Corre sul web la solidarietà nei confronti del Venezuela, sotto attacco da parte della Casa Bianca. Nasce #ObamarepealthePetitionOrder
Di Carlo Perigli
Forse non segnerà la fine dell’interventismo statunitense in America Latina, ma c’è da stare certi che gli Stati Uniti non hanno apprezzato l’imponente solidarietà che la maggior parte del mondo sta esprimendo nei confronti del Venezuela, a seguito dell’emanazione, da parte di Washington del decreto esecutivo del 9 marzo 2015. In flagrante violazione della Carta Onu e del principio di non ingerenza, l’atto qualifica la situazione in Venezuela come “una minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti” disponendo altresì una serie di misure contro individui ritenuti colpevoli della situazione. Il tutto con l’impegno di “migliorare il rispetto dei diritti umani, salvaguardare le istituzioni democratiche e proteggere il sistema finanziario statunitense”.
Tuttavia, a distanza di 20 giorni è ormai chiaro che, se l’intenzione di Washington era quella di isolare il Venezuela, la missione è miseramente fallita. Già all’indomani della pubblicazione del decreto, i Paesi dell’Alba hanno pubblicato una nota di condanna nei confronti della violazione della sovranità del Paese sudamericano. “Questa aggressione – si legge nella dichiarazione – costituisce una violazione del diritto internazionale e non riconosce la tradizione anti-imperialista storicamente rivendicata dai nostri popoli, costituendo allo stesso tempo una minaccia alla pace e alla stabilità delle nostre nazioni. I membri dell’Alba – prosegue la nota – rigettano con forza tutti i tipi di aggressione e tentativi di violazione della sovranità che tentino di alterare l’ordine democratico della Repubblica Bolivariana di Venezuela. Inoltre, i sopramenzionati Stati esortano il governo degli Stati Uniti a rispettare l’autodeterminazione dei nostri popoli e il non-intervento negli affari interni degli Stati sovrani, nel rispetto del diritto internazionale ed il nostro spirito di indipendenza e libertà”.
Un testo il cui spirito è stato ripreso nel comunicato reso pubblico il 25 marzo dal G-77, al quale per l’occasione si è aggiunta anche la Cina, attraverso il quale l’organizzazione ha espresso il suo “rifiuto verso la recente decisione del governo degli Stati Uniti di ampliare le sanzioni unilaterali contro il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela e sollecita [gli Usa] affinchè tale ordine esecutivo venga abrogato”. Non poteva certo mancare la solidarietà dei vicini boliviani, con il presidente Evo Morales che ha avvertito gli Stati Uniti che, qualora dovessero aggredire, in modo aperto o “coperto” il Venezuela, tutto il Sud America si solleverà per far rispettare il principio di sovranità di uno Stato membro dell’Epac.
Nel frattempo, il 20 marzo dal Venezuela è partita una raccolta firme, per dimostrare agli Stati Uniti la solidarietà dei popoli del mondo nei confronti della Repubblica Bolivariana. Così, la petizione “Obama repeal the Petition Order” in sole 24 ore ha raccolto oltre un milione di firme, proseguendo a ritmo sostenuto anche nei giorni successivi. E l’Unione Europea? Le ultime notizie risalgono al 10 marzo, quando Maja Kocijancic, portavoce della Commissione, ha dichiarato che “Bruxelles per ora non ha intenzione di imporre sanzioni nei confronti del Venezuela”. Ci si poteva aspettare di più? Si poteva chiedere che anche l’Unione Europea pretendesse nient’altro che il rispetto delle norme internazionali? Si, decisamente, ma è evidente che la dottrina Monroe, per quanto superata dagli eventi, per qualcuno è tuttora viva e vigente.