In opposizione al progetto di realizzare un mega-impianto eolico, cittadini e associazioni si stanno organizzando per cercare di bloccare l’opera
Di Marco Vulcano
Le cartoline raffiguranti il duomo di Orvieto, uno dei più celebri monumenti di arte gotico-romanica in cui è possibile ammirare artisti come Beato Angelico, Signorelli, Benozzo Gozzoli e Arnolfo di Cambio, potrebbero presto avere un nuovo sfondo costituito da 18 pale eoliche alte ciascuna più o meno il triplo del celebre monumento architettonico. Il progetto, manco a dirlo, non è delle Belle Arti, ma di una piccola società di Napoli con capitale sociale di circa 10.000 euro che, nel 2012, ha presentato un progetto per la realizzazione di 18 torri eoliche da installare sul monte Peglia.
L’impianto eolico riguarda circa 50 comuni dell’Umbria, più alcuni di Lazio e Toscana.
I costi della realizzazione si aggirano intorno a un milione e mezzo di euro per ogni pala, in totale circa 27 milioni di euro. Più le tante opere accessorie. Una montagna di soldi, destinata a peggiorare e non di poco lo stato della montagna vera, sottoposta a vincolo paesaggistico.
Il progetto è visualizzabile presso i Comuni interessati e ora la palla è passata alla Regione Umbria, che il 13 marzo ha pubblicato nel Bollettino Ufficiale i termini per la presentazione delle osservazioni al piano di costruzione delle pale eoliche, fissati in 60 giorni dalla pubblicazione.
Gruppi di cittadini dislocati un po’ in tutti i territori coinvolti dal progetto, professionisti, il Centro Studi Ornitologici Antonio Valli da Todi, comitati e associazioni si stanno muovendo per portare, entro la data stabilita dalle istituzioni, le osservazioni al piano, organizzando a tappeto incontri per discutere ed elaborare proposte che tengano conto del mantenimento e recupero dell’equilibrio idraulico e idrogeologico, della salvaguardia dei corpi idrici, della tutela del paesaggio, del consumo di suolo eccessivo e della salvaguardia di importanti habitat naturali, tra i quali un sentiero ornitologico di grande interesse.
La questione di un territorio già ampiamente disegnato dai cacciatori di bonus fiscali ed energetici, tra centrali a biomasse lontane dalle fonti di alimentazione, pannelli solari selvaggi, centrali idroelettriche che diminuiscono la portata dei fiumi e numerosi terreni sottratti all’agricoltura è infatti troppo seria per essere abbandonata a sé stessa e diventare preda di facili appetiti che entrano in un territorio, passano alla cassa e se ne vanno lasciando un ambiente più povero e compromesso in maniera spesso irrecuperabile.
Il computo economico di queste grandi opere non calcola infatti quelli che sono i costi sociali di queste realizzazioni: quanto costerà l’energia? Cosa comporterà in termini di Pil regionale l’enorme sottrazione di terreni agricoli? Quanti turisti rinunceranno ad ammirare un duomo di Orvieto circondato da torri eoliche, facendo diminuire gli importi dell’economia del turismo? Per non parlare poi di un ecosistema che muterebbe in modo irreversibile con lo spostamento delle tratte migratorie di numerose specie di uccelli.