“Non credo nell’uguaglianza tra uomini e donne e chiedo alle donne di non indossare minigonne, usare profumi e ridere in pubblico”. Parole di Erdogan
di Marina Zenobio
L’assassinio di una giovane ventenne in Turchia ha suscitato un’ondata di indignazione. Decine le manifestazioni che si sono succedute in diverse città del paese per chiedere al governo islamista moderato di agire una volta per tutte per porre fine alla violenza maschile sulle donne.
Özgecan Aslan, studentessa di psicologia della provincia meridionale turca di Diyarbakir, era scomparsa lo scorso 13 febbraio dopo aver preso un minibus che avrebbe dovuta riportarla a casa. Due giorno dopo il suo cadavere carbonizzato è stato trovato sulle rive di un fiume.
L’esame forense ha rivelato che la giovane è stata pestata a morte, uccisa nel vano tentativo di resistere a un tentativo di stupro, il corpo poi bruciato e abbandonato sulle rive di un fiume. L’autista del minibus, dove per l’ultima volta è stata vista viva Aslan, è stato arrestato insieme a due complici.
Sabato scorso, nel giorno dei suoi funerali in tutta la tutta la Turchia ci sono state manifestazioni di protesta. A Diyarbakir, dove viveva la ragazza, centinaia di minibus sono stati ornati a lutto con nastri neri e fotografie della vittima.
Il presidente della repubblica Recep Tayyip Erdogan, già leader dell’AKP (partito islamico-conservatore), ha promesso giustizia, ma in Turchia nessuno ci crede. Proprio Erdogan qualche mese fa aveva dichiarato che uomini e donne non sono uguali: “Non credo nell’uguaglianza tra uomini e donne […] e chiedo alle donne di non indossare minigonne, di non usare profumi e di non ridere in pubblico”, le parole testuali del presidente della repubblica turca. Affermazioni usata da molti per giustificare discriminazioni che spesso finiscono in tragedia.
In Turchia molte donne hanno paura di uscire da sole la sera, di viaggiare su mezzi pubblici in orari “concessi” soprattutto a uomini, o di indossare un certo tipo di abbigliamento. “Quanto accaduto a Aslan non è un incidente – ha dichiarato Yasemin Yucel, vice-presidente del sindacato Egitim-Sen, indicando come responsabile dell’assassinio di Özgecan Aslan l’Esecutivo islamita moderano del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) al potere in Turchia da 12 anni, perché continua a promuovere “politiche di dominazione patriarcale”. “In Turchia ogni giorno vengono assassinate cinque donne, alcune in autobus, altre alla fermata del bus, altre ancora in mezzo alla strada” ha denunciato Yasemin Yucel.
In 12 anni di governo dell’AKP, il numero di femminicidi in Turchia ha avuto un incremento complessivo del 1.400%, secondo dati del ministero della giustizia. Associazioni femministe e per i diritti umani denunciano che solo nel 2014 sono state uccise 281 donne, con un aumento del 31% rispetto all’anno predente.
Ma le donne turche non ci stanno. Altre manifestazioni di protesta e denuncia sono in programma, in piazza come sui social media.