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Fairy, Chicca, Lalla, Jenny. Le false speranze delle lolite

La risposta non è tutta nel denaro. C’è qualcosa di più, dietro la prostituzione minorile: la voglia di punire qualcuno, il desiderio di gridare al mondo che si esiste

di Isabella Borghese
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Dopo Utilizzatori finali. Sesso, potere, sentimenti, il lato nascosto degli italiani, di Riccardo Iacona, Elisa Boschin, Federico Ruffo ed Elena Stramentinoli, la casa editrice Chiarelettere ripropone il tema della prostituzione e delle baby squillo, ma lo fa nella collana narrazioni, con Daniele Autieri che ha firmato il suo Professione Lolita.

Una storia, quella narrata dal giovane giornalista investigativo, nata da un lavoro sul campo, con la qualità importante di mischiare attualità e cronaca in quasi trecento pagine, in cui la sua penna utilizza il registro del romanzo consegnando al lettore sei parti, un prologo e un epilogo. Sei parti ambientate nei quartieri della “Roma bene”, ma non solo. Si passa dai Parioli, a piazza Fiume, a corso Trieste, a ponte Milvio, fino a raggiungere Talenti o Tor Bella Monaca, zone in cui, per l’assenza di attenzione nei territori da parte delle istituzioni, la violenza e la criminalità trovano terreno fertile per mettere le proprie radici.

Ma chi sono i protagonisti di Professione Lolita? Fairy, Chicca, Lalla, Jenny, tutti soprannomi, tutte ragazze, studentesse dai 14 ai 16 anni, che si fanno prima fotografare da K, “distributore di false speranze”, tutte alla ricerca di “fama e soldi”. E poi si prostituiscono. Perché? Perché all’apparenza hanno bisogno di soldi facili, fanno a gara a chi può acquistare abiti e accessori griffati più costosi, perché devono acquistare la droga, divertirsi; qualcuna ribellarsi a famiglie assenti, qualche altra perché invece ha tutto. E la fama per chi ha tutto, qualche volta, diventa persino ricevere più “mi piace su facebook”, rispetto alla pagina delle amiche. 9788861906587_professione_lolita_3d_chiarelettere

Ma, si legge, queste stesse ragazze, talvolta al rientro a casa, passano le ore nel cesso a vomitare o decidono di affrontare il padre, raccontargli la loro vita, senza riuscirci. E’ da qui che emerge il disagio intimo e profondo con il quale queste adolescenti convivono, ma che non interessa a nessuno. I primi a fottersene sono i carnefici, o i demoni, o i cattivi e sono tanti, troppi, e appartengono a ogni estrazione sociale.

Tanto più ricoprono ruoli di potere, tanto più riescono a esercitare attraverso il denaro questo stessa forza. Tra questi, K, è il fotografo che adesca adolescenti perché la merce dev’essere giovane, perché sa cosa vogliono i clienti. Lavora con furbizia, non a vanvera. C’è Malphas che vive di stadio, politica e violenza. Centrale la sua storia dopo un accoltellamento nel  quartiere di Talenti. Ci sono i clienti: politici, onorevoli, imprenditori. C’è il Camaleonte, o il re di Roma, che specula sul giro di prostituzione. Una speculazione legata alla teoria del “mondo di mezzo”, nota a tutti, dove persone più facoltose e di potere si mischiano con il popolo perché hanno bisogno di loro, perché le persone comuni accedono a mondi a cui chi ha potere non accede, non conosce.

Un romanzo che appassiona, scritto in modo diretto, con la parlata reale di chi per prostituirsi spiega all’amica: “I maschi vanno fatti arrapare, mai godere”. Ma la verità sta in altro: “la risposta non è tutta nel denaro. C’è qualcosa di più, dietro la prostituzione minorile: la voglia di punire qualcuno, il desiderio di gridare al mondo che si esiste”.

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