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Per Silvio, mugnaio buono ammazzato dalle banche

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Una comunità di contadini piange per il suicidio di uno di loro, un mugnaio, anzi il “mugnaio buono”, al quale le banche hanno pignorato il mulino

di Pino Di Maula

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Un suicidio che ha gettato nello sconforto intere comunità nel reatino e tra i produttori dei mercati contadini dei Castelli romani. Lunedì i funerali a Rieti dove è scattata la caccia ai responsabili del pignoramento del suo mulino. Pronta anche una class action per denunciare quel che viene considerato un crimine di stato. Domenica mattina all’interno dell’ippodromo romano le Capannelle continua la protesta silenziosa con raccolta fondi. I produttori a mezzogiorno cospargendosi il volto di farina isseranno cartelli per ricordare Silvio Paoselli, il mugnaio buono.

Può un uomo considerato unanimemente umile e buono togliersi improvvisamente la vita gettando tutti nello sconforto? E chissà cos’altro. Sicuramente in confusione anche se viene prontamente dissipata identificando il nemico nella banca e nel sistema disumano che pignora quella pietra con cui l’uomo aveva edificato un’identità professionale che come spesso capita s’impasta, purtroppo, con quella umana: identità da mugnaio che macina con i suoi asinelli grano e cordialità. Un’espropriazione forzata della sopravvivenza, che è anche immagine, da offrire al migliore offerente.

È la cronaca di questi giorni che vede intere comunità perse nella tela prima tessuta e poi crudelmente strappata dal personaggio da fiaba che l’uomo, forse perduta una più intima pietra miliare, interpretava fino a martedì scorso. Pensieri che viaggiano su un binario a senso unico con la motrice alimentata dai sensi di colpa e i vagoni trainati dal rancore. Tutto muove dunque da un inganno. Un inganno che forse solo Shakespeare poteva immaginare: non c’è persona, amico parente o conoscente, che non si sia chiesto almeno per un attimo: “Avrei dovuto capire, mi sarei dovuto accorgere di quel disagio e fermarmi quel giorno ad ascoltarlo per sapere capire prevenire?”. Ora dolore e smarrimento fanno spazio, senza trovare vero conforto, alla rabbia contro la burocrazia, lo Stato, i banchieri. Contro tutti quelli che non hanno consentito al mugnaio buono di entrare nel suo mulino per recuperare una pietra, una piccola pietra che sarebbe servita per macinare il grano e portare così la farina al mercato.

Tutto intorno il silenzio. Silenzio sulle lame di ghiaccio della parola che getta nel panico. Termine impronunciabile. Non si pensa e, soprattutto, non si scrive. Lo sanno bene i cronisti coscienziosi che non amano quella parola che dice di un vuoto possibile solo all’essere umano. Anche al sottoscritto trema la mano, avendo peraltro conosciuto da vicino il mugnaio buono, nell’evocare quell’assurdo genere di delitto. Peraltro, per fortuna, adesso non va più neanche tanto di moda nei tg. E quindi, silenzio. “Essere” perde il fratello gemello “Umano”. E nessuno sa più cosa dire fuorché l’ovvio: una vita non può essere messa all’asta.

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