In pochi giorni prima incendiata l’auto di Pino e poi trovati impiccati due cani davanti la sede della televisione. Sit in di solidarietà in piazza a Partinico.
di Alessio Di Florio
Sabato scorso gli è stata incendiata una vecchia Bmw parcheggiata davanti la sede dell’emittente. Pino Maniaci ha commentato l’episodio ipotizzando che potesse trattarsi di un atto vandalico: «La macchina è in disuso e nel tempo è stata danneggiata. C’erano un finestrino e due fari frantumati. Ipotizzo che si tratti di una bravata, le hanno fatto esalare l’ultimo respiro». Il secondo gravissimo episodio è del 3 dicembre, quando sono stati trovati impiccati il pastore belga e il setter inglese della famiglia Maniaci. Terminata l’edizione del telegiornale Pino è sceso nel cortile della redazione e ha trovato la scena. Leggiamo sul sito dell’emittente di TeleJato: «La crudeltà umana non ha limiti. La storia di Telejato è costellata di atti intimidatori, ma mai come questa volta così codardi e ignobili. I poveri animali sono stati brutalmente uccisi, presumibilmente malmenati o avvelenati e successivamente appesi alla recinsione del loro ricovero in contrada Timpanella. Telejato non si ferma». La tv di Partinico si sta occupando della droga che «in questi ultimi mesi sta scorrendo a fiumi nel comprensorio», ha sottolineato Pino Maniaci.
L’emittente televisiva più piccola d’Italia (due stanze). Ma anche la più coraggiosa e la più vulcanica. Questa è TeleJato, attivissima in prima linea nella denuncia delle mafie e del malaffare in Sicilia. Pino Maniaci, allora imprenditore edile, la acquistò dal Rifondazione comunista dieci anni dopo la sua fondazione, nel 1999. Cominciò allora un’avventura che continua tuttora irridendo e svelando potenti, mafiosi e le loro trame.
Pino è un vulcano incredibile, coraggioso e dotato di una straordinaria ironia che quotidianamente accompagnano le sue denunce. Pino e TeleJato sono scomodi, voci che danno fastidio alle mafie e a coloro che quotidianamente proliferano nel nome del malaffare. E TeleJato non è una emittente televisiva come tante altre, TeleJato è la finestra del mondo su un lembo di Sicilia (e sull’intera regione), è una comunità resistente che sfidano quotidianamente i don Tano Seduto di oggi, come Peppino Impastato da Radio Aut sbeffeggiava Tano Badalamenti, e tutti coloro che con la mafia convivono e si accordano. Proprio come Radio Aut e Peppino Impastato, TeleJato e Pino Maniaci sono l’avanguardia di una società antimafia viva, un luogo comune di tutti coloro che non si arrendono ai boss e al loro violento dominio criminale, la casa di innumerevoli attivisti di associazioni, comitati, partiti, voci libere che hanno partecipato alla vita di redazione e alle trasmissioni, palestra di vita per moltissimi e comunità che va oltre la “semplice” redazione e dove, tra una trasmissione e l’altra, ci si ritrova anche davanti ad un piatto di pasta (magari anche una decina) per poi subito dopo lanciarsi in una nuova inchiesta e denuncia. In TeleJato si ritrovano l’ardore, la passione, la competenza di un gruppo di persone di ogni età che amano la loro terra e lottano per migliorarla.
E negli anni sono arrivate intimidazioni, minacce, attentati, che arrivarono anche a danneggiare le antenne due anni fa. Gli ultimi attentati sono cronaca di questi giorni.
Più di mille i messaggi arrivati alla redazione, incalcolabili le telefonate (anche di altissimi esponenti istituzionali). Afferma l’Associazione Antimafie Rita Atria: «Le immagini si commentano da sole. Abbiamo deciso di pubblicarle perché solo dei vigliacchi mafiosi possono aver commesso una cosa del genere. La rabbia è tanta. È questi gesti non possono che tradursi in un impegno concreto a stare vicino a Pino Maniaci e alla redazione di Telejato. Basta seguire i suoi telegionali per capire a quanti questa redazione può dare fastidio».
Durissimo Salvo Vitale, compagno di Peppino Impastato a Radio Aut e presidente dell’associazione culturale Peppino Impastato. Vitale evidenzia la vigliaccheria dei mafiosi e di chi compie questi gesti esecrabili che vengono compiuti solo contro i più piccoli come Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido a soli quindici anni dopo un lunghissimo rapimento di 779 giorni, o Giuseppe Letizia, ucciso a soli tredici anni nel 1948. «Se la prendono con gli anziani, la coppia selvaggiamente picchiata dell’altro ieri, o con gli animali, i suoi poveri due cani, Billy e Chèrie, o il labrador della vecchietta di ieri, preso a pistolettate. È proprio nel rispetto della vita delle persone più care che si misura la distanza tra la nostra cultura della vita e la loro cultura della morte. Noi ci teniamo ai nostri figli e desideriamo che crescano senza di loro, essi invece non se ne occupano, se non per farli diventare balordi come sono loro stessi. I due cani trucidati con il fil di ferro, ci ricordano troppo da vicino cani e gatti che, anni fa i ragazzini del clan dei Fardazza appendevano ai muri della Cantina Borbonica. Li vorremmo vedere in faccia questi sciacalli, per mostrare la loro faccia a tutti, come fai lui quando riesce a procurarsi le immagini, incorniciarle con una bella scritta che esce dalla loro bocca: “Chi sugnu forti!!!!”, ma solo per poter dire loro: “Ma quanto sei stronzo!”». Ha aggiunto Salvo Vitale: «Manca solo il messaggio di Napolitano, che non ha espresso solidarietà neanche a Di Matteo, e infine quello del Papa, che però ha cose più grandi cui pensare».