Polemiche per il dono di Morales a papa Francesco, una scultura di Cristo su falce e martello. Ma dietro quel dono c’è padre Lucho, ucciso dalla dittatura nel 1980
di Marina Zenobio
Nel corso della visita di papa Francesco in Bolivia, c’è stato un nutrito scambi di regali tra il presidente Evo Morales e il pontefice. Sicuramente però il più sorprendente è stata scultura di Cristo su una croce a forma di falce e martello.
In Bolivia l’evento è diventato virale sui social. Secondo alcuni Morales si sarebbe così preso gioco del pontefice, una deputata dell’opposizione boliviana, Jimene Costa, lo ha considerato un gesto di cattivo gusto e via dicendo.
Il governo invece la pensa diversamente. Il portavoce di Morales ha ricordato che il crocifisso è un simbolo dei contadini, rappresentati dalla falce, e degli operai, rappresentati dal martello, e anche loro “fanno parte del popolo di Dio”.
Al di là delle polemiche, però, pochi conoscono la storia che si cela dietro questo particolarissimo regalo di Morales a papa Francesco.
Il “crocifisso comunista” è in realtà una replica di una scultura realizzata negli anni ’70, in piena era di Teologia della Liberazione in America Latina, dal padre gesuita spagnolo Luis Espinal Camps detto Lucho e definito anche “il Romero boliviano”, per esprimere l’unione del mondo cristiano con le idee marxiste.
Padre Lucho (nella foto) fu inviato come missionario in Bolivia nel 1964 e fin da subito si impegnò nella difesa dei diritti umani contro la dittatura militare. Le sue posizioni radicali e il sostegno alle lotte dei minatori e delle loro mogli, guidate da Domitila Chungara, gli procurarono l’inimicizia dell’allora governo de facto del generale Luis Garzia Meza Tejada.
Padre Lucho fu anche un cineasta e un giornalista radiofonico, morì assassinato dopo essere stato arrestato e torturato per ore da agenti paramilitari legati al governo. All’epoca, nel 1980, era il direttore di Aquì (Qui), un settimanale con linea editoriale di sinistra.
Il gesuita fu sequestrato la notte del 21 marzo 1980, il suo corpo straziato ritrovato il giorno dopo sulla via che porta a Chacaltaya. La storia ha poi accertato che l’assassinio di padre Lucho era stato pianificato tre mesi prima dallo stesso Gaza Meza, insieme all’allora ministro degli interni Luis Arce Gomez.