Al Nord sempre inverno e al Sud sempre estate, il tunnel fra Ginevra e il Gran Sasso, far prendete una decisione a Civati. Parla il manager Armando Maneggioni
di Fabrizio Marcucci
I ministri passano, le Grandi opere restano. Le dimissioni del titolare del dicastero delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, hanno anzi immediatamente dato luogo al commissionamento di un ulteriore progetto: la ricerca di una lega di metalli particolarmente resistente per procedere alla realizzazione di caschi di protezione per tutti coloro che pronunciano la frase «posso andare a testa alta» – utilizzata dallo stesso Lupi quando si è dimesso – senza curarsi delle conseguenze che ciò può determinare. Il progetto ha attirato l’attenzione di decine di investitori, allettati dal fatto che in Italia c’è un ragguardevole numero di persone che si trova in una condizione del genere, cosa che renderebbe la commercializzazione del prodotto un’attività assai redditizia. Ma nei cassetti del ministero ci sono altre ambiziosissime Grandi opere. Eccone alcune.
Risolvere la questione meridionale rovesciando l’Italia. Si tratta della più avveniristica opera mai progettata, che una volta messa a punto farà del nostro paese un’avanguardia mondiale. «Visto che anni di interventi e agevolazioni fiscali non hanno minimamente ridotto il divario tra Nord e Sud, noi ci proponiamo di invertire l’Italia», spiega Massimo Profitto, ingegnere che guida lo staff di progettisti. Si procederà così: una batteria di navi potentissime verrà legata al molo del porto di Genova e comincierà a tirare in direzione sud con lo scopo di staccare Liguria, Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto e Friuli-Venezia Giulia dal continente europeo e trascinarle lentamente a sud facendo perno sul centro Italia, che resterà dov’è. Una volta compiuta la traslazione, Trieste farà da ponte con Tunisia e Libia, mentre Trapani diventerà crocevia degli scambi con l’Europa dell’Est. Soprattutto, Palermo, Napoli, Bari e il meridione tutto risentiranno del benefico effetto di essere avvicinati all’Europa. Il sud invece sarà finalmente trainato dalla locomotiva lombarda. Contestualmente, ad Aosta verrà realizzato un Cie per raccogliere i migranti provenienti dalla costa nord del Mediterraneo, mentre a Trento sorgerà il più grande mercato del pesce del Mediterraneo. Nessun problema per la mafia, che si trova già sia a Nord che a Sud. Resta da risolvere il problema della Sardegna, che andrebbe a sovrapporsi all’Albania. «Ma ciò potrebbe dar luogo a interessanti contaminazioni culturali», dicono i favorevoli all’opera, che sottolineano come tra l’altro il progetto non pregiudica affatto la realizzazione del ponte sullo stretto. «Cambia solo che a quel punto sarà Reggio Calabria, e non Messina, a dover essere collegata alla terraferma – chiosa Profitto – ma ciò mi pare secondario e non inficia in alcun modo la bontà dell’opera, che inoltre, dovendo durare diverso tempo, porterà con sé un notevole e benefico aumento dei costi di partenza».
Fare in modo che al Nord sia sempre inverno e al sud sempre estate. È il coraggiosissimo progetto del ministero del Turismo, in project financing con la cooperativa “Cambiamento climatico”. Presenta una serie di possibili effetti collaterali: la glaciazione del Po, la desertificazione del Tavoliere delle Puglie e di ampie zone di Molise, Calabria e Basilicata, e la definitiva scomparsa dell’agricoltura come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. Gli ambientalisti parlano di «genocidio ambientale». I favorevoli decantano le virtù di un’opera che consentirebbe all’Italia di sfruttare al meglio la sua vocazione turistica, con una perenne stagione sciistica nell’arco alpino e spiagge sempre col solleone da Roma in giù. Per di più l’opera ha il vantaggio di avere costi relativamente bassi: basterebbe agevolare l’effetto serra con l’incremento indiscriminato del traffico e delle emissioni nocive degli scarichi industriali e costruire un muro di diversi chilometri di altezza per collegare Montalto di Castro a Fano e bloccare così le correnti, al fine di creare in Italia due compartimenti climatici a sé.
Realizzare il tunnel di collegamento tra il Cern di Ginevra e il Gran Sasso. Si tratta di un’opera il cui iter è stato avviato all’indomani della celeberrima dichiarazione del 2011 dell’allora ministro Maria Stella Gelmini, secondo la quale il tunnel dei neutrini esisteva davvero e collegava le due località. Venne inserita nell’agenda delle priorità dal Governo dell’epoca motivandola con l’assoluta necessità di fare in modo che il ministro si riprendesse dalla figura di merda appena fatta, rendendo almeno verosimile quello che aveva detto. Chi vi si oppone sostiene che non si possono buttare miliardi così. La “Moltiplicasoldi spa”, associazione di imprese molto attiva nel settore delle Grandi opere, ha replicato attraverso i suoi addetti stampa così: «Di grandi opere che non servono a nulla o lasciate a metà è piena l’Italia, non si capisce dove sarebbe la novità».
Riuscire a far prendere una decisione a Civati. Si tratta solo del primo passo di un progetto che prevede due successivi stati di avanzamento: fare in modo che Gasparri arrivi a scrivere almeno un tweet ogni dieci senza insultare e far varare a Renzi una riforma che serva davvero e non sia solo di facciata. Gli esperti non nascondono le difficoltà. «Sono opere complicate, che per di più necessitano dell’apporto di diverse professionalità e di un lungo periodo di gestazione», ha spiegato Armando Maneggioni, amministratore delegato della “Costruzioni a prescindere” srl, una delle aziende col più alto numero di appalti pubblici nel palmares. «E poi – ha proseguito il manager – è assai difficile quantificare il ritorno economico: su un’eventuale decisione di Civati o su una dichiarazione decente di Gasparri non si può certo chiedere il ticket agli italiani, come si fa ad esempio per un tratto di statale trasformato in autostrada o per la sanità privatizzata. E se Renzi facesse una riforma che servisse davvero, non vi nascondo il rischio per imprese come la mia di chiudere il giorno dopo».
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