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Elezioni, mettiamoci una croce sopra

I tempi sono cambiati, basta elezioni. I quattro partiti unici riscrivono le regole per superare la democrazia. La satira anticipa la realtà

di Fabrizio Marcucci

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L’astensione al cinquanta per cento preoccupa i partiti che danno una lettura unanime del fenomeno: le elezioni sono un format ormai superato nonostante il tentativo di vivacizzarle cambiando ogni volta il sistema elettorale. «Del resto – spiega il politologo Astorre Maria Ex Cathedra – le celebriamo ininterrottamente da 69 anni. Si tratta di un metodo di scelta della classe politica che affonda le radici in un’Italia che ormai non c’è più: nel frattempo sono nati la tv e il computer, l’uomo è arrivato sulla luna. E noi continuiamo a scegliere con una croce su una scheda, suvvia, basta conservatorismi, i tempi sono cambiati, se ne prenda atto». Le forze politiche stanno mettendo a punto i loro piani e tutto fa supporre che il prossimo terreno di scontro sia proprio questo. L’unico che pare per il momento disinteressato alla questione è Alfano. «Siamo riusciti a stare al governo con Berlusconi, con Letta e con Renzi, figuratevi quanto cazzo ce ne frega delle elezioni», fanno trapelare dal Nuovo Centrodestra. Vediamo le proposte di riforma che sono maturate all’interno dei principali partiti.

Pd La proposta votata in direzione è di affidarsi a un talent show sul modello di “X Factor”. Bocciata l’idea di Alessandra Moretti, che ha spinto fino all’ultimo per il concorso di bellezza. L’ala sinistra del partito ha bollato la proposta come “sessista”, mentre i renziani hanno detto che quel tipo di competizioni non tirano più. Inoltre, ha destato scalpore l’intercettazione telefonica durante la quale la candidata alla presidenza del Veneto sconfitta da Zaia è stata sorpresa mentre diceva a un’amica: «Così io che vado dall’estetista tutte le settimane avrò qualche chance da giocarmi». Il talent ha il vantaggio di essere spalmato su più settimane e durante le puntate si vende un sacco di pubblicità, è stato detto, cosa questa che potrebbe essere utilizzata per finanziare i partiti o ciò che ne rimane. Bocciata anche la proposta della sinistra del partito che proponeva un festival sul modello del premio Tenco per dare una parvenza di serietà alla cosa. «Che due coglioni questi qua», è stato il laconico commento di uno dei renziani che ha chiesto di mantenere l’anonimato.

Forza Italia Anche tra i berlusconiani il dibattito è stato teso. L’ala più liberista del partito ha proposto la legalizzazione del voto di scambio. Una riforma che secondo chi l’ha promossa avrebbe avuto diversi meriti: far uscire dal carcere detenuti che hanno commesso un reato tutto sommato lieve, disinnescare la questione degli impresentabili sfilando di mano a Bindi e compagnia una delle argomentazioni più forti e, infine, mettere nelle tasche degli italiani un po’ di soldi. Il partito però ha votato a maggioranza una proposta diversa: mettere il parlamento all’asta. Vince chi paga di più, garantendosi così il diritto di governare per cinque anni. Anche in questo caso entrerebbero nelle casse dello Stato fondi che verrebbero però restituiti ai partiti sotto forma di rimborsi. A chi ha fatto notare che così i soldi tornerebbero in mano a chi li ha sborsati, è stato risposto che comunque per affrontare una spesa come quella per vincere un’asta, occorre un notevole patrimonio e delle solide garanzie finanziarie, cosa questa che è un mezzo per selezionare la classe politica assai più appropriato che cantare una canzonetta.

Lega Nord Il partito di Salvini è schierato sulla linea del Piave. «Noi alla partecipazione del popolo non rinunciamo», ha detto il leader della Lega mentre provava una felpa di un tessuto di nuova generazione ottenuto dalla lavorazione di scalpi rom con scritto sul davanti: “Vi facciamo un culo” e dietro: “Così”, con sotto la faccia di Calderoli. La Lega non intende comunque rinunciare al dialogo, «perché le riforme vanno fatte insieme», tende la mano Salvini. Così i padani metteranno sul tappeto più proposte con la speranza di trovare almeno su una di queste la necessaria convergenza. Eccole: 1) Gara di rutti; 2) Gara a chi fa arrivare lo schizzo di urina più lontano; 3) Schiaffo del soldato (vince chi rimame in piedi); 4) Gara di cassoeula (vince chi ne mangia di più, ma in spiaggia il giorno di Ferragosto); 5) Caccia al clandestino (vince che ne cattura di più, vivi, nell’arco di ventiquattro ore).

Cinque Stelle Sono state prese in considerazione diverse ipotesi. Scartata quella di premiare con l’entrata in Parlamento i candidati in grado di proferire l’insulto più creativo poiché in quel caso ci sarebbe da predisporre una giuria all’altezza che sottrarrebbe forze preziose al Movimento, Grillo e Casaleggio hanno deciso ancora una volta di affidarsi al web. Proporranno di passare dalle elezioni al clic-day. Così entrerebbero in Parlamento solo le prime cento persone che riuscissero a prenotarsi nel giorno stabilito, che però sarebbe a sorpresa. «Così chiunque potrà entrare nelle Istituzioni, basterà solo allenarsi e stare per giorni in attesa davanti allo schermo in attesa dell’ora “x”», dicono dall’entourage di Casaleggio. A chi eccepisce che questo metodo di scelta taglia fuori tutti quelli che non hanno dimestichezza con i computer, è stato risposto così: «Spedite una raccomandata, almeno potrete dire di aver partecipato».

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