Secondo Kiko Arguello, fondatore del “cammino neocatecumenale”, il femminicidio è da imputare alle donne. La piazza del “Family Day” applaude l’oscurantismo
Di Carlo Perigli
Poteva semplicemente essere ricordata come un rarissimo esempio di manifestazione dove i partecipanti, invece di “lottare”in nome dei loro diritti, protestano affinchè questi non vengano estesi anche ad altri. Tutto sommato sarebbe bastato per rendere il Family Day un’iniziativa totalmente fuori da ogni logica, inebriata dalla denuncia della – peraltro inesistente, ma prova a spiegarglielo – dittatura gender. Invece no, a dare all’iniziativa quel qualcosa che mancava è arrivato Kiko Arguello, settantaseienne pittore spagnolo e fondatore di un percorso di iniziazione cristiana noto come “cammino neocatecumenale”. La sintesi dell’intervento è presto detta: il femminicidio è colpa della donna.
Per spiegare il suo punto di vista, Arguello è partito citando la storia di Irina Lucidi, una donna il cui marito dopo la separazione aveva rapito le figlie per poi probabilmente – dato che le bambine non sono mai state trovate – ucciderle e suicidarsi. Ebbene, secondo il pittore, forse stanco di mettere la sua fantasia solo su tela, questo caso, così come i femminicidi in generale, sarebbe imputabile alla decisione delle donne di rifiutare i loro uomini. Ma attenzione, perchè Arguello è preciso: «Ma se la moglie lo abbandona e se ne va con un’altra donna – e se fosse un altro uomo? Non è dato saperlo, in fondo siamo qui contro la teoria gender – quest’uomo può fare una scoperta inimmaginabile, perchè questa moglie gli toglie il fatto di essere amato, e quando si sperimenta il fatto di non essere amato allora è l’inferno».
Così i mariti, non trovando più conforto nell’amore, decidono, in preda alla disperazione, di uccidere la moglie e/o i figli, oppure di suicidarsi. Semplicemente per «far capire alla moglie il danno che ha fatto». Nessuno, nè dalla platea nè tantomeno sul palco, ha preso minimamente le distanze dal discorso di Arguello, da quel concetto di famiglia che, più che “naturale”, sembra ricordare i tempi più bui della civiltà occidentale. D’altronde più volte gli organizzatori della manifestazione hanno tacciato di violenza chiunque si sia permesso di contestarli, di avere da ridire contro una manifestazione che, con uno spirito reazionario senza eguali, punta a vietare ad altri il godimento dei diritti esistenti. Quella è violenza, invece le parole di Arguello come le vogliamo chiamare?
Articolo tratto da: Kiko Arguello al Family Day: “Il femminicidio è colpa delle donne“, di Carlo Perigli
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