La Turchia rompe il patto scellerato con l’Isis, bombarda obiettivi del califfato in Siria e autorizza la Coalizione all’uso della base di Incirlik. Ma il nemico numero uno restano i curdi
di Marina Zenobio
Sembra proprio che il patto di non aggressione e di connivenza tra Turchia e Isis sia saltato questa notte. Ankara ha bombardato posizioni dello Stato islamico, raggiungendo e distruggendo quattro obiettivi del califfato in territorio siriano. Erdogan ha detto di aver avvisato dei raid il presidente Assad, ma dalla Siria nessuna conferma.
Confermata invece dal governo turco l’autorizzazione all’utilizzo, da parte della coalizione internazionale contro l’Isis guidata dagli Stati uniti, della base Nato di Incirlik o Adana, a 60 chilometri dalla frontiera siriana. In caso di emergenza la coalizione potrà utilizzare anche le basi situate nelle città di Malatya (Anatolia orientale), Mardin (sud est turco) e Batman (Anatolia sud orientale).
Qualcuno pensa che dietro il voltafaccia della Turchia nei confronti del califfato ci sia l’attentato di Suruç, al centro culturale Amara, costata la vita a 30 persone. Ma è improbabile se si considera che il centro culturale a pochi chilometri dal confine tra Turchia e Siria, da mesi era diventato un “posto sicuro” per i rifugiati provenienti da Kobane e per tanti volontari, attivisti e giornalisti che da Suruç partono proprio verso Kobane per aiutare le popolazioni locali o raccogliere notizie.
Mentre bombarda obiettivi del califfato in territorio siriano, la Turchia è impegnata in una operazione antiterrorismo in grande stile sul suo territorio, mettendo sullo stesso piano i jihadisti sunniti dello Stato Islamico con i membri del Pkk, il Partito dei lavoratori curdi. Senza distinzione le agenzia parlano di blitz in cui “la polizia ha arrestato 240 persone, tra sospetti militanti dello stato islamico e membri del Pkk” durante uno di questi blitz e in circostanze non chiarite, la polizia ha sparato e ucciso una donna membro del Pkk.
Ma perché la Turchia ha deciso proprio adesso di entrare direttamente nel conflitto contro l’Isis? Quali sono i suoi obiettivi?
Principalmente uno: impedire la nascita di uno stato curdo e questo può accadere solo la Turchia si impegna, da un punto di vista militare, a fianco della coalizione contro l’Isis.
Per Erdogan i curdi sono e restano il nemico numero uno, e i curdi, nella zona siriana, hanno guadagnato pericolose posizioni e simpatie a livello internazionale per la loro resistenza al califfato, in particolare a Kobane.
Da ricordare poi che a livello interno, alle ultime elezioni in Turchia il partito curdo Hdp ha per la prima volta superato la soglia di sbarramento del 10% ed è presente al parlamento con 79 deputati, e il partito islamico Akp, quello di Erdogan, non ha più la maggioranza.
Il secondo obiettivo, forse un po’ più a lungo termine, è la possibile creazione di una zona cuscinetto che avrebbe un doppio valore, quello di tenere lontano l’Isis dal confine turco, e quello di interrompere ciò che potrebbe essere un avanzamento curdo.