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Abruzzo, forte coi deboli e per nulla gentile

Succede in Abruzzo che i rifugiati vengano percepiti come una minaccia ma nessuno è turbato dalla classe politica corrotta, dagli scandali, dalle infiltrazioni mafiose, dal rischio trivelle

da Chieti, Alessio Di Florio

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Poco più di 1 milione e 300 mila. Questo il numero di abitanti dell’Abruzzo. Da qualche tempo, ospiti soprattutto di strutture religiose e di alcune strutture ricettive, sono arrivati poco meno di 1000 migranti. Calcolatrice alla mano rappresentano lo 0.07%. Eppure, nel leggere alcuni articoli di stampa e dichiarazioni di diversi esponenti politici, questa irrisoria percentuale è diventata una minaccia. Per la sicurezza, per il turismo, per tanto altro. Siamo nella Regione nella quale in poco più di vent’anni si son visti 2 Presidenti arrestati, sicuramente 3 omicidi di mafia (tra cui un “noto boss latitante della Camorra”), almeno 7 importanti boss (tra cui uno dei maggiori narcotrafficanti al mondo) che vi hanno soggiornato, parte del “tesoro” di Vito Ciancimino riciclato nella Marsica, innumerevoli attentati (dinamitardi, incendi di auto e, persino, gambizzazioni), un florido narcotraffico, molteplici inchieste per corruzione e altri gravi reati che (anche nei mesi scorsi) hanno coinvolto e portato agli arresti importanti funzionari pubblici, 7 anni di periodiche emergenze rifiuti, sempre su quest’ultimo fronte varie inchieste che hanno acclarato lo sversamento e il deposito di rifiuti (anche tossici e pericolosi) da parte della camorra, la mega discarica di Bussi che attende ancora di essere bonificata (mentre si intervallano progetti industriali a dir poco opinabili), la presenza delle agro-mafie e dello sfruttamento del lavoro nero migrante nella Marsica (ma non solo, a Lanciano nei mesi scorsi fu scoperta una vera e propria fabbrica lager), un servizio idrico a dir poco carente (è notizia di questi giorni il sequestro di 12 impianti di depurazione mal funzionanti – su un totale di 13 – per “gravi violazioni ambientali”), da 8 anni pende la spada di Damocle della “deriva petrolifera”, una gravissima emergenza tubercolosi bovina nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Senza dimenticare l’infinito post terremoto aquilano, con una ricostruzione che 6 anni dopo appare ancora lontanissima, la richiesta di giustizia per i parenti morti quella terribile da parte delle famiglie, infiltrazioni camorristiche (l’ultima inchiesta è di non molti giorni fa) e carenze, lacune, violazioni che hanno scritto un inaccettabile libro nero. E l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

Alcuni di questi fatti finiscono sulle prime pagine dei giornali e poi spariscono, altre ricompaiono periodicamente. Ma molte altre rimangono sottaciute e nel silenzio.

Ma l’allarme numero uno, quello che sta mobilitando sindaci e parte della stampa è diventata la presenza di quello 0.07. Sta avanzando in vari territori il movimento “Noi con Salvini” del segretario leghista. Nelle scorse settimane, con presenza sulla stampa per giorni e giorni, in varie città si sono organizzati i banchetti per la raccolta firme leghista “Chiediamo tutti asilo politico”, in cui si chiedevano agli “italiani” di firmare una (improponibile giuridicamente) richiesta di asilo politico così da ottenere gli stessi “privilegi” che secondo loro avrebbero i rifugiati politici. L’Associazione Antimafie Rita Atria, l’Associazione Culturale Peppino Impastato, PeaceLink Abruzzo e il CSOA Zona Ventidue hanno stigmatizzato tale iniziativa, accusando gli organizzatori di aver fornito statistiche e accuse “che non sembrano minimamente corrispondere a quanto vivono coloro che sono accanto ai migranti tutti i giorni” in quanto in Italia i “migranti in Italia vengono rinchiusi in CIE (ex Cpt), luoghi su cui è lunghissima la lista di violazioni, abusi, soprusi, violenze denunciate e documentate” e lo “lo status di profugo viene riconosciuto, solo al termine di complesse procedure a persone che fuggono da guerre, fame, miserie, violenze. Persone in cerca di umanità che abbandonano (con la morte nel cuore e, troppo spesso, costretti a lasciarvi parenti e familiari con un dolore atroce) luoghi dove l’umanità viene calpestata e violata”. Quasi nessuno si è accorto di questa presa di posizione antirazzista, che non ha trovato gli stessi spazi dei neo aderenti (tra cui spicca un consigliere comunale che, meno di dieci anni, si proponeva come candidato sindaco in un altro comune per il PD) al movimento politico del segretario della Lega Nord.

A Chieti, dove tra qualche settimana si tornerà alle urne, il sindaco (e candidato alle prossime elezioni comunali) Di Primio (centrodestra) ha sfilato con Casa Pound per pretendere dalla prefettura che nessun immigrato giungesse in città. Mentre su parte della stampa locale l’iniziativa di Casa Pound è diventata “di cittadini”, durissimo è stato il giudizio del candidato sindaco de L’Altra Chieti Enrico Raimondi che ha dichiarato “Di Primo è un fascista, non ha la dignità di fare il sindaco” aggiungendo che “pensa al turbamento, che sta solo nella sua testa, degli alunni della scuola primaria vicino alle Case di Riposo, come se gli immigrati non fossero persone ma spauracchi da temere. Sicurezza? Non mi sembra che la minaccia sia rappresentata da chi parla di accoglienza dell’altro, dello straniero, di integrazione, ma sta in chi si allea con CasaPound e innalza muri”.

Ha destato critiche e perplessità un recente articolo pubblicato da Il Centro. Sul quotidiano, dove in passato sono apparse anche ottime inchieste sullo sfruttamento del lavoro nero nella Marsica (nel luglio 2012 un suo giornalista si finse bracciante agricolo per una notte lavorando con lavoratori maghrebini, documentandone la situazione di sfruttamento), è stato recentemente pubblicato in grandissima evidenza un articolo sulla protesta dei richiedenti asilo a Palmoli e Torino di Sangro. Esasperati da mesi di attesa (nonostante la legge prescriva 45 giorni come termine entro il quale dare risposte) e da una totale precarietà di vita, hanno per brevi ore occupato delle strade. Il comitato provinciale di Chieti dell’Arci, l’Associazione Antimafie Rita Atria, l’Associazione Culturale Peppino Impastato, il CSOA Zona Ventidue, Rifondazione Comunista, PeaceLink Abruzzo e Sinistra Anticapitalista Abruzzo con una lettera al direttore hanno stigmatizzato “toni e considerazioni sui migranti” definiti “lontani da quanto i migranti vivono e ingiusti e troppo duri”, a partire dalla vera e propria accusa da parte della giornalista di ingratitudine per essere stati “accolti in un hotel a 3 stelle vista mare” e che ricalca la propaganda dei migranti ospitati tra lussi e tappeti rossi, tra agi e sfarzi. Peccato che la realtà, in molte parti d’Italia (per carità, ovviamente ben lontane dalla più che umanissima e apprezzabile accoglienza a Torino di Sangro e Palmoli) ricordano i sodalizi, sia diametralmente opposta, dai CIE al caporalato e allo schiavismo, fino ad arrivare (come denunciato in Sicilia) anche allo sfruttamento sessuale … Altro passaggio stigmatizzato è “in realtà pare che quello di occupare le strade sia un malvezzo che gli immigrati mettono in atto in tutta Italia” in riferimento alle proteste. Scrivono le organizzazioni antirazziste “le proteste come quelle di Palmoli o Torino di Sangro non sono “in realtà un malvezzo” (in realtà di cosa? I numeri e i tempi per l’ottenimento dello status di rifugiato politico, lì dove si riesce ad ottenerlo, sono reali, ben precisi e non sono vezzo di alcunché … e lo status di rifugiato politico non è un lusso o un privilegio, è riconosciuto e previsto da trattati internazionali e leggi e viene riconosciuto a chi rischia la vita nel proprio Paese e subisce violazioni dei propri più elementari diritti …)” sottolineando l’incredibile odissea che i migranti sono costretti a vivere. Alla lettera ha risposto il direttore facendo riferimento unicamente al rispetto della legalità (ma la prima legalità violata è proprio quella dei tempi sul rispetto dei diritti dei migranti) e attribuendogli critiche non all’articolo pubblicato ma all’accoglienza in Abruzzo. Precedentemente, dopo le prime proteste di Palmoli, un comunicato firmato da Maurizio Acerbo e Stefano Galieni della segreteria nazionale del Prc (che certamente ha goduto di minor visibilità sulla stampa rispetto alle già citate posizioni anti immigrati, comprese quelle di Casa Pound e Forza Nuova), sullo stesso quotidiano è diventata una lettera del solo Galieni (senza alcuna indicazione dell’organizzazione di appartenenza) alla quale si è risposto ammettendo si che ci son problemi di burocrazia ma, subito dopo, lanciando una velata accusa di ingratitudine ai migranti …

In un comunicato stampa (anch’esso ritenuto non meritorio di notizia dalla quasi totalità della stampa … ) il comitato provinciale di Chieti dell’Arci, l’Associazione Antimafie Rita Atria, l’Associazione Culturale Peppino Impastato, il CSOA Zona Ventidue, Rifondazione Comunista, PeaceLink Abruzzo e Sinistra Anticapitalista Abruzzo hanno espresso preoccupazione e indignazione per il “rigurgito xenofobo” e “di odio nei confronti dei migranti, additati sciaguratamente da alcuni come un nemico da respingere, come coloro che rappresenterebbero una minaccia agli italiani a cui ruberebbero soldi, lavoro e diritti”. Gli antirazzisti sottolineano come “compito di chi fa informazione è quello di non fornire notizie parziali e tendenziose. Compito della politica è non utilizzare quelle stesse informazioni in maniera strumentale alimentando odio e xenofobia. Perché i diritti violati dei migranti e le condizioni cui sono spesso costretti, non sono opponibili e contrari a quelli degli italiani. Non è l’immigrato che sceglie il lavoro a nero e sottopagato o di mantenere uno status non regolare … Questa situazione di indigenza e irregolarità di molti migranti è conveniente solo ad un padronato che lucra sulla corsa al ribasso di salari e diritti, che può così tenere i lavoratori sotto un ricatto permanente, in quanto si afferma che ci sarà sempre chi sarà disposto a farsi sfruttare per ancor meno diritti, ancor più sfruttamento e salari sempre più bassi. Italiani e migranti dovrebbero quindi considerarsi parte dello stesso fronte sociale per l’affermazione di diritti che se fossero estesi senza distinzione di nazionalità, sarebbero un vantaggio per tutti, italiani e migranti”, concludendo che “davanti al dramma di chi cerca di giungere sull’Europa per fuggire da guerre, miseria, persecuzioni politiche e al fallimento delle attuali politiche sulle migrazioni, l’azione comune deve essere quella per costruire Comunità civili, solidali e accoglienti in Italia e in tutta Europa. Comunità dove non si spendano immensi patrimoni solo per salvare le banche e comprare armi ma sia basata sull’equità economica e sul riconoscimento dei diritti di tutti, come richiesto anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e da altre convenzioni internazionali”.

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