inoltre, si deve considerate le modalità con cui queste testimonianze potrebbero vengono rese. La ong per i diritti umani Human Rights Watch ha ricordato che numerose confessione in Messico sono estorte con la tortura. Poi c’è la versione che dice che quel giorno a Cocula c’è stato un fortissimo e lungo temporale, impossibile quindi che il fuoco nella discarica continuasse a bruciare per 15 ore, con la temperatura necessaria a fare cenere di tanti corpi. Sulla questione della pioggia, ha denunciato Rosales, “fino ad oggi nessuna informativa meteorologica è stata richiesta dalla Procura, a conferma o smentita”.
Diciannove giorni senza novità
Da queste fragilissime versioni sono passati 19 giorni, un periodo in cui non c’è stato alcun progresso nelle indagini, né si è saputo se il sindaco di Iguala, José Luis Abarca, presunta mente dei fatti, già arrestato, abbia fornito nuovi indizi. Finora si è rifiutato di rispondere alle domande degli inquirenti.
E nemmeno si sa se sono state tracciate le chiamate di quella notte, in entrata o in uscita dai cellulari degli studenti scomparsi, come non si sa chi uccise lo studente ritrovato con il visto praticamente distrutto e la cui foto ha fatto il giro dei social network.
Secondo i dati raccolti dalla Commissione d’inchiesta voluta dalla Camera dei deputati il 7 ottobre,la notte della scomparsa dei ragazzi il battaglione dell’esercito di stanza a Iguala fu informato da qualcuno di aver sentito numerosi colpi d’arma da fuoco. I militari avrebbero chiesto conferme alla polizia locale che disse, invece, che tutto era tranquillo. Ma avrebbero dovuto verificare.
Si sa però che è stato l’esercito a localizzare quel corpo quella stessa notte e, anche qui, secondo l’avvocato Rosales, mancano risposte. “Bocche cucite circondano l’esercito, l’unica cosa che dicono è che non è intervenuto perché lo avrebbe fatto, se necessario, in appoggio alla polizia locale”
“Sappiamo che l’esercito ha partecipato, che ci sono omissioni, atti irregolari e che va assolutamente aperto un fascicolo per determinare le responsabilità. Cosa che il governo aveva garantito di fare e non ha fatto” ha aggiunto Rosales.
“Manca lavoro di intelligence e tecnologico” precisa l’avvocato. E mancano risposte. “Manca lavoro di intelligence perché si sta investigando solo in base a denunce anonime e manca la tecnologica nelle modalità delle indagini” . E definisce inconsistenti anche le versioni secondo cui i giovani sarebbero stati resi schiavi nelle mine di oro presenti nella regione.
A breve la Commissione Interamericana dei Diritti Umani entrerà a far parte della task force investigativa messicana, e Rosales spera che servi a rafforzare alcune linee di indagini, a supervisionare il lavoro ufficiale e dare garanzie ai genitori dei ragazzi scoparsi perché “a maggiori dubbi corrisponde maggiore sofferenza”