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Draghi e la frittata che non c’è

Una volta un generale statunitense disse che per quanto una situazione risulti disperata può sempre peggiorare. Era perché non conosceva Mario Draghi

di David Torres *

Draghi e coriandoli

La cosa buona di avere Mario Draghi, il banchiere più potente d’Europa, a capo della BCE, è che sai che non ci può essere nessuno di peggiore. Puoi cercare in una discarica radioattiva, immergerti in una fogna, fare un casting tra i contabili della Camorra o di Cosa Nostra, ma sarà impossibile cadere più in basso.

Un certo generale statunitense, il cui nome preferisco non ricordare, una volta disse che per quanto disperata fosse una situazione, può sempre peggiorare. Era perché non conosceva Draghi, vicepresidente europeo di Goldman Sachs ai tempi della frode finanziaria nota come crisi mondiale; quella stessa filiale europea di Goldman Sachs fatta di mercanti che consigliarono a Kostas Karamanlis il metodo migliore per nascondere il deficit reale del debito greco, ossia l’artefice della manovra delle tre carte che ha silurato per intero un paese. Lasciare che Draghi governi il destino dell’euro è come mettere Jack lo Squartatore a dirigere un salone di bellezza.

Se l’Unione Europea fosse altro da un bazar di bottegai, Draghi dovrebbe essere seduto davanti al Tribunale Internazionale dell’Aja per rispondere dei suo innumerevoli crimini. Invece lo abbiamo lì, seduto al vertice dell’euro, distribuendo razioni di carote e minacciando col bastone, urinando sulla sovranità degli Stati, defecando direttamente sulle nostre teste. Non è l’unico ladrone che la banca ha infiltrato nelle posizioni più altre della politica europea: per esempio in Spagna si può contare su Luis de Guindos (ministro dell’economia), in Grecia su Lukas Papademos (ex presidente BCE), in Italia su Mario Monti (ex primo ministro, ex commissario europeo per il mercato interno e per la concorrenza). Questi ultimi due galoppini sono stati i primi dittatori di cassa ad arrivare in Europa senza elezioni democratiche, senza bisogno di spargimenti di sangue e senza proteste popolari.

Nell’ultima razione tra bastone e carota offerta da Draghi, una giovane donna è salita sul suo tavolo lanciandogli coriandoli. A dire il vero molti avrebbero preferito il lancio di qualcos’altro.

E’ chiaro che si è trattato di un atto di protesta simbolico, giusto per certificare di che pasta è fatto Draghi: non un drago, come suggerirebbe il nome ma, piuttosto, una lucertola timorosa e sfuggente. Non si è però spaventato abbastanza e Draghi ha continuato la sua lezione, dando al primo ministro spagnolo Mariano Rajoy una certa quantità di carote (“è indiscutibile che l’economia spagnola ha registrato una ripresa”), ma mostrandogli anche il bastone (“per migliorare le condizioni per la creazione di posti di lavoro e ridurre la dualità del mercato del lavoro sono necessarie ulteriori misure”).

Ci avevano promesso che dopo tagli, licenziamenti e sacrifici avremmo visto la luce. Ma la luce non appare da nessuna parte. E’ tempo di ricordare il terribile aneddoto di cui parla Slavoj Zizek nel suo ultimo libro (Le mie battute, la mia filosofia), quando lo scrittore turco Panit Istrati visitò l’URSS all’epoca delle grandi purghe ed un entusiasta sovietico cercò di convincerlo sulla necessità della violenza con un vecchio detto: “Non si può fare una frittata senza rompere le uova”. “Molto bene”, rispose Istrati, “vedo perfettamente le uova rotta, ma dove sta la frittata?”.

*David Torres, scrittore e giornalista spagnolo. Articolo ripreso da Publico.es, traduzione di Marina Zenobio

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