Una graphic novel su Teresa Mattei pubblicata dal comitato Piazza Carlo Giuliani. Scrivono gli autori
di Francesco “baro” Barilli e Manuel De Carli
Ci siamo soffermati solo su un episodio per raccontare Teresa Mattei, per ricordarla come merita e farla conoscere ai più giovani. La sua storia umana e politica, come abbiamo brevemente dettagliato nella biografia, è quella di una partigiana rimasta fedele per tutta la vita ai valori per cui si è battuta. A cominciare dalla Carta Costituzionale che ha contribuito a scrivere. Per questo ci piace concludere con queste sue parole del 2004, terribilmente attuali:
“Viviamo in un Paese dove una classe dirigente abbietta e amorale ha soggiogato i media in modo infame, con il corollario di presunti intellettuali e storici prezzolati che cercano di falsificare la vera storia del nostro Paese e della gloriosa guerra di liberazione dal nazifascismo, insultando la memoria dei nostri morti. Una nuova lotta di liberazione si impone per smascherare la penosa ignoranza e l’abbietto uso a fini personali della cosa pubblica di chi governa l’Italia oggi, e per formare da tale lotta una nuova classe dirigente che possa essere mossa dallo stesso spirito che permeava tutti noi quando abbiamo scritto la Costituzione di questo Paese.”
Teresa Mattei nasce il 1° febbraio 1921 a Quarto (Genova). Trasferitasi con la famiglia in giovane età in Toscana, inizia presto la propria militanza antifascista, a cui rimarrà coerente per tutta la vita. Nel 1938 viene espulsa dal liceo che frequentava e radiata da tutte le scuole italiane perché si rifiuta di assistere alle lezioni in difesa della razza. Riuscirà a riprendere gli studi e a diplomarsi come privatista, per laurearsi poi in Filosofia presso l’Università di Firenze.
Nel 1942 con il fratello Gianfranco si iscrive clandestinamente al Partito Comunista Italiano; l’anno successivo conosce Bruno Sanguinetti, suo futuro marito, con il quale organizza l’attentato a Giovanni Gentile, schierato con la Repubblica di Salò.
Fa parte dei Gap e partecipa alla lotta partigiana a Firenze, con il nome di battaglia Chicchi.
Nel febbraio 1944 il fratello Gianfranco viene catturato dai nazisti e rinchiuso nel famigerato carcere di via Tasso, dove si uccide nella notte fra il 6 e il 7 febbraio, per timore di rivelare sotto tortura il nome dei propri compagni. Anche Teresa viene fatta prigioniera: violentata e torturata riesce però miracolosamente a fuggire e a salvarsi.
Tra le figure di spicco dell’Unione Donne Italiane, è anche la più giovane delle 21 donne elette all’Assemblea costituente, dove assume l’incarico di segretaria dell’Ufficio di presidenza.
In prima fila nella lotta per la parità fra uomini e donne, e per l’accesso delle donne alla magistratura, ottiene che venga aggiunto all’articolo 3 della Costituzione «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». E’ uno degli articoli più significativi e importanti della nostra Costituzione, e forse per questa ragione tra i meno rispettati ed applicati.
Dopo la morte del primo marito, avvenuta nel 1950, sposa Iacopo Muzio, altro dirigente e attivista del PCI. Dai due matrimoni ha avuto quattro figli: Gianfranco, Antonella, Gabriele e Rocco.
In dissenso verso lo stalinismo di Togliatti e del gruppo dirigente, nel 1955 viene radiata dal PCI. Nonostante l’amarezza per quella decisione continua negli anni il suo impegno sia sul piano sociale (meno nota ma assai importante è la sua attività in difesa dell’infanzia) che nella militanza antifascista, dal movimento del ‘68 fino alla partecipazione alle manifestazioni contro il G8 di Genova nel 2001.
Muore il 12 marzo 2013 a Usigliano di Lari (Pisa) all’età di 92 anni.
Una vita lunga e ricca di esperienze umane e di lotte politiche, quella di Teresa Mattei, difficile da condensare nelle poche righe di una breve biografia. Per questo anche nel fumetto abbiamo scelto di soffermarci solo su uno degli aneddoti più noti: la scelta della mimosa come simbolo della giornata internazionale della donna. Nel racconto ci siamo attenuti ai fatti, con poche licenze che vediamo di dettagliare ora.
La ricostruzione della riunione del 1946, durante la quale si discusse delle nuove modalità con cui celebrare l’8 marzo, è frutto di fantasia ma si basa su testimonianze fornite in più occasioni proprio da Teresa Mattei. Di fronte alle iniziali proposte di Luigi Longo, furono Teresa e Rita Montagnana (1895 – 1979, altra storica esponente del PCI e fra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane) a suggerire la mimosa, fiore meno sofisticato e più facilmente reperibile a marzo, oltre che più accessibile economicamente. Sempre Teresa raccontò d’essersi inventata sul momento, nel corso di quella riunione, una leggenda cinese: “Racconta un’antica leggenda cinese che le donne sono sensibili come le mimose, fiore che rappresenta l’unità della famiglia e la sensibilità della parte femminile del mondo. È un fiore collettivo con tutti quei fiorellini messi insieme” (Teresa in “Otto marzo: la prima volta della mimosa”; LiberEtà, marzo 2007).
Non abbiamo trovato tracce specifiche sulla favola raccontata dalla partigiana Chicchi: la storia di Mhim è dunque frutto della rielaborazione di altri suggestivi racconti che abbiamo trovato in rete sull’origine di questo fiore.