The Darkroom Project, sa di storia di un arte che non muore, ma anzi trionfa sulla tecnologia che avanza, attraverso uno dei suoi più grandi maestri, Luciano Corvaglia, che nel suo laboratorio ha sviluppato e stampato le foto in bianco e nero dei maestri della fotografia. Sessantacinque autori in mostra, opere in bianco e nero, inaugurazione sabato 13 dicembre dalle 19.00 all’una di notte, negli spazi dell’esordiente TevereArtGallery, per restare aperta al pubblico fino al 5 gennaio. Se “the video killed the radio star“, la fotografia digitale – almeno sul piano del mercato, meno su quello artistico – ha fatto “quasi” lo stesso con l’analogico, la pellicola e lo sviluppo e la stampa in camera oscura, quella a sali d’argento ed acidi. Niente LightRoom e pixels, per intenderci. Roba concreta, chimica, per dire. Per quelli che l’hanno provata sensazioni, atmosfere, odori che non si possono dimenticare. Come anche i gesti e le tecniche, le esperienze, le intuizioni, e quel lento, emozionante, fare emergere l’immagine dalla carta, il risultato finale senza il beneficio della preview. Solo l’occhio del fotografo, senza automatismi o preset, il resto lo fa la luce e l’arte di chi sviluppa il suo lavoro.
In un mondo in cui è sempre più difficile trovare pellicole e carta sensibile, the Darkroom Project, nato nel 2010, dopo le edizioni di Muro Leccese ed aver toccato Arles e Stoccarda, sbarca finalmente a Roma. Una rassegna che rappresenta anche una sintesi delle precedenti edizioni e raccoglie le opere in bianco e nero di 65 artisti, fotografi professionisti ed amatori, con cui Corvaglia ha lavorato. Vincitori del World Press Photo – del calibro di Francesco Zizola, Richard Avedon, Gianni Giansanti, Tony Gentile, Raffaele Turetta – accanto a “cultori della materia“, con scatti che dialogano tra loro alla ricerca di un linguaggio universale per narrare la magia del bianco e nero.
Inoltre, ad accompagnare l’evento centrale, troviamo chicche come “Anonimo paparazzo – stampe ai sali d’argento“, realizzate da Luciano Corvaglia da negativi originali anni ’50 provenienti dall’Archivio Marcello Mencarini, e “Visioni Stereoscopiche“, con immagini che raccontano l’Italia in 3D, dal 1914 al 1930, con gli occhi di un fotografo amatore dell’epoca e riprodotte su lastre: un viaggio in 3 dimensioni che ci riporta indietro di cento anni nella storia italiana grazie ad uno stereoscopio di fine ‘800. The Darkroom si apre con un contest che si potrebbe definire il “master chef” dell’analogic developing. Sviluppare una foto. Tre concorrenti. Lo stesso negativo. A disposizione 5 provini, 2 fogli di carta baritata 50×60 e mezz’ora di tempo per affrontare la prova. E solo 30 minuti prima i concorrenti conosceranno il negativo da stampare. Luciano Corvaglia stesso valuterà i risultati e li illustrerà al pubblico con un focus sulle difficoltà della procedura e ed un’analisi del risultato. Previste incursioni del pubblico in camera oscura per alzare il “livello” di difficoltà. Il tutto con gli inserti di musica classica di Thomas Corvaglia e la mediterrean/bossa e cose sue di Luca Merloni. Naturalmente, all’inaugurazione segue aperitivo e rinfresco. Da non mancare.