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Hai desiderato la bicicletta? Leggi e pedala

Happy bike, di Alfredo Bellini, ovvero il rapporto tra la bicicletta e la felicità. Stasera la presentazione a Roma

di Isabella Borghese

bik

Happy Bike. Pedalando verso la felicità, di Alfredo Bellini, edito da Marotta&Cafiero. Cos’è la bicicletta secondo le pagine di Bellini? Un mezzo con il potere di migliorare la qualità della vita delle persone.

Ma l’Italia, oggi, è un paese ancora troppo lontano dalla felicità! Demerito del capitalismo, di cui l’automobile ne è figlia. Un mezzo, la quattroruote che minaccia la qualità della vita dei cittadini. Sono infatti venti milioni gli italiani che somigliano al signor Volante: persone che la mattina si alzano e si chiudono nelle automobili pieni di “rabbia, amarezza, fretta, stanchezza, stress, ansia, solitudine, depressione e tanta infelicità”.  Eppure come piace ricordarci a Bellini andare in bici permette di riscoprire il tempo delle lentezza che poi è quello del pedalare “senza l’urgenza del dover essere, del dover fare”. Perché la bici permette di avvicinarci ai luoghi, “il sangue circola più veloce, il cuore batte più forte, ci i sente vivi e felici”. Perché, anche e non meno importante, con essa è possibile riscoprire le emozioni che la natura trasmette…

Dovremmo prendere allora esempio da Bogotà, Siviglia, Copenaghen, Portland, Barcellona, Friburgo, Amburgo. In queste città le amministrazioni hanno investito a favore della bicicletta. In Italia, spiega Bellini, si potrebbe per esempio ripartire dall’open street: realizzare un modello nuovo di città relazionale. Fare in modo che il traffico delle persone sostituisca quello delle automobili.

Happy Bike, il libro per chi cerca incoraggiamenti per riprendere la bici e per chi vuole scoprire il legame tra questo mezzo a pedali e la felicità.

beat_29gennaio

ecco uno stralcio da  HAPPY BIKE. PEDALANDO VERSO LA FELICITA’

Marotta&Cafiero, collana Le api pagg 109 euro 10

Ripensare le strade. Sul buon uso della città

di Alfredo Bellini

Nei primi anni del Novecento quasi tutte le strade erano pedonali e i quartieri delle città venivano progettati intorno a piazze per facilitare l’incontro e la socializzazione. Poi, alla fine della

Seconda guerra mondiale, l’avvento dell’auto e la rapida espansione urbana, ha cambiato questo scenario e le città sono diventate luoghi privi di identità, tradendo la loro funzione originaria di aggregazione. L’automobile ha invaso gli spazi urbani, prodotto danni all’ambiente e alla vita delle persone, aumentando la solitudine collettiva, minando l’autonomia di bambini, anziani, disabili e accentuando le diseguaglianze sociali.

Nel corso degli anni si è sviluppato un modello urbano che ha impoverito le funzioni sociali ed economiche, snaturando la natura relazionale di città, creando distanza e incrementando il senso di alienazione delle persone. Le città sono passate da luoghi di socializzazione a “non luoghi” in cui prevalgono l’anonimato e l’estraniazione.

Oltre ad occupare lo spazio fisico delle città, le automobili hanno anche limitato fortemente il diritto di muoversi con il corpo, di giocare, di vivere di più il proprio quartiere ed essere felici. Attività come camminare, andare in bicicletta, incontrare gli altri, sono state spesso escluse dalla dimensione collettiva.

Ecco che diventa indispensabile restituire gli spazi urbani alle persone, limitando drasticamente l’uso delle auto, migliorando il trasporto pubblico di massa e incoraggiando l’uso della bici. È necessario tornare ad una città relazionale. In Svezia, ad esempio, dai primi anni del Novecento, l’amministrazione locale compra i terreni intorno alle zone in cui vengono costruite le metropolitane, rivendendoli a un prezzo edificabile. In Olanda, negli anni Settanta, si sono abbattuti addirittura interi palazzi per costruire strade a misura di ciclisti e pedoni.

Senza arrivare a questi estremi, i governi locali hanno la possibilità di incidere fortemente sul buon uso della città. Con più coraggio è possibile fare delle scelte che ripensino al sistema della mobilità collettiva e al diritto delle persone di vivere meglio lo spazio urbano. Uno studio recente dell’associazione inglese Sunstrans dimostra come nei quartieri dove ci sono molti pedoni e ciclisti, c’è una maggiore relazione sociale ed è più diffuso il senso della comunità.

È possibile misurare la felicità di una città? Chiaramente no. Non esiste una misurazione oggettiva valida per tutti gli individui, le variabili sono diverse e cambiano da soggetto a soggetto. Tuttavia, molti studiosi sono convinti dell’esistenza di una scala di valutazione del benessere in cui si tiene conto non soltanto del reddito percepito, ossia quanto guadagniamo, ma anche il come ci sentiamo.

Qual è il compito di una città? Che bisogni deve soddisfare? Le città dovrebbero cercare di massimizzare la gioia e ridurre al minimo le difficoltà. Dovrebbero riconoscere che le persone desiderano il contatto umano e capire l’urgente bisogno di spazi pubblici in cui poter giocare, pedalare, camminare ed essere felici. La chiave del successo è immaginare e costruire una città vivibile sia per chi ha otto anni, che per chi ne ha ottanta. Come dice Enrique Peñalosa, famoso ex sindaco di Bogotá: «Se saremo in grado di costruire una città felice per i bambini, avremo una città felice per tutte le persone».

“Oggi c’è una domanda crescente in tutto il mondo: che la politica sia maggiormente allineata con ciò che realmente conta per le persone, riguardo a ciò che esse intendono per benessere”, afferma il professor Jeffrey Sachs, Direttore dell’Earth Institute della Columbia University e Consigliere speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite. Cambiare le città non soltanto è possibile, ma una vera necessità.

Gli spazi pubblici, le aree pedonali, i parchi, le piazze, il contatto con la natura, rappresentano un bisogno essenziale per molti cittadini, sempre più consapevoli di quanto sia importante tornare a riappropriarsi delle strade per vivere meglio, con più tempo per sé, maggiori opportunità di movimento, a piedi o in bicicletta, e meno auto in circolazione.

In questi ultimi anni, alcune città del mondo hanno dimostrato come si possono investire risorse in politiche a favore dell’uso della bicicletta. Le amministrazioni di queste città hanno abbracciato una “visione” di cambiamento che ha coinvolto i cittadini e prodotto risultati sorprendenti. Hanno scoperto com’è vantaggioso mettere al centro le persone con i loro bisogni di socializzazione e di autonomia. Questi esempi positivi e illuminanti dimostrano ancora una volta che se c’è la volontà politica e il coraggio di agire per il bene comune, tutto può accadere. Ogni città è diversa dall’altra, ma tutte hanno il potenziale per essere dei luoghi meravigliosi in cui vivere.

 

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