Utilizzate per decenni nei test nucleari Usa, dalle Isole Marshall ora rischiano di finire in mare centinaia di migliaia di metri cubi di materiale radioattivo
di Marco Vulcano
La polvere nascosta sotto il tappeto, non è una novità, prima o poi esce fuori. E più tempo rimane nascosta accumulandosi, tanto più poi sarà problematico rimuoverla. Una massima semplice e nota un po’ ovunque, ma evidentemente non negli USA, i cui esperimenti nucleari condotti alle isole Marshall ora rischiano di provocare la fuoriuscita in mare di circa 111.000 metri cubi di materiale radioattivo.
Secondo gli scienziati, l’innalzamento del livello dei mari causato dal cambiamento climatico globale rischierebbe infatti di far finire nell’oceano una buona parte di ciò che rimane dei numerosissimi test nucleari effettuati dagli Stati Uniti alle isole Marshall. Materiale stoccato in un immenso e angosciante cupolone di cemento che gli abitanti locali chiamano The Tomb (la tomba), nell’atollo di Enewetak. Tra la sabbia finissima e le acque cristalline di un autentico paradiso terrestre.
Le stime ufficiali parlano di 67 diverse armi nucleari testate qui dagli Stati Uniti, a cavallo tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. Bombe atmosferiche equivalenti a 1,6 Hiroshima ogni giorno, per 12 anni, ivi compreso il più grande esperimento nucleare che gli Usa abbiano mai condotto: il Castel Bravo. Un test controverso, che ebbe pesantissime conseguenze sugli abitanti locali, inondati dalle radiazioni in quanto esposti sottovento al punto tale da lasciar pensare che la cosa fosse voluta per dare modo agli scienziati americani di studiare gli effetti delle radiazioni su persone ed ecosistema.
Con la fine dei test nucleari, la DNA (Agenzia per la Difesa Nuclare) propose un programma di decontaminazione dell’area, per rendere l’atollo idoneo alla vita, rifiutato però dal governo statunitense, che preferì inserire i rifiuti radioattivi e il terreno contaminato all’interno di questo enorme cratere.
Così i resti di 12 anni di test nucleari sono ora sepolti sotto questo immenso bunker, di cui più sezioni mostrano da tempo alcune crepe.
Come riportato anche dal Dipartimento di Stato USA in un rapporto del 2013, il suolo intorno al deposito è già più contaminato del suo contenuto. E ora che il tutto sta gradualmente venendo sommerso dal livello del mare, i problemi non potranno che aumentare.