Campione indiscusso negli anni ’80, con la Reggiana Paulo Futre non riuscì mai ad esprimere il suo potenziale, ricevendo comunque un affetto smisurato da parte dei tifosi
Di Carlo Perigli
Partiamo da un presupposto, di Paulo Futre i ragazzini di oggi ne ignorano perfino il nome. Il calcio mediatico, oggi più di ieri, decide per tutti chi va incensato e idolatrato, chi va ricordato con nostalgia e chi invece deve cadere nell’oblio. Nessun distinguo, nessun “se” o “ma”, nessuna sfumatura, il calcio del passato è limitato al ricordo di una manciata di protagonisti buoni per far scattare improbabili paragoni con il Dybala di turno, per la storia degli altri non c’è posto. Ingiustizie, soprattutto per Paulo Futre, uno che nel 1987 arrivò secondo al Pallone d’Oro, dietro ad un mostro sacro come Ruud Gullit, deliziando il pubblico con le maglie di Porto e Atletico Madrid. Una storia di classe cristallina e mai fine a se stessa, nonostante il fantasista portoghese sia tormentato da quel ginocchio che, dopo un brutto infortunio, non lo lascia mai in pace. Ci convive, lo sente ma non si fa condizionare, tanto che nel 1993, dopo aver girovagato tra Benfica e Marsiglia, decide di misurarsi con la Serie A, il campionato più difficile del mondo.
Milan? Juve? Inter? No, Futre firma per la Reggiana, all’esordio assoluto nella massima serie italiana. L’organico degli emiliani, Taffarel escluso, non dà troppe certezze e in due mesi non ha vinto nemmeno una partita; insomma, le probabilità di tornare di corsa in Serie B sono piuttosto alte. Eppure, in quella fredda mattina di metà novembre, Reggio Emilia è totalmente paralizzata. I mezzi pubblici non camminano, le scuole e gli uffici sono deserti, per le strade non si sente volare una mosca. Una città intera è chiusa all’interno dell’hotel Astoria, migliaia di sguardi increduli puntano tutti sullo stesso uomo, sciarpa granata al collo e numero 10 pronto nell’armadietto. Quel giorno a Reggio c’è solo Paulo Futre, pronto a deliziare il suo nuovo pubblico.
Non servirà quindi che vi racconti l’atmosfera che si respirava il giorno del suo esordio al Mirabello. Lo stadio è pieno, i colori del Portogallo si mischiano a quelli della Romania, nazionalità dell’altro neo-acquisto Dorin Mateut. Il popolo emiliano si è spostato in massa, dall’hotel allo stadio, per ammirare questo genio portoghese che li porterà alla salvezza. Di fronte ai granata la Cremonese, in una sfida che già sà di salvezza e nella quale Paulo Futre può dare il necessario scossone agli emiliani. Il portoghese non si fa pregare e già dai primi minuti prende per mano la squadra, spargendo qualità in ogni parte del campo. Al 15′ della ripresa poi, la favola emiliana sembra decollare; Morello al limite dell’area scivola e prolunga il passaggio di Mateut verso Futre, posto al vertice destro. In pochi secondi il portoghese stoppa il pallone, dribbla in slalom due avversari, e manda il pallone oltre Turci. Guardando il video, sembra che qualcuno abbia velocizzato i suoi movimenti, lasciando invariati quelli degli altri 21 in campo, invece è semplicemente di un altro pianeta. Il Mirabello esplode, con un giocatore così la stagione può cambiare radicalmente. Dopo Spagna e Portogallo, Futre sembra finalmente pronto a regnare anche in Italia, ma qualcosa va irrimediabilmente storto. Quel giorno la sfortuna, mai troppo tenera col portoghese, assume sembianze e tacchetti di Alessandro Pedroni, 23enne difensore grigio-rosso, che senza troppi complimenti falcia il fantasista, rimediando un rosso diretto. Ma chi ha la peggio è senza dubbio Futre, che rimane a terra con un tendine rotuleo rotto, costretto ad abbandonare quel campo che non rivedrà più per tutta la stagione.
Il tempo passa, la Reggiana si salva e Futre recupera, pronto per iniziare la nuova stagione. Alla presentazione della squadra, il portoghese è nuovamente accolto da un boato spaventoso. «Il coro “Paulo-Paulo-Futre” riecheggia nella sala, emozionando perfino il giocatore stesso. “Ho chiesto a dei giocatori della nazionale portoghese – esordisce il presentatore della serata – come gioca Futre, se più di punta o di manovra. La risposta è stata “Futre è tutto”» E lo era davvero, per Reggio come per ogni amante del calcio spettacolo, della giocata e del talento cristallino che infiamma la piazza. Purtroppo la sfortuna eguagliò il talento, costringendolo a vivere da comparsa gli anni in cui avrebbe dovuto dominare la Serie A e condannandolo troppo spesso a finire nell’oblio, o nella lista dei bidoni targati anni ’90. In entrambi i casi però, più che la sfortuna, c’entra l’ignoranza.
Paulo Futre, Reggio Emilia in una stanza
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