E’ la liberalizzazione dei licenziamenti illegittimi ma viene spacciato per riforma. Una pacchia per i padroni ma produrrà solo occupazione sostitutiva. Ecco cosa sta per accadere
di Checchino Antonini
Mettiamo che ci sia traffico sul Raccordo. Oppure un incidente o non hai sentito la sveglia. Non ci vuole niente ad accumulare un quarto d’ora di ritardo nelle mattine in cui tutto va storto. E non gira storta solo a te ma anche al tuo datore di lavoro che, magari, ti aveva già puntato. Dopo un po’ ti arriva la lettera di licenziamento. Tu corri dal giudice che, dopo un bel po’, ti fa sapere che in effetti è davvero esagerato sbatterti fuori così. Il licenziamento è illegittimo. Ma tu non sarai reintegrato perché ormai c’è il jobs act con il suo contratto a tutele crescenti. Hai diritto solo a un indennizzo pari a una mensilità salariale per ciascun anno di anzianità per un massimo di 24 (ma se lavori in una piccola impresa l’indennizzo cresce per un massimo di sei mensilità).
Ma arrivare a quella anzianità sarà l’impresa più difficile per i nuovi occupati. Perché, senza reintegro per i licenziamenti ingiustificati o illegittimi, non c’è nulla di più precario di un contratto a tempo indeterminato dell’era del jobs act. Ne sa qualcosa la coppia di trentenni milanesi che sta facendo il giro delle sette banche per ottenere un mutuo. Come ne iniziano a sapere qualcosa i lavoratori e le lavoratrici dei call center pronti a moltiplicare le assunzioni, grazie agli incentivi, a danno degli operatori attuali non più “competitivi”. La nuova disciplina, infatti, si applica anche ai cambi di appalto: il tuo contratto diventa quello attuale ma, in questo caso, ti porti dietro l’anzianità e così quando sarai licenziato migliorerà il risarcimento. Ma le aziende al cambio commessa metteranno in esubero i vecchi ottenendo automaticamente un aumento di un terzo dei profitti grazie agli incentivi messi a disposizione dal governo con la legge di stabilità. Secondo la Cgil sono 7 mila i lavoratori ad altissimo rischio grazie al mix tra delocalizzazioni e licenziamenti nei grandi operatori come Almaviva o in quelli meno noti come K4up di Terni.
Nel caso del traffico sul Raccordo ti spettano 4 mensilità di indennizzo oppure la metà se la tua ex azienda ha meno di 15 dipendenti. Insomma, a meno dell’inesistenza del fatto contestato, (oppure per licenziamenti per discriminazione religiosa, politica o a causa della preferenza sessuale) il reintegro non ci sarà più. Oppure nel caso di un licenziamento intimato solo a voce. Ma chi sarebbe così sprovveduto da licenziarti solo in forma orale?
Ma tu lavori, sei socio, in una cooperativa e lì l’articolo 18 non c’era nemmeno prima. Basteranno quindici giorni di interruzione del rapporto di lavoro perché il jobs act si impossessi di te con le sue “tutele” crescenti.
E allora basta, si protesta! Così scattano i licenziamenti collettivi: il datore di lavoro sceglie chi buttare fuori. E, anche in caso di liste di proscrizione errate varrà solo la tutela di un indennizzo.
C’è una manomissione evidente della parte disciplinare dei contratti collettivi nazionali relativa ai provvedimenti che dovrebbero essere proporzionali e progressivi.
Se stai leggendo Popoff mentre ti rechi al tuo posto di lavoro nella Pubblica amministrazione devi sapere che il decreto non fa alcuna esclusione. D’altra parte la ministra della Funzione pubblica, Madia, ha già fatto prepare le tabelle di equiparazione degli inquadramenti contrattuali delle diverse amministrazioni. Tutti processi che porteranno esuberi e innovazioni di contratto. Il prossimo tormentone sarà l’attacco a quei privilegiati del pubblico impiego come sembra alludere la vicenda dei vigili urbani romani che hanno disertato il servizio a Capodanno.
Una vera manna, quella del jobs act, per i datori di lavoro perché le norme varate ufficialmente dalla Gazzetta Ufficiale il 7 marzo scorso prevedono sgravi fiscali e contributivi per 8mila euro l’anno, un risparmio che, da un minimo del 32%, sfiora il 40%. Se ti licenzieranno al 37mo mese avranno risparmiato almeno 20mila euro. «Un vero e proprio doping del mercato del lavoro a scapito della fiscalità generale», dice a Popoff Pierluigi Panici, avvocato dei Giuristi democratici, legale della Fiom e della Cgil. Rincara la dose Severo Lutrario, dell’Usb del Ministero del Lavoro: «Il giudice può prendere in considerazione solo l’ipotesi che il fatto materiale si sia verificato». «Il giudice non può entrare nel merito della proporzionalità del provvedimento», conferma il giurista. Un esercito di legali d’impresa e consulenti del lavoro è già al lavoro per studiare tutte le opportunità offerte dalle nuove norme. Tra queste la possibilità di demansionamento e il controllo a distanza. Bruno Papignani della Fiom, coordinatore nazionale per Fincantieri, s’è sentito dire dal colosso della cantieristica navale che sono pronti a mettere microchip negli scarponi e nei caschi.
Panici prevede un’ondata di mancate conferme dei contratti a tempo determinato, di chiusure e riaperture fittizie. «La nuova legge incentiva le nuove assunzioni ma prima incentiva i licenziamenti». A questo allude l’ondata di licenziamenti dei mesi scorsi e quella che si sta per verificare. Anche Lutrario è sicuro che si tratta di occupazione sostitutiva anche perché di ripresa non si vede traccia. «Le aziende non assumono perché non c’è lavoro e non è peggiorando le condizioni dei lavoratori che potrà ripartire l’economia».
Le prime notizie vengono da Bergamo dove proprio oggi per tre operai della Same Deutz-Fahr (trattori e macchine agricole) di Treviglio è scattata l’assunzione con il contratto a tutele crescenti. Fino a ieri avevano un contratto interinale in un luogo di lavoro dove, su 1.377 dipendenti ad avere il posto fisso, 131 hanno un contratto di apprendistato o a tempo determinato o, appunto, interinale). Alla Same, dove ci sono i più combattivi delegati Fiom della provincia, il precontratto aveva portato a casa il risultato dell’assunzione a tempo indeterminato degli interinali dopo undici mesi. 35 contratti stanno per essere firmati alla Brembo, 2800 addetti, altra azienda metalmeccanica di sistemi frenanti, dove l’integrativo impegna a trasformare 35 contratti a tempo determinato in «posti fissi» e i tempi lascerebbero presupporre che si tratti di assunzioni con contratti a tutele crescenti. Con buona pace del proposito di Landini di contrastare il jobs act fabbrica per fabbrica. Anche la chimica Fine Foods & Pharmaceuticals Ntm di Verdellino, 331 dipendenti, ha in programma «tra le 35 e le 40 assunzioni entro l’anno, la maggior parte concentrate nei prossimi due mesi», come spiega il presidente e amministratore delegato Marco Eigenmann alla stampa locale.
Il Centro studi di Unimpresa prevede che a giugno si potrebbero avvertire i primi effetti concreti del Jobs Act, mentre entro la fine dell’anno le nuove assunzioni realizzate grazie alla riforma del mercato del lavoro potrebbero essere, complessivamente, circa 250mila. Ma non significa comunque che 250mila senza lavoro ne troveranno uno. Ammette anche Unindustria che non si tratterà «di occupazione aggiuntiva al 100%. L’incremento dei contratti a tempo indeterminato previsti dalle nuove norme sarà legato in parte alla stabilizzazione degli attuali precari (tempo determinato, contratti a progetto, partite Iva), in parte all’emersione di occupazione irregolare o cosiddetta “in nero”, in parte a nuove assunzioni di disoccupati in senso stretto derivanti da incremento di produzione e prospettive di crescita delle aziende italiane». A «sfruttare di più l’intervento normativo» saranno turismo, agricoltura e servizi.
Prima del jobs act non c’era alcun contratto, nel codice civile, in cui non fosse previsto il riscarcimento integrale della parte lesa tra i contraenti. Il lavoratore vale meno di una merce difettosa. E’ un ribaltamento del senso stesso del diritto del lavoro: una branca del diritto civile sorta per riequilibrare i rapporti nell’evidenza di uno squilibrio tra il datore di lavoro e chi deve vendergli le sue braccia. I Giuristi democratici hanno scritto al presidente Mattarella per denunciare alcuni profili di incostituzionalità e sabato prossimo, il 28 marzo, terranno un convegno nazionale a Padova.