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R.F.Kennedy Jr: “abbiamo tanto da imparare da Cuba”

Robert F. Kennedy Jr, figlio di Bobby Kennedy e nipote del presidente JFK, assassinato a Dallas nel ’63, analizza l’embargo a Cuba alla luce delle recenti aperture di Obama

di Robert F. Kennedy Jr.

Cuba fine embargo

 

Robert F. Kennedy Jr. – avvocato, fervente ambientalista, conduttore radiofonico e scrittore, figlio di Robert F. (Bobby) Kennedy e nipote Robert F. Kennedy Jrdel presidente John F. Kennedy assassinato a Dallas nel ’63 – analizza l’embargo statunitense contro Cuba alla luce delle recenti aperture di Obama. Un embargo che l’autore definisce come un “fallimento monumentale” in base alle sue esperienze e conoscenze personali delle relazioni tra La Habana e Washington.

Pur non condividendo totalmente il contenuto dell’articolo, riteniamo sia una visione interessante da conoscere

 

 

Il 17 dicembre il presidente statunitense Barak Obama ha annunciato il ripristino delle relazioni diplomatiche con Cuba, dopo oltre cinque decadi di una politica sbagliata di cui mio zio, John F. Kennedy, e mio padre, Robert F. Kennedy, ebbero la responsabilità di applicare dopo che il governo di Dwight D. Eisenhower (1953-1961) aveva dichiarato l’embargo contro l’isola nell’ottobre del 1960. In molti settori, non sogli negli Stati Uniti ma in tutto il mondo, l’annuncio di Obama ha generato la speranza che l’embargo sia destinato a scomparire.

Ciò non toglie che a Cuba ci siano restrizioni delle libertà come quella di espressione o di riunione, e che il governo sia proprietario dei mezzi di comunicazione. Le elezioni, come nella maggior parte dei paesi comunisti della vecchia guardia, offrono opzioni limitate.

Tuttavia, ci sono autentici tiranni nel mondo che si sono trasformati in alleati quanto mai vicini agli Stati Uniti, e molti governi con storie peggiori di Cuba, in termini di diritti umani.
Un esempio è l’Azerbaijan il cui presidente, Ilham Aliyev, fa bollire i suoi oppositori nell’olio; ma anche l’Arabia Saudita, la Giordania, la Cina, il Bahrein, Tayikistán, Uzbekistán e molti altri paesi dove, tra le pratiche governative, si trovano la tortura, la scomparsa forzata, l’intolleranza religiosa, la repressione di ogni forma di espressione, l’oppressione medievale nei confronti delle donne, le frodi elettorali e le esecuzioni extra-giudiziarie.

Nonostante la sua povertà, Cuba ha ottenuto alcuni risultati impressionanti. Il governo si vanta che la sua popolazione ha un indice di alfabetizzazione più alto di qualsiasi altro paese dell’emisfero, che i suoi cittadini, tutti, hanno accesso alle cure sanitarie, che ha più medici per abitante di qualsiasi altro paese del continente americano, e che i medici cubani avrebbero una formazione di alto livello. A differenza di altre isole dei Caraibi, dove la povertà significa fame, ogni cubano riceve una tessera annonaria con razionamento mensile degli alimenti che copre le necessità primarie.

Alcuni funzionari cubani hanno ammesso che l’economia è soffocata dall’inefficienza del marxismo, ma è fuori discussione che la principale causa dei problemi economici dell’isola è lo strangolamento provocato da quasi 60 anni di embargo commerciale.

E’ chiaro a tutti che l’embargo applicato per la prima volta durante l’amministrazione di Eisenhower, nell’ottobre del 1960, punisce ingiustamente i cubani. Ciò impedisce lo sviluppo economico facendo sì che tutti i prodotti basici e ogni tipo di attrezzatura siano astronomicamente cari e difficile da reperire.

La cosa peggiore è che, invece di punire il regime per le sue restrizioni, l’embargo ha rafforzato il regime che ha offerto ai cubani un nemico esterno per giustificare uno stato di sicurezza nazionale autoritario. L’embargo ha anche offerto ai leader cubani un mostro a cui dare la colpa per la povertà dell’isola. E’ quasi certo che l’embargo ha aiutato a mantenere i fratelli Castro al potere negli ultimi cinquant’anni.

L’embargo ha giustificato misure oppressive del governo cubano contro la dissidenza così come le preoccupazioni per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti sono state utilizzate da certi politici statunitensi per giustificare incursioni contro la nostra carta dei diritti, compresi i diritti costituzionali di avere un processo con una giuria, all’habeas corpus, ad una difesa efficace, a viaggiare liberi da perquisizioni e da arresti ingiustificati, da intercettazioni e da punizioni crudeli, dalla tortura dei prigionieri e dalla rendition, per citarne alcuni.

E’ più che paradossale che gli stessi politici secondo cui si doveva punire Castro per i suoi limiti ai diritti umani, sostengono che i maltrattamenti offerti dagli Stati Uniti ai nostri prigionieri nelle carceri cubane (Guantanamo) sono giustificati.

Immaginate un presidente statunitense che avrebbe dovuto fare i conti, come accaduto a Fidel Castro, con oltre 400 tentativi di essere assassinato, migliaia di episodi di sabotaggio appoggiati dall’esterno e diretti contro la popolazione, le fabbriche e i ponti della nostra nazione, un’invasione sponsorizzata dall’esterno e 50 anni di guerra economica che, nei fatti, avrebbe privato i nostri cittadini di articoli di prima necessità e strangolato la nostra economia.

I leader cubani hanno puntato il dito contro l’embargo, con abbondanti giustificazioni, considerandolo la ragione prima della privazione economica a Cuba. L’embargo ha permesso al regime cubano di presentare gli Stati Uniti come prepotente e mostrare sé stesso come la personificazione del coraggio, in piedi davanti alla minacce, alle intimidazioni e alla guerra economica da parte della maggiore superpotenza militare della storia.

L’embargo ricorda costantemente, all’orgoglioso popolo cubano, che la nostra potente nazione, che ha orchestrato l’invasione della sua isola, che ha sabotato le sue industrie e cospirato per assassinare i suoi leader, mantiene una campagna aggressiva per portare alla rovina la sua economia.

Forse il miglior argomento a favore della revoca dell’embargo è che non ha funzionato. Il nostro embargo di 55 contro Cuba è il più lungo nella storia e, comunque, il regime dei Castro è rimasto al potere.
Invece di revocare l’embargo, le differenti amministrazioni statunitensi, inclusa quella dei Kennedy, lo hanno rafforzato, senza nessun risultato. L’embargo discredita chiaramente la politica estera statunitense, non solo in America Latina ma anche in Europa e in altre regioni.

La Habana, effige di Che Guervara sul palazzo del ministero dell-interno
La Habana, effige di Che Guervara sul palazzo del ministero dell-interno

Da oltre venti anni l’Assemblea dell’Onu ha sollecitato la revoca dell’embargo. L’anno scorso, così come nel 2013, la risoluzione ha avuto 188 voti a favore e 2 contrari, i contrari sono stati Stati Uniti e Israele. Anche la Commissione Interamericana per i Diritti Umani, principale organo dei diritti umani delle Americhe, ha chiesto la stessa cosa, così come l’Unione Africana.

Una delle ragioni per cui diminuisce il nostro prestigio mondiale e la nostra autorità morale è che l’embargo esalta le nostri relazioni distorte con Cuba, relazioni storicamente cariche di forti paradossi che fanno sì che il resto del mondo veda gli Stati Uniti come un paese ipocrita.

Più recentemente, mentre incolpiamo Cuba di incarcerare e maltrattare i prigionieri politici, sottomettiamo contemporaneamente i nostri prigionieri molti dei quali innocenti da stesse ammissioni del Pentagono, a tortura, compreso il waterboarding, la detenzione illegale e l’arresto senza processo nella prigione cubana della baia di Guantanamo.

Colpevolizziamo Cuba perché non permette ai suoi cittadini di viaggiare liberamente negli Stati Uniti, ma limitiamo i viaggi a Cuba dei nostri stessi cittadini. In questo senso l’embargo sembra particolarmente antistatunitense. Perché il mio passaporto dice che non posso andare a Cuba? Perché non posso andare dove voglio?

Io sono stato uno statunitense fortunato. Ho potuto visitare Cuba ed è stato un viaggio educativo meraviglioso perché mi ha dato l’opportunità di vedere da vicino il comunismo in tutti i suoi difetti.
Perché il nostro governo non si fida e non dà ai cittadini statunitensi la possibilità di verificare le falle della dittatura?

Se il presidente Kennedy fosse sopravvissuto per un secondo mandato, l’embargo sarebbe stato revocato mezzo secolo fa. Il presidente Kennedy disse a Fidel Castro, tramite intermediari, che gli Stati Uniti avrebbero posto fine all’embargo quando Cuba avrebbe smesso di esportare rivoluzionari violenti nei paesi dell’Alleanza per il Progresso in America Latina, una politica che terminò quasi del tutto con la morte di Che Guevara, nel 1967, e quando Fidel Castro non avrebbe più permesso all’Unione Sovietica di utilizzare l’isola come base per l’espansione del potere sovietico nell’emisfero.

Allora, l’Unione Sovietica non esiste più dal 1991, da oltre 20 anni, però l’embargo USA continua a soffocare l’economia cubana. Se l’obiettivo della nostra politica estera a Cuba è promuovere la libertà dei suoi cittadini, dovremmo aprire le porte e non chiuderle.

Abbiamo tanto da imparare da Cuba, dei suoi successi in alcuni ambiti, dei suoi fallimenti in altri.

Mentre passeggiavo per le strade dell’Avana ho incontrato una vecchia Ford che sbuffava, una alta effige del Che in ferro battuto e, in un giardino alberato, l’effige in bronzo di Abraham Lincoln.
E ho sentito tutto il peso di 60 anni di storia cubana, una storia profondamente intrecciata con quella del mio paese.

La Habana, effige di Abraham Lincoln  a Parque de La Fraternidad
La Habana, effige di Abraham Lincoln a Parque de La Fraternidad

Fonte Inter Press Service News Agency / Traduzione di Marina Zenobio

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