33 comitati di 8 regioni contro i progetti di mega elettrodotti dalla Lombardia alla Sicilia. In Abruzzo, tuttavia, proseguono i lavori del Tivat-Villanova e del Villanova-Gissi
da Chieti, Alessio Di Florio
Hanno unito le forze e hanno costruito un fronte comune 33 comitati di otto regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Toscana, Marche, Abruzzo e Sicilia), impegnati da anni contro progetti di mega-elettrodotti nei propri territori. Un impegno comune confluito anche in una petizione a Presidente della Repubblica, Governo e Parlamento. I comitati chiedono di interrompere “l’irritante siparietto secondo il quale il cittadino è solo soggetto passivo dell’azione politica, esaurito, s’intende, il periodo elettorale. Di comprendere che la difesa dei territori nello stato più integro possibile è la parte più concreta di quella valorizzazione delle eccellenze italiane che da ogni pulpito si millanta di voler perseguire. Di comprendere che l’innovazione, quella vera, oggi non può prescindere dall’essere sostenibile e che tale termine non è conciliabile con la deturpazione dei paesaggi e l’ignorare o sottovalutare il rischio idrogeologico”. Il testo della petizione, con il link per firmarla, può essere letta dal sito del comitato “No elettrodotto Villanova-Gissi”.
In Sicilia un pilone dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi è stato sequestrato dalla magistratura. Secondo le associazioni e i comitati sorgerebbe in una zona posta sotto tutela in quanto di pregio. I piloni sono tra i punti più contestati in tutta Italia, definendone la costruzione “una selva” che “rischia di coprire il Belpaese” e accusando che vengono “spesso realizzati in aree a rischio idrogeologico in un paese che frana a ogni pioggia, senza che vi siano controlli indipendenti sulla reale necessità delle opere”.
In Abruzzo, dopo alcune forti piogge, i comitati impegnati contro gli elettrodotti Tivat-Villanova e Villanova-Gissi hanno documentato che i cantieri del secondo sono letteralmente finiti sott’acqua. Scrivono in un comunicato che “il fiume Pescara ha letteralmente sommerso diversi cantieri dell’elettrodotto in Provincia di Pescara e occupato aree in cui presto dovrebbero iniziare i lavori per altri sostegni”, sottolineando che “tutto ciò è accaduto con una piena di modeste dimensioni”. Il progetto Tivat-Montenegro, partendo dalla città montenegrina, prevede di arrivare via mare in Abruzzo dopo aver attraversato tutto l’Adriatico. Una linea elettrica di oltre 415 km che dovrebbe arrivare a far attraversare il Mar Adriatico a circa 6 TWh l’anno. Imponenti dimensioni che hanno portato a paragonare il progetto alla TAV Torino-Lione. Il centro sociale occupato autogestito Zona22 ha ripercorso alcuni tratti salienti della vicenda in un dossier nel quale un ruolo di primo piano viene assegnato a Milo Djukanovic, primo ministro montenegrino “rimasto al potere per più di vent’anni” e “conosciuto in Italia per essere stato inquisito dalle procure di Bari e Napoli per contrabbando internazionale di sigarette e uscito pulito dall’inchiesta solo grazie all’immunità parlamentare”. Riporta il dossier che varie aziende italiane sono coinvolte negli accordi con lui stipulati dagli ultimi governi Prodi e Berlusconi e Terna si è aggiudicata “la costruzione dell’elettrodotto sottomarino Pescara-Tivat, Enel un impianto a carbone e Duferco un termovalorizzatore”. Per Zona22 “è chiaro il progetto a cui le imprese italiane lavorano: costruire impianti per la produzione di energia pulita, trasportarla in Italia attraverso il cavo sottomarino, e distribuirla sul territorio nazionale costruendo nuovi elettrodotti”. “L’elettrodotto sottomarino di Terna” aggiungono “non trasporterà solo l’energia dal Montenegro ma anche quella della Serbia e della Bosnia Erzegovina”.
Secondo il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica “eventuali deficit non sono riconducibili all’assenza di elettrodotti ma al fatto che l’Italia ha un surplus enorme di capacità produttiva elettrica con le centrali, comprese quelle abruzzesi, che per meri motivi di mercato rimangono ferme! Ricordiamo infatti che nel 2009, con gli attuali elettrodotti, l’Abruzzo andò in surplus per il 15% ed esportò tranquillamente quell’energia verso altre regioni”.
La mobilitazione contro il Villanova-Gissi vede da anni impegnati tantissimi cittadini, tra cui il CAST (Comitato Ambiente Salute e Territorio) con Antonella La Morgia in primissima fila sin dall’inizio. Alle proteste son stati accompagnati denunce e dossier nei quali Terna viene accusata di irregolarità e violazioni delle stesse autorizzazioni e dichiarando che “le criticità sollevate dall’intervento sono tali da richiedere, a nostro avviso, non solo l’immediata sospensione dei lavori e il riesame, anche in auto tutela, di tutte le autorizzazioni e pareri ma, tenendo conto del mutato contesto, l’esclusione dell’opera tra quelle necessarie al comparto elettrico e, di conseguenza, il ripristino dei luoghi”.