Avevo vent’anni, non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”. Questo libro fa pensare a Paul Nizan
di Lenny Bruce
Professione Lolita. Non è un libro che si legge con piacere, perché è un noir tragico, che parla di violenza col linguaggio di alcune fasce di giovani romani, di vite spezzate e di orrore. Ma è un libro da leggere. Daniele Autieri, già autore di approfondite analisi sia sui giornali che in monografie sul mondo dei fascisti romani, predilige stavolta lo stile di un romanzo sullo squallore del mondo delle baby puttane romane, di cui Autieri conosce molto essendo stato il giornalista autore dello scoop sullo scandalo della prostituzione minorile al quartiere romano dei Parioli.
Il romanzo è il quadro a pennellate forti e dense alla Francis Bacon di una situazione pesante nel cuore del perbenismo ipocrita romano, che avevamo affrontato in chiave caricaturale.
Due punti identificano una retta: Parioli/Corso Trieste e Vigna Clara. Sono gli stessi punti del dominio assoluto del personaggio “fittizio” del romanzo di Autieri: di lui l’autore scrive “è stato arrestato nel corso di una maxi operazione con l’accusa di esser il capo di un’associazione a delinquere di stampo mafioso.. sul suo libro paga politici, imprenditori, pubblici ufficiali”. La retta del Camaleonte è la stessa retta su cui agiscono i protagonisti di Professione Lolita: baby puttane e loro frequentatori adulti, fotografi lenoni, madri lenone, criminali. Ma oltre una retta c’è un piano che si estende all’Olgiata, a quartieri della periferia romana, a Ponza. Il corpo e il sesso sono strumenti carnei di impasticcamenti e di droghe come pure di trucco eccessivo, di tette a palla rifatte, di vomito anoressico. I licei di zona pubblici o religiosi sono spesso contenitori di zombi e di simulacri umani, assolutamente indifferenti ai drammi dei loro studenti: diremmo noi assolutamente allergici nei loro dirigenti scolastici a volere vedere la realtà: nei licei dei salotti buoni romani il devasto e la babyprostituzione non sono categorie ammissibili e pertanto non sono esistenti: novelli vigliacchi Don Ferrante!
Le due baby puttane principe del romanzo sono controllate da un ragazzo fascista, Marphas, il cui nome demoniaco si inserisce sulla scia del padre, un nazista esoterico seguace del mito oscuro del Sole Nero: Marphas è inserito in un giro di fascistelli di quartiere che controllano a loro volta le apprendiste babyputtane dei licei che righino dritte e non parlino a scuola e si comportino in maniera adeguata nelle discoteche. Tutti si vedono a Piazza Euclide o al New Age Cafè di Piazza Fiume: ma va? Comunque nel mondo reale e non in quello del romanzo abbiamo puntuale memoria del fatto che la teppaglia dei fascistelli a Parioli gironzolava attorno a babyputtane sia a scuola che presso le discoteche; pure è altrettanto noto il giro dei fascistelli, sovente figli di VIPs, che ricettavano, coperti e indisturbati, a Piazza Euclide ipad e telefonini rubati ad altri ragazzini, gonfiati di mazzate e di minacce.
E gli adulti? Quando non sono lenoni delle loro stesse figlie o non frequentano babyputtane, sono ciechi ovvero indifferenti, squallidi; spesso sono mazzettari e corrotti. Complimenti, un bel mondo sia quello del romanzo che quello reale: un gigantesco squallido bordello questo di Parioli.
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