Fernando “Nando” Antunes Coimbra fu une delle principali vittime sportive della dittatura brasiliana durante gli anni sessanta. Fratello di Edu e Zico, lasciò il calcio per “liberare” la sua famiglia
Di Carlo Perigli
Al civico 7 di rua Lucinda Barbosa a Quintino Bocaiuva, zona nord di Rio de Janeiro, c’è un’abitazione conosciuta da tutti i brasiliani. In quella casa, di proprietà della famiglia Antunes Coimbra, sono nati e cresciuti cinque fratelli, di cui due sono divenuti campioni indiscussi del calcio brasiliano: Edu e Zico. Ciò che tuttavia, almeno al di qua dell’Atlantico, pochi sanno, è che in quella abitazione è cresciuto anche Fernando Antunes, detto Nando, calciatore talentuoso come gli altri due, la cui carriera si è però scontrata con la ferocia della giunta militare che governò il paese sudamericano dal 1964 al 1985.
Calcio e dittatura, un rapporto che per quasi un secolo ha portato i regimi più sanguinari ad utilizzare lo sport più bello del mondo come uno strumento di gloria e potere. Da un lato per una questione di immagine, con la vittoria della Nazionale che equivaleva al trionfo della bontà del regime, dall’altro attraverso la monopolizzazione dello sport, con le giunte che arrivarono a controllare il meccanismo dall’interno, estromettendo qualsiasi elemento potesse recare disturbo.Un sistema che venne applicato integralmente anche in Brasile, dove la dittatura strinse il calcio in una morsa, ostacolando la carriera di tutti i giocatori in odore di opposizione.
Ed è in questo scenario che la vita umana e professionale di Nando Antunes Coimbra viene stravolta. Il ragazzo ha un “terribile difetto”: gli piace coniugare lo sport con la passione per la cultura e l’impegno sociale nel Piano di Alfabetizzazione creato da Paulo Freire, un’attività che la giunta non può tollerare. A pochi mesi dal golpe, il Piano viene chiuso perché considerato “potenzialmente pericoloso”, mentre per il giocatore inizia un calvario che durerà un’intera carriera. La giunta entra a gamba tesa sul club in gioca, il Santos Victory, costringendo la società all’allontanamento sia del giocatore che dell’allenatore che aveva “osato” prenderne le difese.
Nando cambia squadra più volte, ma la musica è sempre la stessa, finchè non sono le stesse società a rifiutarsi di tesserarlo, adducendo ogni volta motivazioni di circostanza. Il ragazzo è giovane e ha talento, vuole continuare a giocare, così a 22 anni decide di attraversare l’Atlantico e di andare in Portogallo, dove firma un contratto con il Belenenses. Giunto in terra lusitana però, si rende conto che neanche l’Oceano è in grado di difenderlo. Nando Antunes finisce ripetutamente sotto il tiro incrociato dei servizi segreti brasiliani e della polizia politica di Salazar, che più volte si presenta nella sua abitazione per minacciarlo, finchè dopo 4 anni decide di rifare i bagagli e tornare in patria.
Il ritorno a casa coincide però con la fase più dura della repressione, che Nando subisce in prima persona. Arrestato dalla polizia politica, in più occasioni viene torturato dagli agenti, interessato ai suoi legami con Cecilia Coimbra, sua cugina nonché militante del Movimento Rivoluzionario 8 ottobre. La speranza di tornare sul rettangolo verde poi, viene presto vanificata. Nel 1970 Nando decide di chiudere la sua carriera per salvare quella dei fratelli Edu e Zico, a cui il regime aveva iniziato a sbarrare la strada della Nazionale in quanto “fratelli del comunista”. Una scelta d’amore, che purtroppo però non placa la sete di “vendetta del “regime”. Edu viene difatti scartato per i Mondiali del 1970, nonostante avesse chiuso la stagione precedente come miglior marcatore del campionato, mentre Zico, già all’epoca talento puro e cristallino, due anni dopo non viene incluso nella selezione olimpica. “C’è un problema con la famiglia Coimbra“, spiegò ai diretti interessati il c.t. della nazionale brasiliana Joao Saldanha, poco prima di essere allontanato anche lui dalla Seleçao.
Con il passare del tempo, il ritiro dall’attività agonistica allontanerà la morsa della dittatura sulla vita di Nando, anche se la sua storia rimarrà sottaciuta anche dopo 20 anni dal crollo della giunta militare. Solamente nel 2010 è stato difatti riconosciuto come “perseguitato politico del regime brasiliano“, parte di quel lento ma continuo processo all’interno del quale lo Stato brasiliano sta finalmente facendo i conti con il suo passato.