La proposta della Lega Nord di aliquota unica, al 15%, oltre a porre dubbi costituzionali, è un favore ai padroni e ai super ricchi.
di Alessio Di Florio
Aliquota unica al 15%. E’ la “parola magica” che la Lega Nord evoca da qualche tempo per l’economia italiana. Tasse basse per tutti. La proposta è stata lanciata da Claudio Borghi Aquilani, candidato alle scorse europee con il Carroccio (per il quale è responsabile economico) e professore all’Università del Sacro Cuore di Milano (dopo aver collaborato anche con Merril Lynch e Deutsche Bank), e rilanciata da Salvini. La flat tax, come è stata battezzata, prevederebbe quindi un’unica aliquota fiscale per tutti, a prescindere dal reddito, prevista al 15%.
L’Articolo 53 della Costituzione prevede che “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Riporta Wikipedia (ma su un buon dizionario si leggerebbe analoga nota) che “La progressività è la caratteristica di un’imposta la cui aliquota aumenta all’aumentare dell’imponibile. L’imposta da pagare aumenta quindi più che proporzionalmente rispetto all’aumento dell’imponibile”. La flat tax, come è stata battezzata, invece lascia invariata l’aliquota per tutti, dall’operaio con uno stipendio di meno di mille euro al mese all’imprenditore miliardario (o al calciatore di punta di una grandissima squadra di Serie A). Non è questa solo un’annotazione legislativa, che per lo stesso Borghi Aquilani viene superata agendo sulle deduzioni fiscali. La Costituzione Italiana (e anche quanto accaduto successivamente) va letta come processo storico e dinamica sociale. Rimanere fissi sulla solo “costituzione formale”, accontentarsi di mantenere immutabile (come tra l’altro non è, essendo stata già modificata in passato … il “pareggio di bilancio” è oggi in Costituzione ma questo non deve assolutamente far cessare la denuncia e la lotta contro quest’iniqua scelta economica imposta all’Italia dal neocapitalismo europeo) l’attuale formulazione degli articoli – come fanno alcuni più o meno presunti “difensori della Costituzione” – non è sufficiente per la difesa degli interessi e delle lotte delle classi lavoratrici e dei meno abbienti.
La “costituzione formale” può rimanere immutata ma questi interessi possono trovarsi attaccati lo stesso (e negli ultimi anni prove ne abbiamo avuto con una “tenuta democratica” che sembra tenere sempre meno). La Costituzione Italiana nacque in un periodo storico segnato dalla vittoria (non solo in Italia) delle forze democratiche e antifasciste su regimi reazionari e dittatoriali. Un momento storico nel quale il movimento operaio e le classi lavoratrici avevano assunto un ruolo fondamentale. La Costituzione è frutto proprio di una mediazione in questi rapporti di classe. Un protagonismo, quello del movimento operaio, che nonostante i governi reazionari che l’Italia ha avuto nei decenni successivi (basti pensare ai Scelba e ai Tambroni), è proseguito nella sua spinta propulsiva fino alla fine degli Anni Sessanta, con il momento culminante nell’approvazione dello “Statuto dei Lavoratori”. E’ all’inizio degli Anni Settanta che la reazione delle classi padronali (come risposta, anche violenta, alle conquiste operaie) cominciò ad avanzare. La leva fiscale ne è stata terreno privilegiato. In questi ultimi anni spesso si sono sentiti allarmi sull’insostenibilità di una pressione fiscale esagerata. E’ questo un allarme vero e falso allo stesso tempo. All’inizio degli Anni Settanta l’aliquota minima era al di sotto del 10%, mentre attualmente dovrebbe essere intorno al 23%. L’aliquota massima attualmente è del 43%. Ad inizio Anni Settanta l’aliquota massima (che era prevista per un’ulteriore scaglione di molto superiore agli attuali) era superiore al 70%. Affermare quindi che le imposte sono aumentate è, nello stesso tempo, vero e falso. Vero che siano aumentate per i lavoratori e i meno abbienti, totalmente falso (tanto è vero che, in realtà, sono diminuite nettamente) per i padroni e i super ricchi. E’ lo stesso periodo in cui è stato avviato, e portato sostanzialmente a termine negli ultimi anni, lo smantellamento dello “Stato sociale” e di ogni garanzia e diritto dei lavoratori. Un’aliquota unica al 15% si ritroverebbe al culmine di questa vera e propria “lotta di classe dall’alto” (il copyright è di Warren Buffett). Al termine di 40 anni di scontro sociale i super ricchi potrebbero quindi ritrovarsi con il 60% di tassazione in meno. Mentre i lavoratori sono sempre più senza diritti…
gira e rigira il problema è sempre lo stesso: come far pagare meno soldi (o tasse che dir si voglia) a chi ha più disponibilità economica.