Incontro e degustazione con Movia e Pra-vino, due produttori simbolo del vino sloveno
di Ludovica Schiaroli
Slovenia terra di vino. L’affermazione potrebbe sembrare eccessiva, ma in quella che viene spesso definita come la Svizzera dell’est, la qualità non manca e nemmeno le sorprese.
Nonostante la Slovenia sia decisamente piccola: poco più di 20 mila km quadrati, ha una buona varietà di vitigni che danno un’impronta unica ai tanti vini prodotti. Questo è dovuto in parte al clima, al terreno, al vitigno e naturalmente alla mano e al gusto dell’uomo che il vino lo fa. I distretti vinicoli più vocati sono nella parte più a est Jeruzalem-Ljutomer, dove si producono fra i migliori bianchi del paese, la città più grande della regione è Maribor dove cresce la vite più vecchia del mondo. L’altra zona è quella vicina ai nostri confini, Primorska tra Istria, Carso (Kras), Collio (Goriska Brda) e la Valle del Vipava.
Due produttori rappresentano, a mio avviso, l’anima vitivinicola di questo paese: Movia, ovvero Ales e Vesna Kristancic e Pra-vino ovvero Prapotnik Curin, nipote del grandissimo Stanko Curin. Incontrarli e degustare insieme a loro alcuni vini è un privilegio da condivedere!
Le differenze tra i due non potrebbero essere più forti ed esasperate. Strabordante, magnetico, istrionico Ales /Movia, timido e introverso Curin. Entrambi però figli “legittimi” della loro terra: generosi, accoglienti e ognuno a proprio modo maestro nell’arte di fare il vino.
La famiglia Curin vive sul confine con l’Austria, a Kog. Stessa strada, marciapiede opposto si è già in terra straniera. Geograficamente i Curin si trovano in una delle zone più vocate per il vino: nel distretto di Prekmurje tra le colline di Maribor e Jerusalmen dove lo sguardo si perde tra filari e vigneti per chilometri… La famiglia Curin produce vino da tre generazioni, ma fu il nonno Stanko a imprimere la svolta. “Erano gli anni del secondo dopoguerra e il partito comunista [la Slovenia faceva parte del blocco sovietico fino al 1948] imponeva a tutti i produttori di conferire il vino alla cantina sociale del paese, non si poteva fare diversamente”, racconta Popoldan ricordando il nonno. Ma Stanko credeva troppo nel suo vino e di nascosto iniziò a girare il paese vendendo una parte del vino imbottigliato autonomamente. “Insomma un controrivoluzionario”, sentenzierebbe qualcuno oggi. Stanko fu il primo a sfidare, all’epoca, il regime comunista e oggi il nipote continua a portare avanti la sua filosofia che è fatta di un vino che vuole essere il più integrato possibile con il territorio per riprodurne sapori e profumi. Unica deroga ammessa su alcuni prodotti un minore quantitativo di residuo di zucchero. “Abbiamo deciso così per venire incontro a quello che ormai è il gusto prevalente, le persone tendono a bere il vino pasteggiando e spesso un tasso un po’ più elevato di zucchero, come contengono alcuni dei nostri vini tradizionali, possono essere percepiti come fastidiosi”.
La degustazione inizia con un vino autoctono, il Sipon, che deve il suo nome a Napoleone, che dopo averlo assaggiato disse con entusiasmo: “c’est bon!” Un vino semplice ma molto interessante e duttile, il progetto per il futuro è di utilizzarlo in uvaggio con il Traminer per produrre uno spumante metodo classico. Lo Chardonnay è leggero e profumato mentre il Sauvignon ha le tipicità del vitigno con le caratteristiche del suolo dove cresce: molto profumato con un tocco di mineralità. Ma sono i vini semi-secchi che rappresentano lo stile di questa terra e devo dire che assaggiarli è stato un viaggio indimenticabile. In un crescendo Curin ha aperto Traminer, Moscato giallo( selezione 2012), Renski Riezling e Laski Riezling 2008 il famoso Eiswein, vendemmiato durante tre notti di gelo a metà gennaio. Questi sono gli incredibili numeri: 190 gr di zucchero per 11vol. di alcol e 8,8 di acidità. Dal 2008 non sono più capitate tre notti freddissime, quelle che ci vogliono per ottenere il vino del ghiaccio!
Prapotnik, che porta il nome del nonno, da cui il nome cantina “Pra-vino” ci ha salutato a fine pomeriggio con la promessa di venire in Italia per una degustazione.
Quando ho deciso che sarei andata in Slovenia sapevo che il viaggio avrebbe dovuto comprendere la visita a Movia, nel Collio sloveno. L’appuntamento era stato fissato con largo anticipo con Vesna moglie e factotum di Ales. Con una puntualità svizzera all’ora giusta stavo già bussando alla porta: un uscio antico con su scritto Movia – che è il nome della famiglia si apriva. Vesna mi dava il benvenuto in una casa con vista mozzafiato sul Collio, proprio sul confine come Pra-vino, ma a due passi dall’Italia. Seduti in terrazza iniziamo a degustare i primi vini mentre Vesna racconta la storia della sua famiglia nell’attesa che Ales finisca di lavorare in vigna. L’opulenza nella rarefazione è già nel primo sorso di Ribolla 2011 (barrique non filtrato) poi Tokay–Gredic 2012 profumatissimo e ricco di frutto, poi l’aromaticità del Sauvignon 2012, e infine un Pinot grigio 2012 (10 giorni di macerazione e poi un anno in barrique). Poi un rosso: pinot nero 2008, acidità, frutti rossi e tannini. Un attimo di pausa dobbiamo riprenderci, sta per arrivare Ales. Entra e il palcoscenico è suo. Si muove con la consapevolezza che cattura ogni sguardo, ogni sua parola (parla italiano) è percepita come “verità”. Seduti insieme a me ci sono due sommelier americane in viaggio studio e due romani, lì per comprare qualche bottiglia d’annata. Mentre vengono aperte due bottiglie formato Magnum di Puro e di Lunar Ales racconta la sua filosofia di vita. “Solo con il rispetto della terra e del nostro ecosistema si può ottenere un frutto perfetto che poi diventerà il vino che stiamo bevendo”. Su ogni ettaro di terreno al massimo ci sono 5/6000 piante, “non penso che più piante diano una migliore qualità, al contrario penso che ogni pianta deve trovare il suo spazio per potere crescere con passione”. Niente prodotti chimici, conservanti, erbicidi, solo lieviti naturali e nella fase della fermentazione il controllo della temperatura. Tradizione e modernità sono le parole chiave che hanno fatto diventare Movia uno dei produttori sloveni più conosciuti al mondo. Il suo Puro è infatti uno degli spumanti più interessanti. “Abbiamo voluto regalare al consumatore il brivido del “degorgement”, della sboccatura”, il vino viene infatti imbottigliato con i suoi lieviti naturali che grazie alla loro permanenza in bottiglia gli garantiranno corpo, profumi e ricchezza fino al momento dell’assaggio. Certo l’apertura non è proprio una cosa semplice, e anche Ales ha qualche difficoltà nell’aprire la magnum che tra poco degusteremo. Ma il risultato finale ripaga di tutto. Le parole di commiato di Ales rivelano ancora una volta come per ottenere un grande vino ci vuole soprattutto una visione: “piantare una vite è una cosa importante perché lo fai per le prossime generazioni. Saranno loro, infatti, a raccogliere i frutti migliori. Per questo lo devi fare bene”.
ma… (mi chiedo): come si fa a dire che la slovenia nel dopoguerra faceva parte del “blocco sovietico”?
Ignorare…la più recente Storia d’Europa: la Nostra storia.. dell’altro ieri.
Tanto vale allora (visto che qui si parla di vino… e non di “storia”) dire che napoleone ha vinto la seconda guerra mondiale. Ma è possibile?
Sono ESTEREFATTO -e inorridito.. e angustiato- da tali mostruosità, che mi lasciano impaurito… anche sulla profondità (e quanto meno… solidità) di ogni altro tipo di affermazione.
Parlando di viti… potremmo scambiarle per… bulloni, ripetendo ciò che sentiamo dire. Tanto, sono quasi la stessa cosa.
Mi dispiace, sono sincero. E sbalordito
Fino alla rottura di Tito con Stalin era così. Era il 1948. Ora puoi andare a sbalordirti altrove. E a esterrefarti. Ma non angustiarti che poi ci stai male