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Ilva: 4mila a rischio. Ma invece di chi lavora protesta il padrone

Lunedì mattina, guidati dalla Confindustria tarantina, gli imprenditori dell’indotto Ilva protestano a Montecitorio

di Benedetta Cairoli

Ilva Taranto Operaio

Con l’imminente passaggio dell’Ilva ad amministrazione straordinaria, i posti di lavoro a rischio nell’azienda dell’acciaio sono circa 4 mila tra diretti e da indotto. Il lavoratori “messi in libertà” dalle imprese di Taranto sono circa 3 mila, mentre 800 sono invece i dipenenti del siderurgico inattivi per la fermata degli impianti.
C’e’ forte preoccupazione per l’Ilva in amministrazione straordinaria (legge Marzano) dopo un anno e mezzo di gestione commissariale, per questo lunedì mattina, guidati dalla Confindustria di Taranto – e mentre nello stabilimento si ferma un altro impianto, quello di zincatura 2 – gli imprenditori dell’indotto saranno a Roma per una protesta in piazza Montecitorio.
Obiettivo degli imprenditori è di essere ricevuti dalla presidenza del Consiglio per chiedere interventi urgenti in merito all’amministrazione straordinaria.

La paura principale, degli imprenditori dell’indotto siderurgico di Taranto, è di vedere azzerati, col passaggio dell’azienda all’amministrazione straordinaria con la legge Marzano, i loro crediti verso l’Ilva pagati finora solo in parte.
Intanto, per non correre rischi di pagamenti nella fase di transizione, i fornitori di materie prime hanno bloccato le consegne.

E’ questa la fase che vive oggi l’Ilva di Taranto, dal 2012 oggetto di diverse leggi e dell’attenzione di tre Governi (Monti, Letta e Renzi). L’ultimo decreto legge, varato dal Consiglio dei Ministri alla vigilia di Natale e ora in Senato per la discussione, ha spianato la strada all’amministrazione straordinaria.

Il commissario dell’Ilva, Pietro Gnudi, in carica dallo scorso giugno e destinato probabilmente a guidare l’azienda anche con la nuova procedura, martedì mattina presenterà al Tribunale di Milano – città sede legale dell’Ilva -, e al Ministero dello Sviluppo Economico, l’istanza di amministrazione straordinaria.

E’ il passaggio preliminare al nuovo assetto. Infatti, da metà marzo una newco a partecipazione statale, da vedere ancora in che misura, prenderà in fitto dall’amministrazione straordinaria gli impianti e il personale del gruppo Ilva – 16 mila addetti di cui 11 mila a Taranto – per gestirli in un arco di tempo che il premier Matteo Renzi ha valutato di 18-36 mesi.

L’obiettivo dovrebbe essere quello di utilizzare questo periodo di tempo per fare i lavori ambientali a Taranto e rilanciare l’azienda, in modo da metterla poi sul mercato in condizioni più stabili e forti, cioè più appetibili.

Pur essendo quest’obiettivo largamente condiviso da Confindustria e sindacati di categoria, preoccupano le modalità di avvio dell’operazione.
Per Vincenzo Cesareo, presidente della Confindustria di Taranto, “La legge Marzano apre una procedura concorsuale. Questo significa che, in assenza di correttivi, i crediti dell’indotto di Taranto rischiano di essere azzerati. Poiché le imprese avanzano ancora tanto dall’Ilva per i lavori dei mesi scorsi, è evidente che non ricevere più questi soldi, o vederli entrare in una prospettiva di massima incertezza, espone le stesse imprese a dei rischi. Il pericolo – commenta Cesareo – è che salti un sistema locale, nonostante l’attenzione che il Governo sta mettendo sul caso Ilva”.

Anche la Cgil e la Fiom di Taranto hanno evidenziato la mancanza di garanzie nel nuovo decreto per i lavoratori dell’indotto, al contrario, osservano, delle garanzie date alle banche quando, col precedente decreto legge sull’Ilva, al loro prestito è stata applicata la prededuzione. Ovvero, una tutela rispetto agli altri creditori nel caso in cui l’Ilva dovesse fallire ed è grazie a questo che le banche, nei mesi scorsi, hanno versato all’azienda, già notevolmente esposta, altri 250 milioni.

All’Ilva di Taranto restano ferme tre colate continue delle acciaierie, e da domani c’è la fermata della zincatura 2 che si aggiunge alla 1, fermata sabato scorso. Prosegue intanto lo stop a rotazione degli altiforni 2, 4 e 5, ciascuno bloccato per 48 ore. E’ la conseguenza del mancato arrivo al siderurgico delle materie prime necessarie alla produzione: minerali di ferro, fossili, zinco. Le scorte sono al minimo, i fornitori non consegnano all’Ilva perché attendono che l’azienda vada in amministrazione straordinaria, e l’azienda deve decelerare per non fermarsi completamente.

La conseguenza sono 800 lavoratori inattivi, a cui l’Ilva sta facendo smaltire le ferie arretrate oppure ha collocato “in solidarietà”.
Tranne che per le colate continue che dovrebbero ripartire alle 7 del 21 gennaio, l’Ilva non ha fornito ai sindacati i tempi del riavvio delle zincature e di altri impianti.

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