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Venezuela: aggressione in vista?

Eva Golinger analizza le sanzioni decretate da Obama contro il Venezuela, dichiarato una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti

a cura di Marina Zenobio

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Dopo aver distrutto interi paesi in Medio Oriente e in parte dell’Asia attraverso la sua organizzazione terroristica, la NATO, il guerrafondaio premio Nobel per la pace Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, torna ad affacciarsi su quello che per secoli era stato il suo “giardino di casa”, l’America Latina. E lo fa dichiarando il Venezuela come “una minaccia per la sicurezza interna degli Stati Uniti”. Una dichiarazione che però non farà che aggravare ulteriormente i rapporti già conflittuali tra i due paesi.

Come è già successo con l’invasione di Panama (1989, durante la presidenza di George H. W. Bush) e di Granada (1983, alla Casa Bianca c’era Ronald Reagan),  è probabile che gli Stati Uniti finiranno per attaccare militarmente il Venezuela. Epperò i primi due paesi non rappresentavano all’epoca, come non lo rappresenta oggi Caracas, una minaccia per gli Stati Uniti, ma a differenza di Panama e Granada, il Venezuela ha importanti risorse strategiche, soprattutto il petrolio.

In una intervista rilasciata all’agenzia RT, l’avvocatessa, scrittrice e ricercatrice nordamericana Eva Golinger ha analizzato quali sono i piani degli Stati Uniti nei confronti del Venezuela, a partire dall’eventualità di un’azione militare USA contro il paese sudamericano.

L’ordine esecutivo del presidente americano Barack Obama è una norma che in USA si applica in tempo di guerra in difesa della nazione, anche se “il Venezuela non rappresenta affatto una minaccia, neanche economica”, spiega Golinger aggiungendo che è da qui che nasce la preoccupazione.

“Nel decreto di Obama la minaccia rappresenta dal Venezuela per gli USA è stata definita come una serie di situazioni, interne al Venezuela stesso, che in realtà non hanno alcun impatto sulla sicurezza degli USA. Ciò significa che in realtà è davvero arbitrario l’uso di questa legge: è stata utilizzata solo per intraprendere azioni più consistenti contro il Venezuela”, sostiene Golinger.

Dichiarando uno Stato oppure una organizzazione come una minaccia per la sicurezza nazionale, il governo degli Stati Uniti “si auto giustifica” per agire contro di essi, sia economicamente che militarmente, dice la Golinger. Quindi, ciò che i politici venezuelani temono è proprio “un’azione bellica da parte degli Stati Uniti”. E questa paura non è infondata ricordiamo, ad esempio, i casi di Panama e Granada, prosegue la Golinger. A differenza di questi due paesi, però, il Venezuela ha risorse strategiche, a partire dal petrolio, che lo rende “ancor di più un obiettivo appetitoso per gli Stati Uniti”

Ma a subire le conseguenze delle azioni degli Stati Uniti sarà l’intera regione sudamericana. Infatti il decreto emesso da Barak Obama consente di punire qualsiasi persona o organizzazione, o anche i governi che sostengono le prime, e non solo i sette militari venezuelani già puniti. Pertanto si tratta di una misura con “ampie capacità e conseguenze” non solo per il momento attuale ma anche per il futuro, spiega Golinger.

Inoltre, le misure richieste da Washington contro il Venezuela potrebbero colpire non solo questo paese ma l’intera regione, così come i cittadini statunitensi che vogliano esprimere la loro solidarietà con Caracas, impedendo loro di viaggiare o di fornire sostegno al paese sudamericano. Si tratta di una misura che è stata già applicata, ad esempio, contro le persone solidali con la Palestina, ricorda Eva Golinger.

Per Golinger è anche importante sottolineare il momento in cui si stanno approntando queste sanzioni: gli Stati Uniti stanno cercando di recuperare le relazioni con l’America Latina ma “adesso stanno facendo tutto il possibile per sabotare questa possibilità”.

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