Durissimo il commento di PeaceLink al nuovo decreto ILVA del Governo Renzi. L’associazione eco-pacifista chiede nuove sanzioni contro l’Italia all’Europa
di Alessio Di Florio
Una strenna dell’ultim’ora sotto l’albero. Il 24 dicembre, mentre ormai già volgeva a termine la frenesia consumista degli acquisti natalizi dell’ultim’ora (per i, ogni anno di meno, pochi che ne sono partecipi), Renzi annunciava in conferenza stampa i provvedimenti del consiglio dei ministri “natalizio” appena concluso, tra cui un nuovo decreto ILVA. Durissimo il commento dell’Associazione PeaceLink, autrice di alcuni degli esposti da cui ha preso avvio l’attuale “stagione giudiziaria” sul colosso siderurgico e di altri in sede di Commissione Europea (dai quali stanno scaturendo provvedimenti nei confronti dell’Italia). Per l’associazione ambientalista il decreto (il settimo!) mette a disposizione “soldi pubblici” in “quantità irrisoria” che “non serviranno che a pagare un terzo del debito che ILVA ha con le banche” e che verranno sottratti “fondi europei FESR e di coesione sociale che dovrebbero essere invece investiti a favore dello sviluppo, della ricerca e dell’innovazione sostenibili”.
“I cittadini di Taranto – ormai senza più tutele ambientali – rimandano al mittente il regalo di Natale di Renzi”, scrive PeaceLink.Il decreto, accusano gli esponenti dell’associazione Alessandro Marescotti, Luciano Manna e Antonia Battaglia, violerebbe le normative europee e l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) così non garantirebbe più la salute dei cittadini tarantini. “Lo Stato rinuncia definitivamente ad investire nelle migliori tecnologie” e “i tempi di completamento dell’autorizzazione ambientale AIAsi dilatano in maniera indefinita” che per PeaceLink rappresenta un “salvacondotto penale al Commissario che guiderà l’ILVA” (il decreto prevede 3 “manager pubblici”).
Durissima la presa di posizione degli ambientalisti taranti che invocano l’intervento della Commissione Europea alla quale chiedono di sanzionare “nuovamente il Governo Italiano” che, con quest’ultimo decreto, peggiorerebbe l’AIA (che già, accusano, non è mai stata rispettata nelle “sue parti più significative”) aggiungendo subito dopo “non è vero (come affermato da Renzi) che l’AIA Ilva sia troppo severa e non è vero che nel resto dell’Europa non sarebbero in vigore le norme impiantistiche prescritte per l’Ilva di Taranto. A tal fine, basta consultare il sito del Ministero dell’Ambiente per documentarsi: le nuove Best Available Techniques (BAT) sono entrate in vigore in Italia in data 8 marzo 2012. E sono state approvate dall’Europa il 28 febbraio 2012 (http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=OJ:L:2012:070:TOC), diventando quindi valevoli per tutti gli stati europei. Ma questo Renzi non lo dice, producendo un effetto distorsivo dell’informazione”. PeaceLink esprime quindi “sbigottimento per le parole del premier Renzi, che afferma di voler venire in soccorso dei bambini di Taranto prevedendo di non applicare le norme europee che prevedono tecnologie meno impattanti” arrivando quindi a rendere “meno stringenti i limiti emissivi per l’ILVA e andando quindi contro la legge”. “La produzione ed il funzionamento degliimpianti attuali dell’Ilva (che sono attualmente sotto sequestro penale) avevano alla base un obbligo non rispettato: lo stretto rispetto del cronoprogramma AIA. Questo obbligo era stato indicato dalla Corte Costituzionale già nel maggio 2013. Il primo decreto Salva-Ilva (dicembre 2012) è stato infatti dichiarato costituzionale a condizione che il cronoprogramma AIA venisse rispettato entro il 2014” evidenzia il comunicato di Alessandro Marescotti, Luciano Manna e Antonia Battaglia che sottolineano il “ruolo fondamentale assunto dalla Commissione Europea nel garantire il rispetto delle norme ambientali, in linea ed in perfetta continuità con l’azione della Magistratura tarantina” (PeaceLink per questo “invierà una lettera al Presidente della Commissione Europea per segnalare in maniera dettagliata la gravità delle violazioni di diverso tipo presenti nel decreto del governo italiano”) aggiungendo che s’impegneranno per “un piano B che salvi Taranto e i suoi lavoratori dalla catastrofe attraverso i fondi europei per le aree di crisi industriale”.
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