Oscurata dall’orrore per la strage del Charlie Hebdo la retata di legali e militanti indipendentisti baschi. Protestano gli avvocati democratici di tutta Europa
di Enrico Baldin
La retata di arresti avvenuta lunedi in alcune città dei Paesi Baschi, a 48 ore da un imponente corteo a Bilbao, ai danni di dodici avvocati e quattro militanti della sinistra indipendentista basca, sta portando un clima di tensione e fermento in Euskal Herria. L’accusa formulata è quella di far parte della organizzazione terroristica ETA. Non è il primo caso di retate contro militanti della sinistra basca da sempre colpita da arresti, inchieste e metodi anche aldilà dei confini di garanzia dei diritti umani individuali. Non è neppure la prima volta che ad essere colpiti sono degli avvocati, nove dei quali sono stati rilasciati su cauzione tra ieri ed oggi dopo essere stati sentiti. Per loro sono comunque previste le misure restrittive.
Ciò che ormai non colpisce più è che questa ondata di arresti paia avere un carattere politico. Infatti è giunta a poche ore dalla imponente manifestazione popolare che ha portato a Bilbao sabato scorso decine di migliaia di persone per chiedere ancora una volta la fine della pratica della “dispersione” dei detenuti baschi, il rispetto dei diritti umani e un reale processo di pace democratico che metta fine all’eterno conflitto basco.
La manifestazione di sabato scorso – nonostante la defezione dei regionalisti popolari del PNV – ha confermato ancora una volta che la questione dei detenuti è molto sentita in Euskal Herria, ed è capace di mobilitare una fetta imponente di cittadini. Una folla silenziosa di 80mila persone chiamate dalla rete di associazioni Sare, ha invaso le strade di Bilbao, mentre i principali media nazionali hanno dato poco o per nulla spazio alla mobilitazione.
Poi a poco più di un giorno di distanza la retata della guardia civil, proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuto tenere il processo per 35 militanti di sinistra accusati – neanche a dirlo – di collaborare con ETA. Tre dei dodici avvocati tratti in arresto lunedì dovevano difendere alcuni dei 35 imputati in attesa di giudizio. Il PP al governo ha sempre usato ETA per catalizzare consensi ergendosi a paladino di una battaglia per sconfiggere una organizzazione terroristica che ha versato sangue non solo in terra basca ma anche nella penisola spagnola. Oggi però la percezione in Euskal Herria è quella di una continua pressione volta non a combattere il terrorismo ma a dimostrare all’elettorato con la “caccia alle streghe” che i terroristi – anche se han deposto le armi – possono essere ovunque e il PP li combatte.
Le strade di Bilbao, Donostia, Irun e altre località, lunedì sono state teatro di manifestazioni, presidi e proteste. In ognuna di queste città sono scese in strada centinaia di persone in solidarietà agli arrestati, mentre nella rete impazzava l’hashtag “JeSuisBasque”. Una manifestante è stata fermata con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, mentre nella sede del sindacato basco Lab – tra i promotori della marcia silenziosa di sabato – sono stati sequestrati 90mila euro frutto delle donazioni raccolte alla manifestazione. L’organizzazione per i diritti dei prigionieri baschi Sare, nel criticare l’operazione della guardia civil ha chiesto la restituzione del denaro. Agli arrestati giungeva la solidarietà di parlamentari baschi, spagnoli e francesi e di rappresentanti di quella società civile che si era impegnata per la riuscita della manifestazione di sabato scorso. La sinistra di EH Bildu ha accusato lo stato spagnolo di voler minare il processo di pace, mentre il quotidiano bilingue Gara ha puntato il dito contro il premier spagnolo “liberticida” Rajoy la cui partecipazione alla manifestazione per le libertà a Parigi dopo l’assalto a “Charlie Hebdo” è stata definita alla luce degli arresti di lunedì un “atto di sarcasmo”. Anche il Sinn Fein irlandese ha mandato un messaggio di vicinanza agli arrestati, e il sindacato di base italiano USB ha solidarizzato coi colleghi baschi di Lab.
Una cinquantina di avvocati baschi inoltre si son riuniti nella sede dell’ordine professionale a Bilbao, e con una conferenza stampa hanno chiesto l’immediato rilascio dei colleghi arrestati. Anche gli “Avvocati europei democratici” e gli “Avvocati europei per i diritti umani” hanno espresso la loro preoccupazione per quanto accaduto. Oggi invece – con una conferenza stampa – una lunga serie di organizzazioni politiche, sociali e sindacali ha lanciato una manifestazione per sabato prossimo a Donostia col fine di contestare gli arresti e riaffermare l’esigenza di pace, diritti umani e democrazia. Sarà l’ennesima prova di forza del popolo basco.
La storia recente di questa terra è scandita da arresti, carcerazioni,dispersione e torture dei detenuti, massiccia terapia repressiva, chiusure e boicottaggi. L’accusa spiccata nei periodici mandati d’arresto è sempre la stessa, quella di collaborare con ETA, che nel frattempo in questi anni ha progressivamente ridotto il numero di azioni armate – complici le difficoltà organizzative ed economiche del gruppo terrorista – fino al cessate il fuoco definitivo e permanente di quattro anni fa. In nome della guerra a ETA la guardia civil ha arrestato militanti e dirigenti della sinistra abertzale, ha chiuso decine e decine di herriko tabernas, ha fatto cessare pubblicazioni a quotidiani molto popolari come Egin e ha tolto le frequenze all’emittente Egin Irratia, ha fatto chiudere scuole di lingua basca ed ha reso illegale partiti come Batasuna e associazioni che perseguivano in forma democratica finalità simili a quelle portate avanti con l’esplosivo da ETA. Va detto che molti dei processi conseguiti si son conclusi con assoluzioni, ma la logica che pare muovere Madrid è che se persegui fini comuni a quelli di ETA sei equiparabile all’organizzazione terroristica.
La repressione di Madrid pare un braccio di ferro contro quella popolazione che con gran forza chiede al contempo il rispetto dei diritti dei prigionieri e il diritto di decidere per i cittadini circa la richiesta di indipendenza che larga parte della popolazione basca sogna da sempre, tanto quanto la fine certa di uno stato di minaccia permanente imposto a suon di pallottole, esplosivo ed arresti.