Grecia, 5 anni di errori del Fmi spiegati in un articolo dell’economista Usa
L’economista James Kenneth Galbraith critica il Fondo Monetario Internazionale in un articolo sulla crisi greca pubblicato su Project-Syndicate, una syndacation internazionale indipendente di commentatori economici, politici, culturali e scientifici. A suo parere la politica lacrime e sangue imposta dal Fmi alla Grecia non solo è sbagliata ma è anche alla base dell’attuale disastro economico ed il cui risultato è stato un crollo del Pil del 25 per cento contro una possibile crescita del 33 per centoin cinque anni in assenza dei tagli imposti da Washington. Galbraith propone di non intervenire più con strumenti straordinari, come nuovi prestiti per far fronte alle rate del debito e che finiscono per indebitare ancora di più il Paese, ma con quelli ordinari, come l’Esm (European Stabilization Mechanism, Meccanismo Europeo di Stabilità, lo strumento finanziario creato nel 2010 dal Consiglio Europeo ed attivo dal 2012 per la gestione delle crisi finanziarie dell’eurozona) e con la ristrutturazione del debito con tutti i creditori. Il ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis ha fatto sue le proposte anticipate dal suo collega ed amico americano e le ha introdotte nel piano proposto ieri ed il cui senso è sintetizzato in un post uscito il 18 giugno sul suo blog. In attesa conoscere gli esiti ufficiali, attesi in settimana, della proposta greca in discussione a Bruxelles, sulla quale ci sono stati riscontri positivi, vi offriamo la traduzione dell’articolo di Galbraith.
Le “Scelte Difficili” del FMI sulla Grecia
[di James K. Galbraith | www.project-syndicate.org ]
Atene – Il capo economista del Fondo Monetario Internazionale, Olivier Blanchard, ha recentemente posto una semplice ed importante domanda: “Quanto di un aggiustamento deve essere fatto dalla Grecia, quanto deve essere fatto dai suoi creditori ufficiali?”. Questo solleva due altre questioni: quanto di un aggiustamento la Grecia ha già fatto? Ed i suoi creditori hanno concesso qualcosa?
Nel Maggio del 2010 il governo greco accettò un aggiustamento fiscale pari al 16 per cento del Prodotto Interno Lordo (PIL) fino al 2013. Come risultato la Grecia ha spostato dal deficit primario di bilancio (che esclude nel suo calcolo il pagamento degli interessi sul debito) più del 10 per cento del PIL fino al bilancio primario dello scorso anno – probabilmente il più marcato cambiamento di atteggiamento nell’Europa post crisi.
Il FMI inizialmente riteneva che il PIL greco reale (al netto dell’inflazione) si sarebbe contratto di circa il 5 per cento tra il 2010 ed il 2011, per stabilizzarsi nel 2012 e crescere in seguito. Nei fatti il PIL è crollato del 25 per cento e non ha recuperato. E, poiché il PIL nominale continua a calare nel 2014 e continua la sua discesa, il rapporto debito/PIL, che si credeva si sarebbe stabilizzato 3 anni fa, continua a crollare.
Blanchard evidenzia che nel 2012 la Grecia aveva accettato “di generare abbastanza avanzo primario per limitare l’indebitamento” e di implementare “un numero di riforme che avrebbero dovuto spingere ad una crescita più altra”. Queste cosiddette riforme includevano chiaramente un spesa pubblica più bassa, la fine della contrattazione collettiva ed un forte taglio alle pensioni. La Grecia è andata avanti, ma la depressione è continuata.
Il FMI e gli altri credito della Grecia ritenevano che la massiccia contrazione fiscale ha solo temporaneamente avuto un effetto sull’attività economica, occupazione e tasse e che, il taglio delle retribuzioni, delle pensioni e del pubblico impiego avessero un’effetto magico sulla crescita. Si è dimostrato falso. Indubbiamente la Grecia dopo gli aggiustamenti del 2010 s’incammina verso il disastro economico e rappresenta il peggior fallimento predittivo del Fmi di sempre.
Blanchard dovrebbe sapere meglio cosa fare piuttosto che insistere in questo “fiasco”. Una volta che il “collegamento” tra riforme e crescita si spezza – come accaduto in Grecia – questo argomento non può che collassare. Senza un percorso di crescita, la richiesta dei creditori per un ulteriore 3.5 per cento di Pil e oggi la domanda per una maggiore contrazione, partendo da un altro crollo quest’anno.
“Perché insistere nelle pensioni? Pensioni e salari pesano per il 75 per cento della spesa primaria; il restante 25 per cento è ormai all’osso. La spesa per le pensioni pesa per il oltre il 16 per cento del PIL ed il trasferimento dal bilancio al sistema pensionistico è pari circa al 10 per cento del PIL. Siamo convinti che sia necessaria la riduzione delle spese per le pensioni del 1 per cento nel PIL è necessario e che può essere fatto proteggendo i pensionati più poveri”.
Prima di tutto la disgraziata ammissione: a parte le pensioni ed i salari, la spesa è stata “ridotta all’osso”. E ricorda: l’effetto di questo approccio sulla crescita è stato negativo. Così, sfidando qualsiasi evidenza, il FMI ora punta ai settori rimanenti, le pensioni, dove tagli – del 40 per cento in molti casi – sono già stati fatti. Questi nuovi tagli che verranno chiesti colpiranno duramente i più poveri.
Blanchard si appella la governo greco perché offra “misure veramente credibili”. Non potrebbe con più saggezza farlo il Fmi? Per ridurre le pensioni di un punto percentuale del Pil, con una crescita economica nominale annua, per due anni, di solo il 4%, che potrebbe esse sufficiente, senza altri tagli. Perché non ci sono misure credibili per raggiungere questo obiettivo?
Questo ci porta al debito greco. Come chiunque sa, al Fmi uno sforamento del debito corrisponde ad una estesa inaffidabilità della responsabilità della tassazione che comunica agli investitori: entri a tuo rischio e pericolo. In qualsiasi momento i tuoi investimenti, profitti e duro lavoro possono essere tassati ancora per finanziare la mano morta dei feudatari passati. Lo sforamento è una barricata contro la crescita. Questo è cosa ogni crisi di debito, prima o poi, finisce in termini di ristrutturazione o di fallimento.
Blanchard è un pioniere nell’economia del debito pubblico. Sa che il debito greco non è stato sostenibile da nessun punto di vista negli ultimi 5 anni e che non è sostenibile adesso. Su questo punto Grecia e Fmi sono d’accordo.
Infatti, la Grecia ha una proposta credibile sul debito. In primo luogo, consentire al Meccanismo di Stabilizzazione Europea (Mse/Esm) di impegnare 27 miliardi di € (30 bilioni circa di $), durante le scadenze, per ritirare i bond greci che la Banca Centrale Europea Bce/Ecb ha follemente acquistato nel 2010. Secondo, usare i profitti di questi titoli per pagare il Fmi. Terzo, includere Grecia nel programma del Quantitative Easing, che vorrebbe dire permettergli di tornare sui mercati.
La Grecia aderirebbe al prestito del Esm a condizioni eque. Il governo non chiede un centesimo in più dei finanziamenti ufficiali previsti per lo stato greco. Promette di vivere per sempre dei propri mezzi e di basare la propria crescita sul risparmio interno e gli investimenti esteri – molto meno di quanto ogni grande paese che controlli la propria moneta avrebbe fatto di fronte ad un disastro comparabile a questo.
Blanchard insiste che questo è il momento per “per scelte difficili e impegni difficili da attuare da parte di entrambi le parti”. Indubbiamente è così. Ma i greci hanno già fatto scelte difficili. Ora è il turno del Fmi, a cominciare con la decisione di ammettere che le politiche imposte per 5 lunghi anni hanno creato un disastro. Per gli altri creditori la scelta più difficile è ammettere – come sa bene il Fmi – che il loro debiti greci devono essere ristrutturati. Nuovi prestiti per politiche che hanno fallito – l’attuale proposta congiunta dei creditori – non è assolutamente per loro un accomodamento.
[Traduzione di Sergio Braga]