Trasferiti in altre carceri Carminati, Buzzi, Odevaine e company. Confermato il 416 bis. Volevano mettere le mani anche sul Centro di accoglienza per residenti asilo di Crotone
di Marina Zenobio
Prima notte nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo, in Friuli, per l’ex Nar Massimo Carminati, trasferito per incompatibilità ambientale. In cella a Nuoro invece il braccio operativo Salvatore Buzzi, l’uomo del Pd, mentre dall’inchiesta emerge che anche la gestione del centro di accoglienza di Mineo, in Sicilia, era nel mirino dell’organizzazione Buzzi-Carminati.
La decisione del tribunale del riesame di Roma è la seconda vittoria incassata alla Procura della Repubblica dopo il via libera agli arresti da parte del giudice per le indagini preliminari. Rimane la custodia cautelare in carcere dunque, ma per Massimo Carminati e Riccardo Brugia rimane soprattutto il 416 bis, ovvero l’associazione a delinquere di stampo mafioso. L’architrave di quella teoria dei magistrati romani secondo cui quella di Carminati e company era una organizzazione criminale che utilizzava gli stessi metodi di camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra siciliana. “Un’altra associazione definita “mafia capitale” e che presenta caratteri di originarietà e di originalità. Originarietà perché è una organizzazione romana, senza collegamenti con le altre organizzazioni meridionali classiche, con cui però ha rapporti su un piano di parità; originalità perché ha caratteri suoi propri, diversi da quelli delle altre organizzazioni classiche meridionali, e collegati e derivati proprio dal fatto di essere romana”.
Il prossimo passaggio chiave sarà quello del 17 dicembre, quando il tribunale per il riesame prenderà in carico il ricorso presentato da Salvatore Buzzi, l’uomo che con le sue cooperative ha infettato il sistema degli appalti pubblici romani. Ma non solo, perché sperimentata la capacità di guadagnare su migranti, rifugiati e nomadi proprio nel territorio del comune di Roma, il gruppo di Carminati e Buzzi aveva deciso di allargare il suo raggio di azione. In parte grazie ai contatti con la ‘ndrangheta calabrese, la famiglia Mancuso di Vibo Valentia, cercando di entrare nella gestione del centro di accoglienza di Mineo, e in parte grazie a un uomo chiave dell’inchiesta, quel Luca Odevaine che, dopo vari ed importanti incarichi al Comune e alla Provincia di Roma, sedeva nel tavolo nazionale per la gestione dei flussi dei migranti presso il ministero dell’interno.
In una lettera aperta inviata al governo attraverso la fondazione Intregra/Azione il 18 settembre scorso, Odevaine sollecita una gestione diversa dei flussi di profughi e migranti da accogliere. La lettera non ha mai avuto alcuna risposta ma sul tavolo della procura l’arresto di Odevaine era già firmato.
In uno stralcio della lettera scritta a quattro mani da Odevaine e la sodale Rossana Calistri direttore scientifico di Integra/Azione, con una retorica che stona non poco con le conversazioni intercettate dal Ros dove si pianificano le modalità di come guadagnare sempre più proprio sul flusso di migranti, rifugiati e nomadi, si legge: “Da molti anni ci poniamo domande su quali possano essere le azioni necessarie per affrontare quella che l’Osservatore Romano, ha definito in questa terribile estate del 2014, una ‘ecatombe senza fine’. Le missioni come Frontex e Mare Nostrum non hanno dato i risultati sperati”. E dopo un lungo passaggio carico di retorica sui valori dell’accoglienza e dell’integrazione, Odevaine arriva al punto: “Aver portato da 3000 a 20.000 i posti destinati allo Sprar, la riduzione significativa dei tempi della prima accoglienza, oltre all’unificazione in capo al ministero dell’Interno delle procedure relative ai minori, punti centrali del documento, avvicinano sensibilmente l’Italia ai paesi europei più avanzati nelle politiche di integrazione. Ma tutto ciò potrebbe funzionare in ‘tempi di pace’, con flussi migratori controllabili. Oggi la situazione non è tale da poter pianificare accoglienza ed integrazione in modo razionale. I numeri di questa emergenza stravolgono qualsiasi possibilità di pianificazione. E’ fondamentale quindi trovare una sintesi tra emergenza e pianificazione. E per fare ciò è indispensabile che ognuno faccia la propria parte”. Odevaine chiede quindi “la modifica degli accordi di Dublino, operazioni umanitarie che contemplino corridoi umanitari, presidi sulle coste del Mediterraneo e risorse economiche adeguate”.
Di tutt’altro tenore le parole di Odevaine registrate nel maggio del 2014: “Stando a questo tavolo nazionale… e avendo questa relazione continua con il ministero sono in grado di orientare i flussi che arrivano da giù… anche perché passano da Mineo, e poi da Mineo vengono smistati in giro per l’Italia, un po’ a Roma… un po’ nel resto d’Italia».