Stella della nazionale austriaca, Mathias Sindelar rovinò la festa che i nazisti avevano preparato per l’annessione dell’Austria alla Germania
di Carlo Perigli
Se l’umanità, come scriveva Leonardo Sciascia ne “Il giorno della civetta”, si distingue in quelle cinque categorie, che vanno dagli uomini ai “quaquaraquà”, ho l’onore di raccontare la storia di un Uomo – con la u volutamente maiuscola – che risponde al nome di Matthias Sindelar. Giocatore eccezionale e uomo tutto d’un pezzo, nonostante il fisico esile che gli valse il soprannome “Cartavelina“, Sindelar rimane un esempio da seguire per il coraggio che ebbe nello sfidare la potenza del Terzo Reich.
Negli anni trenta Sindelar è un idolo venerato da tutta l’Austria. Attaccante rapido e funambolico, con la maglia dell’Austria Vienna conquista 1 campionato, 5 coppe d’Austria e 2 Mitropa Cup (paragonabili alla moderna Champions League). Per Hugo Meisl, ct della selezione austriaca, è “il Mozart del calcio“, per via di quell’eleganza nel gioco che rapisce lo sguardo, per quella sua innata capacità di trasformare il dribbling in una sinfonia, qualità grazie alle quali guida un’Austria costellata di talenti che il mondo del calcio ha troppo presto dimenticato. “La squadra delle meraviglie“, una selezione che, tra il 1931 e il 1934 vinse 26 partite su 28, segnando la bellezza di 99 gol e che solo la politica le impedì, più di una volta, di scrivere la sua gloria nel grande libro del calcio. Prima al Mondiale del 1934, nel quale l’Austria venne sconfitta in semi-finale dai padroni di casa dell’Italia, in una partita nella quale di corretto c’erano solamente le dimensioni del campo; poi nel 1938, semplicemente perchè l’Austria non esisteva più.
Già, perchè il 12 marzo 1938 l’Austria scompare dalle carte geografiche, travolta dalle divisioni corazzate naziste, che entrano a Vienna e annettono il Paese al Terzo Reich. Ora è parte della Grande Germania sotto ogni punto di vista, anche calcistico. Così, il 3 aprile è prevista l’Aschlusspiel, la “partita della riunificazione” tra Austria e Germania. Nelle intenzioni degli organizzatori una festa maestosa, con bandiere naziste appese in ogni angolo dello stadio per salutare il “lieto evento”. Per l’Austria, invece, è l’ultima partita con la maglia biancorossa, è l’ultima volta che il Paese entrerà in campo, con buona pace di tutte le speranze riposte nel Mondiale del 1938. L’annessione, dicono a Berlino, sarà sportiva oltre che politica e i migliori giocatori dell’Austria, Sindelar su tutti, contribuiranno a rendere grande la Germania.
Ovviamente quella partita, era chiaro anche al più tonto degli spettatori, di agonistico avrebbe dovuto avere poco o niente. Una semplice sfilata, in cui si riproduceva sul campo la vittoria che la Germania aveva ottenuto con le armi. L’Austria, anche sportivamente, avrebbe smesso di esistere e tutti sarebbero stati felici e contenti di onorare il grande Reich nazista. A Sindelar però ci sono un paio di cose che non vanno giù: già smettere di giocare per l’Austria, passando con l’invasore, è qualcosa che non riesce a concepire; glorificare il nazismo poi, no, proprio non fa per lui. Cartavelina di partecipare alla festa del Reich non ne ha proprio voglia, anzi, in campo dà l’anima come sempre, forse anche di più, per rovinare quella farsa a cui nessuno avrebbe voluto partecipare. In campo semina il panico per 90 minuti, umilia gli avversari saltandoli come birilli, fornisce l’assist al gol di Karl Sesta e sigla il gol del definitivo 2-1, tra lo stupore e la rabbia dei gerarchi nazisti seduti in tribuna.
Come se non bastasse, il “gol” più bello Sindelar lo realizzò a fine partita, quando, seguendo il rigido protocollo, i giocatori avrebbero dovuto salutare, a braccio teso ovviamente, la folta rappresentanza nazista. Effettivamente, più per paura che per altro, lo fecero, ma non tutti. Sindelar e Karl Sesta rimasero fermi, immobili, con le braccia appoggiate sui fianchi, a fissare l’arroganza nazista. Il loro Paese era stato dissolto, ma la loro dignità sarebbe rimasta integra, in campo e fuori.
Seguirono le forti minacce della Gestapo, alle quali Sindelar non si piegò. Allo stesso modo, decise di non scappare, continuando a giocare per l’Austria Vienna, con la quale vinse il campionato regionale e disputò la finale nazionale a Berlino contro l’Hertha. Fu l’ultima partita, il 23 gennaio 1939 Sindelar venne trovato morto nella sua abitazione insieme alla moglie. Un guasto alla caldaia, dissero le autorità naziste prima di far sparire rapidamente i corpi. Ciò che forse i tedeschi non si aspettavano, erano i 15.000 telegrammi di condoglianze che arrivarono alla sede dell’Austria Vienna, oltre le 20.000 persone che parteciparono al funerale. Un altro dribbling, l’ennesimo, con cui Cartavelina umiliava il gigante nazista.
Matthias Sindelar, l’esile funambolo che umiliò Hitler
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