Dragan Dzajic, ala della Stella Rossa e della Jugoslavia a cavallo tra l’inizio degli anni ’60 e la fine dei ’70. Un idolo che in patria viene ancora adorato
di Carlo Perigli
Se c’è una cosa che mi piace del calcio, è il suo essere una fonte inesauribile di storie da raccontare. Un campionato, una partita, a volte anche un’azione, può essere una fonte inesauribile di racconti, la cui diffusione permette ai protagonisti di rimanere impressi nella memoria di questo fantastico sport. Allo stesso tempo però accade che alcuni di essi, nonostante nel corso della loro carriera si siano resi protagonisti di eventi memorabili, finiscano nel dimenticatoio, insieme alle loro imprese, alle loro giocate e alle folle che ne acclamavano il nome.
MIGLIOR GIOCATORE JUGOSLAVO – Uno dei capofila di questa particolarissima categoria è Dragan Dzajic, ala della Stella Rossa e della Jugoslavia a cavallo tra l’inizio degli anni ’60 e la fine dei ’70. Un idolo che in patria viene ancora adorato, tanto da essere stato incoronato dall’allora Federazione serbo-montenegrina come il miglior giocatore di sempre, a discapito di stelle del calcio jugoslavo come Dejan Savicevic e Dragan Stojkovic, ma del quale il grande pubblico occidentale spesso ne ignora perfino il nome. Un’ala sinistra brillante, veloce, che calciava punizioni “alla Platini”, quando il buon Michel giocava ancora a nascondino. E, se da un lato è vero che le sue incredibili statistiche, 365 gol in 590 partite, furono collezionate – fatta eccezione per una breve parentesi al Bastia – con la Stella Rossa in Jugoslavia, gli eminenti luminari del calcio non possono aver dimenticato le prodezze che Dzajic mostrò a livello internazionale.
GLI EUROPEI DEL 1968 – Impossibile, o almeno molto difficile, non associare il suo nome agli Europei del 1968, che lo consacrarono come la migliore ala sinistra in circolazione davanti agli spettatori di tutto il mondo. In particolare, fu memorabile la partita che la Jugoslavia giocò contro l’Inghilterra, Campione del Mondo in carica e accreditata per la storica accoppiata. Quella dei Tre Leoni era una selezione temibile e agguerrita, alla cui guida si poneva l’elegante Sir Bobby Charlton, affiancato, tra gli altri, da due mostri sacri quali Bobby Moore, capitano degli inglesi e Gordon Banks, caso rarissimo di portiere inglese dalle doti eccezionali.
TUTTO IN UN ATTIMO – Ma, per quanto quella selezione inglese venga tuttora osannata come una compagine incredibilmente talentuosa, perfino i giocatori di sua maestà sono consapevoli della pericolosità di Dzajic. In campo si lotta, con gli inglesi chiusi in un 4-5-1 volto a chiudere gli spazi alle ripartenze dell’arrembante undici jugoslavo. Una diga della quale Dzajic si fa ripetutamente beffa, dettando legge sulla fascia sinistra e saltando ripetutamente ogni avversario gli si ponga davanti. Ad un minuto alla fine, il cross dal fondo di Musemic arriva in area; Moore non ci arriva, mentre Dzajic, appostato alle sue spalle, stoppa la sfera e in un attimo spedisce il pallone sotto la traversa, vanificando così l’uscita disperata di Banks. Tutto molto veloce, tutto molto “semplice”, almeno per lui, Dzajic, o, se preferite, «il magico Dragan», come lo definì il giorno seguente la stampa inglese.
IL MIRACOLO DEI BALCANI – L’esterno jugoslavo, premiato come miglior giocatore del torneo e inserito nella Top11 all-time dei Campionati Europei, arriverà terzo al Pallone d’oro del 1968, piazzandosi dietro George Best e Bobby Charlton. Una scelta che venne criticata da molti addetti ai lavori: Franz Beckenbauer, senza troppi giri di parole, la definì «ingiusta, insolente e vergognosa», mentre Pelè, che con l’esterno jugoslavo sarà protagonista di un pirotecnico Brasile-Jugoslavia 3-3 nel dicembre dello stesso anno, lo consacrò come «il miracolo dei Balcani. È un vero mago – aggiunse O’ Rey – mi dispiace solo che non sia brasiliano, perchè non ho mai visto un giocatore del genere».