Israele pubblica nuovo piano di espansione coloniale in vista delle elezioni. L’Anp si appella alla comunità internazionale
di Marina Zenobio
Il 17 marzo in Israele ci saranno le elezioni, e per nutrire la sua campagna elettorale il governo Netanyhu punta sull’espansione delle colonie pubblicando, questa mattina, un nuovo piano di appalto che prevede la costruzione di 430 unità abitative per coloni in Cisgiordania.
La notizia arriva direttamente dalla ong Territorial Jerusalem (TJ), organizzazione tutt’altro che “non governativa” . E’ il primo piano di espansione coloniale del nuovo anno (l’ultimo risale ad ottobre), ma Daniel Seidemann, direttore di TJj, ha fatto sapere che prima delle elezioni ce ne potrebbero essere altri.
Peace Now ha informato che, secondo il piano di espansione coloniale israeliano in Cisgiordania, oltre la metà degli alloggi saranno costruiti oltre la Barrieara di separazione. Gli appalti riguardano gli insediamenti cisgiordani di Kiryat Araba (102 alloggi), Adam (114), Elkana (156), Alfei Menashe (78); ma comprendono anche Maaleh Adumim ed Emmanuel, dove saranno costruiti un albergo ed uffici vari. Inoltre e separatamente, aggiunge Peace Now, nel rione ebraico di Ghilo (Gerusalemme est) sono in fase iniziale di progettazione altri 93 alloggi.
Anche Yariv Oppenheimer, direttore di Peace Now, conferma l’ovvio: “Si tratta di una mossa pre-elettorale … che aggiungerà benzina sul fuoco diplomatico” riferendosi alle pressioni su Israele, sempre troppo deboli, della comunità internazionale.
Nena News riporta che si tratta, in primo luogo, di una mossa messa in campo dal Likud per recuperare lo svantaggio: gli ultimi sondaggi attribuiscono con 25 seggi la maggioranza alla coalizione Campo Sionista, formata dal partito laburista e dalla compagine dell’ex ministro della Giustizia Livni, Hatnua. Al partito del premier ne andrebbero 20-22, 16 a Casa Ebraica (espressione del movimento dei coloni) e 5 a Yisrael Beytenu del falco Lieberman.
In secondo luogo, il nuovo piano di espansione coloniale di Netanyahu segue la mossa del partito Casa Ebraica guidato da Naftali Bennett, resa nota dal quotidiano Haaretz pochi giorni fa: il ministero della Casa, guidato da Uri Ariel di Casa Ebraica, ha erogato 850 mila shekel (215 mila dollari) per ampliare l’insediamento di Efrat, vicino Betlemme, nonostante il blocco imposto dallo stesso Netanyahu per evitare le pressioni Usa. L’area scelta è strategica e da tempo nelle mire del movimento dei coloni che in passato hanno tentato più volte di occuparla.
Dalla comunità internazionale arrivano solo condanne verbali, nonostante l’appello ad essa rivolto dal ministro degli esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese, Riyad al-Maliki, per chiedere l’imposizioni di sanzioni contro i progetti di espansione coloniale di Tel Aviv: “Si deve affrontare la questione delle colonie come un crimine di guerra che mette in pericolo la sicurezza – si legge nel comunicato del ministero – [I funzionari israeliani vanno perseguiti] per i continui crimini commessi contro i palestinesi, le loro terre e il loro stato”. Gli ha fatto eco Wassel Abu Yusef, responsabile e portavoce dell’Olp, con un’altrettanta dura reazione “Quello che gli israeliani annunciano fa parte di una guerra più ampia…Contro il popolo palestinese… Questo è un crimine di guerra che dovrebbe portare la questione insediamenti dinanzi alla corte penale internazionale”.
Ma la comunità internazionale resta a guardare, e ne ha avuto di tempo se si considera che l’espansione coloniale israeliana ha gli stessi anni di Israele. Statistiche ufficiali riportano che solo tra il 2009 e il 2014, anni di governo Netanyahu, la costruzione di colonie è aumentata del 25%. A tutt’oggi , tra Cisgiordania e Gerusalemme est, sono 600 mila i coloni israeliani che risiedono in insediamenti dichirati illegali dal diritti internazionale.