Diventata colosso nazionale della ristorazione, la coop La Cascina nacque nel 1978, prodotto di Cl attiva all’Università La Sapienza, sponsorizzata da Formigoni e Sbardella
di Marina Zenobio
Dopo la cooperativa “rossa” di Buzzi (la “29 giugno”) la scure dell’inchiesta di Mafia Capitale si è abbattuta su una cooperativa “bianca”, La Cascina. Infatti tra i 44 arrestati del nuovo filone dell’inchiesta sul Mondo di Mezzo a Roma, figurano il barese Salvatore Menolascina, Domenico Commisa, Carmelo Parabita e Francesco Ferrara, tutti manager del colosso della ristorazione La Cascina, arresti che riguarderebbero gli appalti per il centro migranti di Mineo, in provincia di Catania. I reati contestati, come per il resto del clan: associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori.
Si legge sugli atti del Gip di Roma Flavia Costantini, che ha emesso i mandati d’arresto: “I manager della cooperativa La Cascina erano risultano partecipi degli accordi corruttivi con Luca Odevaine e hanno commesso plurimi episodi di corruzione e turbativa d’asta dal 2011 al 2014, mostrando così una spiccata attitudine a delinquere per ottenere vantaggi economici.
La Cascina è una delle cooperative più grandi del paese, che gestisce il servizio di ristorazione di decine di strutture pubbliche in tutta Italia, dagli ospedali, al personale dei ministeri, passando per diversi Centri di identificazione ed espulsione (Cie). Oltre a Roma La Cascina Cooperativa e le sue società sono presenti in tutta la penisola con più di 1000 impianti di produzione, e/o distribuzione, nonché sedi territoriali e operative anche a Bari, Catania, Milano, Siena, Teramo.
I blitz di ieri però hanno riguardato anche l’Aquila, dove La Cascina controlla la Vivenda Spa, società nota in Abruzzo perché ha gestito per anni il servizio di ristorazione dell’Ospedale San Salvatore dell’Aquila dove detiene anche l’appalto per le mense scolastiche del capoluogo abruzzese e che, ultimamente, si è aggiudicata l’affidamento della ristorazione delle strutture sanitarie dell’Asl 1.
La Cascina, dalla Sapienza a Mafia Capitale
Erano gli anni ’70. Allora, scriveva Jolanda Bufalini qualche tempo fa sull’Unità, i giovani di Comunione e liberazione, “erano una avanguardia che preparava la revanche dei cattolici delle fede e delle opere dopo due decenni di cristiani del dissenso, della chiesa aperta nata dal concilio vaticano II” in riferimento e contrasto a personaggi a noi cari come, per fare due nomi, Don Franzoni e padre Balducci. Ma nel mirino di Comunione e liberazione c’era anche la Teologia della liberazione che, partendo dall’America Latina, stava prendendo piede nel Terzo mondo.
Comunione e liberazione si insediò all’Università La Sapienza intorno alla metà degli anni ’70, diventando popolare per l’assistenza ai fuorisede, con la pubblicazioni di dispense universitarie e l’organizzazione del tempo libero. E’ in questo contesto che, il 24 ottobre 1978, si formò la coop. La Cascina, e proprio all’interno della Sapienza ottenne il suo primo appalto pubblico aprendo una mensa. Seguì quello delle mense di via Paolina e, nel 1985, sempre a Roma, l’appalto per le mense di Tor Vergata.
Intanto spuntava sul panorama politico italiano l’astro nascente democristiano Roberto Formigoni secondo il quale la politica deve essere un sostegno delle opere. Ed ecco che arriva un altro democristiano, l’ex fascista Vittorio Sbardella detto “lo squalo”, che con la sua mascella da centurione e piglio da “guardiano der pretorio” offre un sostegno non indifferente alle “opere” della Cascina. Insieme a lui il suo fedele Pietro Giubilo, sindaco di Roma dal 6 agosto 1988 al 10 luglio 1989 che arrivò a spaccare la maggioranza Dc-Psi e alle dimissioni pur di salvare gli appalti dei giovani ciellini.
Scrive Bufalini che “quella fu una battaglia epica”. Se la ricorda bene Maria Coscia, oggi deputata Pd ma all’epoca giovane consigliere comunale del Pci che racconta: “Il sindaco affidò l’appalto delle mense alla Cascina andando a trattativa privata, noi facemmo una battaglia di trasparenza e ci fu anche una mobilitazione dei genitori, si cominciò allora a porre con forza il problema della qualità del cibo per i bambini nelle scuole”. All’epoca, per quanto riguarda le mense scolastiche, c’era ancora il servizio comunale e, sempre all’epoca, la sinistra sosteneva ancora il servizio pubblico.
Sulla trattativa privata che doveva concedere l’appalto mense alla cooperativa La Cascina la magistratura aprì un’inchiesta, la maggioranza capitolina formata da democristiani e socialisti si spaccò e si arrivò alla crisi.
Quella battaglia però non impedì alla cooperativa un’incredibile ascesa. Oggi, per quanto riguarda l’alimentazione, eroga ogni anno 37 milioni di pasti, tra scuole, università, ospedali, centri accoglienza ecc., e per diversi anni ha fornito il servizio ristoro alla buvette del Senato.
Nel 1987 La Cascina aveva già un fatturato di 20 miliardi delle vecchie lire, nel 2000 arrivò a 467 miliardi. Oggi ha 7600 dipendenti e un fatturato di 260 milioni di euro.