Secondo il Military Court Watch, dal 1967 ad oggi sono stati arrestati circa 95mila bambini palestinesi, di cui 50mia avrebbero subito violenze
di Carlo Perigli
Novantacinquemila bambini sono stati detenuti dall’esercito israeliano in Cisgiordania dal 1967, anno in cui venne introdotta la legge marziale nell’area, ad oggi, per una media di 5 bambini al giorno. Queste le conclusioni a cui è arrivato un documento presentato il 10 giugno da Military Court Watch, associazione che si occupa del monitoraggio relativo al trattamento dei bambini detenuti dalle autorità militari israeliane, al Relatore Speciale delle Nazioni Unite per la Tortura e gli Altri Trattamenti Inumani e Degradanti. Stando al documento, le cui conclusioni sono state basate sui dati forniti dall’esercito israeliano e dalle Nazioni Unite, circa 59000 minori sarebbero stati vittime di violenze nel corso della detenzione.
Nel dossier vengono riportati oltre 200 casi di minori detenuti in Cisgiordania dall’esercito israeliano tra il gennaio 2013 e il maggio 2015, nel quale viene riportato, confermando le precedenti conclusioni raggiunte dall’Unicef, che “il maltrattamento dei bambini che entrano in contatto con il sistema di detenzione militare sembra essere ampio, sistematico e istituzionalizzato“. Le conclusioni sono basate su una serie di prove, che dimostrano che intimidazioni, minacce, abusi verbali, violenza fisica e la negazione dei più elementari diritti sono prassi ordinaria all’interno di tale sistema. Una prassi che non sembra essere venuta meno negli ultimi anni; difatti, nel rapporto viene evidenziato che “presunti maltrattamenti di bambini durante l’arresto, il trasferimento, l’interrogatorio e la detenzione non sono diminuiti significativamente tra il 2013 e il 2014”.
Il dossier traccia inoltre un collegamento tra gli abusi e il mantenimento delle colonie israeliane in Cisgiordania. Secondo quanto riportato nel documento difatti, al fine di permettere ai 370.000 civili israeliani di vivere in quella zona – in violazione del diritto internazionale – senza gravi interferenze, l’esercito è “obbligato ad adottare una strategia di intimidazione di massa e di punizione collettiva“.