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Julien Assange: “perché Charlie non era più protetta?”

Il fondatore di WikiLeaks, dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra, critica l’intelligence francese dopo Charlie: “servizi corrotti, e lo sono perché sono segreti”

di Marcelo Justo

Julien Assange nel suo appartamento interno all'ambasciata ecuadoriana di Londra
Julien Assange nel suo appartamento interno all’ambasciata ecuadoriana di Londra

L’interpretazione del massacro di Charlie Hebdo si è trasformata in un territorio di disputa. La libertà di espressione e la relazione con la minoranza musulmana, la dicotomia tra il multiculturalismo alla britannica o integrazione secolare alla francese, la lotta antiterroristica e la privacy sono alcuni degli assi del dibattito. In Gran Bretagna, Andrew Parker, direttore del MI15 (i servizi segreti britannici per il territorio nazionale, ndt.) ha proposto una nuova legge antiterrorismo che concede più poteri di vigilanza elettronica ai servizi segreti e un importante editore e storico conservatore, Mark Hastings, non ha avuto dubbi ad accusare di corresponsabilità per quanto è successo, il fondatore di WikiLeaks Julian Assange e l’ex agente della Cia Edward Snowden.

Mentre Snowden vive in Russia con un permesso di asilo temporaneo, Assange ha trovato rifugio nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, e qui vive praticamente recluso a causa delle pressioni giuridiche a cui lo hanno sottoposto la Svezia – che continua a chiederne l’estradizione per presunti delitti sessuali – e gli Stati Uniti, che lo accusano di terrorismo mediatico. Il fondatore di WikiLeaks si è trasformato in un simbolo della libertà di espressione dopo aver reso pubblici milioni di documenti diplomatici riservati degli Stati Uniti. Dalla sede diplomatica dove è rinchiuso da quasi tre anni, Julian Assange ha rilasciato a Pargina/12 l’intervista che segue.

Qual è la sua interpretazione del massacro della scorsa settimana?

Come editore penso che è stato tristissimo quanto accaduto ad una pubblicazione che rappresenta la grande tradizione francese della caricatura. Però oggi dobbiamo guardare avanti e cercare di pensare cosa è successo e quale deve essere la reazione. E’ necessario capire che ogni giorno si sta verificando un massacro di queste dimensioni e oltre in Irak e in altri paesi del mondo arabo. E questo accade grazie agli sforzi destabilizzanti degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia. La Francia ha partecipato al rifornimento di armi in Siria, Libia e nella ricolonizzazione dello stato africano del Mali. Questo ha stimolato l’attacco, in questo caso specifico usando un obiettivo facile come Charlie Hebdo. Ma la realtà è che il servizio segreto francese lascia molte domande senza risposta sull’accaduto.

Crede che si tratti di un fallimento dei servizi segreti francesi?

E’ quello che si sta cercando di nascondere. I servizi di sicurezza della Francia sapevano delle attività dei responsabili del massacro, tuttavia hanno smesso di sorvegliarli. Perché i fratelli Kouachi, noti per i loro legami con gli estremisti, non erano sotto sorveglianza? Cherif Kouachi era stato condannato per atti di terrorismo e aveva passato 18 mesi in prigione. Entrambi erano nelle liste dei potenziali terroristi. Lontano dall’inviarsi messaggi criptati, hanno comunicato tra loro centinaia di volte prima e durante gli attacchi, con normalissimi telefoni cellulari. Le domande sono molte. Per esempio, perché la redazione di Charlie Hebdo non era meglio protetta, considerando le dure critiche della rivista all’Islam? Oppure come hanno potuto, noti jihadisti, ottenere armi semiautomatiche in Francia? Si è cercato di presentare gli assassini come super criminali per nascondere la stessa incompetenza dei servizi.
La realtà è che i terroristi erano piuttosto degli incompetenti, dilettanti che sono andati a sbattere con la macchina, hanno lasciato un loro documento di identità bene in vista e coordinato i loro movimenti per telefono. Non era necessaria una sorveglianza di massa di Internet per evitare quanto accaduto: ciò che sarebbe servito era una vigilanza specifica.

Una percezione abbastanza comune è che lei e WikiLeaks siete contrari alla sorveglianza elettronica. In realtà lei fa una chiara distinzione tra sorveglianza di massa e sorveglianza con obiettivi ben definiti.

La sorveglianza di massa è una minaccia alla democrazia e alla sicurezza della popolazione, dato che concede un potere eccessivo ai servizi segreti. L’argomento per proporla è che così si possono trovare persone non note in precedenza. Ciò che vediamo, nel caso di Parigi, è che i protagonisti erano stati identificati. Ci dovrebbe essere una inchiesta approfondita sul come è stato possibile commettere tali errori, anche se l’esperienza mi dice che questo non succederà, perché questi servizi sono corrotti e lo sono perché sono segreti. La sorveglianza di massa non è gratis e in tal senso è una delle cause di ciò che è successo, perché sono state sottratte risorse e personale per qualcosa che avrebbe dovuto essere una sorveglianza mirata ad una minaccia terroristica.

Una delle reazioni più violente sulla stampa inglese è stata quella dello storico Max Hastings, che l’ha accusata, lei e Snowden, di responsabilità in questi fatti (“per aver danneggiato gli apparati di sorveglianza e spionaggio elettronici occidentali” ndr.). Ci sono molte voci che chiedono che il laccio emostatico si stringa ancora di più su WikiLeaks. Pensa che WikiLeaks sia minacciata dalla situazione attuale?

E’ da un anno circa che i settori vincolati a questo modo di vedere le cose, quelli che propongono un aumento della sorveglianza di massa e la restrizione delle libertà, battono in ritirata per tutte le denunce su eccessi di spionaggio commessi dai governi, compresi quelli tra paesi alleati. Ciò che stanno cercando di fare è di approfittare della situazione per riconquistare il terreno perduto.
WikiLeaks ha pubblicato le caricature di Charlie Hebdo utilizzate come pretesto per l’attentato, cosa che non hanno fatto quotidiani come The Guardian o The Times, perché hanno paura. Ma una delle cose positive suggerite in questi ultimi giorni è la difesa della libertà di espressione.
Dico questo nonostante che alla marcia di Parigi c’erano personaggi tra i peggior nemici della libertà di espressione, come l’Arabia Saudita e la Turchia. Comunque, per quanto tentino di approfittare della situazione, WikiLeaks va avanti da abbastanza tempo e abbiamo sviluppato tecniche per dare battaglia a questo tipo di minacce. Non ci intimidiranno. Speriamo che anche altri media, a livello mondiale, non si lascino intimidire.

Fonte: Pagina12 – traduzione di Marina Zenobio

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