La Corte dei Conti: quindici anni di tagli irrazionali, la pubblica amministrazione stenta ad assicurare i servizi. Bocciati Brunetta, Monti e Madia. I Cobas: «Altri tagli in vista»
di Checchino Antonini
Quindici anni di tagli irrazionali, servizi pubblici a rischio. Lo dice la Corte dei Conti.
La riorganizzazione dei ministeri in chiave di «revisione della spesa» ha prodotto prima di tutto tagli «indifferenziati» a cui sono seguiti adattamenti delle strutture, allontanando l’obiettivo di razionalizzare la Pa: il piano risulta a oggi caotico, «incompleto» e «contraddittorio». All’insegna della «irrazionalità». La Corte dei Conti ha prodotto una delibera sulla «riduzione degli assetti organizzativi e delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato». La Corte ricorda le continue modifiche alla normativa, anche per decreto legge, «le conseguenti incertezze e i ritardi attuativi», gli interventi eseguiti senza «adeguata valutazione del rapporto tra attribuzioni intestate, risorse impiegate e servizi da rendere». Serve «stabilità», scrive la Corte, per ridefinire l’assetto della Pa «in linea con i principi costituzionali».
La Corte dei Conti usa aggettivi quali “irrazionale”, “incompleto” e “contraddittorio” per definire il piano di riordino delle amministrazioni dello Stato partito con la riforma Brunetta e passato dalla spending review di Monti fino agli ultimi atti del Ministro Madia. Bocciati tutti questi statisti della domenica, artisti della macelleria sociale anche dalla magistratura contabile.
La Corte spiega che ci sono state eccessive e indiscriminate “riduzioni indifferenziate”, tagli che non hanno preso in esame il rapporto tra costi e benefici. Il corposo dossier è scaricabile sul sito internet [http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_centrale_controllo_amm_stato/2014/delibera_23_2014_g.pdf]
«Lo scontro in atto non è da sottovalutare – avverte il Cobas del Pubblico Impiego – infatti è sempre più diffusa la pratica di autorizzare spese a copertura delle quali saranno necessari provvedimenti per la revisione della spesa, insomma si impegnano soldi che in cassa non ci sono e per trovare i quali saranno necessari ulteriori tagli. Le manovre in atto sono tali da pregiudicare la funzione di molti servizi pubblici, i tagli alle società partecipate possono in prospettiva creare più danni che benefici, mossi per lo più da esigenze di costruire società più grandi che agiscano in certe situazioni in regime di monopolio».
Insomma, secondo il Cobas è palese anche alla Corte dei Conti la politica di saccheggio della cosa pubblica, di contrasto attorno alle funzioni e ai ruoli dirigenziali «ma anche di situazioni al limite del collasso come nella sanità che subisce non solo i tagli del Governo ma delle regioni, in un paese dove ormai curarsi è un lusso».
«La razionalizzazione dell’organizzazione dei Ministeri attraverso la revisione della spesa è di fatto stata vanificatà dall’introduzione di riduzioni indifferenziate, adottate cioè a prescindere dal contesto di un’adeguata valutazione del rapporto tra attribuzioni intestate, risorse impiegate e servizi da rendere», spiega ancora la CdC sugli «interventi di riduzione degli assetti organizzativi e delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello stato disposti dall’art.2 del d.l. n. 95/12, convertito in legge n. 135/» a fotografare così lo stato di avanzamento sulla riorganizzazione del personale della macchina aamministrativa. Una riorganizzazione, peraltro, che «necessita, tuttora, di essere completata, particolarmente dalle strutture articolate per uffici territoriali». Nè risulta «ancora ultimata», denuncia ancora la Corte dei Conti, la riorganizzazione di tutti i Ministeri, da concludersi con l’adozione dei decreti ministeriali di definizione degli uffici dirigenziali di secondo livello; inoltre, «il succedersi dei Governi non ha consentito di impartire tempestive indicazioni in merito alla ripartizione dei tagli sulle articolazioni dei Ministeri».
Di fronte alla stretta sul personale operata con la spending review, sottolinea la Corte dei Conti, «quasi tutte le amministrazioni hanno rilevato la difficoltà di adempiere ai compiti a loro intestati o di rendere i servizi da loro attesi, ai quali se ne vanno aggiungendo di nuovi, con le risorse umane in servizio, sotto-dimensionate rispetto alle dotazioni organiche ridotte». Il principio di buon andamento dell’amministrazione, spiega la Corte, «implica non l’immobilismo ma certamente la stabilità. Una riforma deve potersi attuare avendo un obiettivo strategico e perseguendo l’ottimizzazione dei fattori che, nel caso specifico, sono costituiti dalle risorse impiegate per meglio adempiere alle attribuzioni intestate alle amministrazioni». I magistrati contabili sottolineano che ad oggi «le dotazioni organiche non evidenziano eccedenze, escluso solo il personale militare del Ministero della Difesa». Bisogna quindi «consentire alle amministrazioni di portare a compimento il processo avviato, partendo dall’individuazione del modo più razionale ed efficiente per attendere ai compiti istituzionali, identificando le strutture da eliminare o da ridimensionare, allocando le risorse in relazione agli effettivi livelli di domanda del territorio e alle funzioni ad esse affidate. Ulteriori riduzioni delle risorse in servizio – avvertono – potrebbero non consentire una adeguata cura dei servizi, già segnalata da alcune strutture amministrative, come pure il verificarsi di disservizi all’utenza, dovuti alle continue modifiche». Dal 2000 ad oggi, ricorda la Corte si sono susseguite «per le note esigenze di contenimento della spesa pubblica, cinque successive leggi di riduzione del personale» pubblico. «Ferma restando l’insindacabilità delle scelte di natura politica – conclude la Corte – la discrezionalità non si sottrae al giudizio di irrazionalità, che potrebbe derivare dall’adozione di proposte che vanificano il risultato finora raggiunto in materia».
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