La Turchia bombarda postazioni del Pkk nel nord dell’Iraq. Rotto il cessate il fuoco sottoscritto due anni fa
di Marina Zenobio
Dopo aver rotto il patto scellerato con l’Isis avvenuta ieri, per la seconda notte consecutiva la Turchia è tornata a bombardare postazioni del Califfato in Siria. Contemporaneamente però, i Jet F16 turchi decollati dalla base di Diyarbakir, hanno colpito obiettivi controllati dalla guerriglia del Pkk, Partito dei lavoratori curdi, nel nord iracheno.
La Reuter riporta che, durante la notte, i caccia turchi hanno attaccato gli accampamenti del Pkk nel nord dell’Iraq, operazione confermata al primo ministro Erdogan che, dimostrando di voler assumere un ruolo proprio all’interno della coalizione contro l’Isis guidata dagli Usa, a cui ha autorizzato l’accesso e l’uso della base Nato di Incirlik, sa che potrà fare impunemente carne trita della resistenza curda che resta il suo principale nemico.
I caccia hanno sganciato “munizioni classiche e moderne” contro ciò che la Turchia definisce “rifugi, grotte, depositi e punti logistici” del Pkk in sette zone del nord iracheno, tra cui quelli situati sui monti Kandil.
Anche il Comitato centrale del Pkk ha confermato i bombardamenti aerei tramite un comunicato rilasciato dall’agenzia curda Firat, dichiarando che è stato definitivamente rotto il cessate il fuoco sottoscritto due anni fa con la Turchia, tra l’altro già violato ripetutamente nelle ultime settimane: “Con questo denso bombardamento il cessate il fuoco non ha più senso” si legge nel comunicato dell’organizzazione marxista il cui leader, Abdullah Ocalan è l’unico detenuto dell’isola-prigione di İmralı, dove sta scontando l’ergastolo.
Mentre colpisce l’Isis e si rifà una reputazione a livello internazionale, la Turchia cerca così di “prevenire” le aspirazioni autonomiste curde e assicurarsi il controllo dei gruppi armati dell’opposizione siriana. In questo contesto e con molta probabilità, agli attacchi aerei turchi seguirà un accordo con Stati Uniti per una zona cuscinetto in Siria, vicino la frontiera turca, che permetterà alla Turchia di attaccare tanto i jihadisti quanto i suoi storici nemici, i curdi.
C’è poi da considerare che, davanti all’influenza dell’Iran sciita, che appoggia Assad a Damasco, influenza in aumento dopo il recente accordo sul programma nucleare raggiunto tra Teheran e le grandi potenze, per la Turchia è diventato più che mai strategico assicurasi una posizione in Siria.
Inoltre la Turchia teme il rischio che i curdi siriani, come quelli di Kobane, e per estensione anche i curdi turchi, possano “approfittare” del ruolo turco anti-Isis che inevitabilmente li rafforzerebbe, in questo quadro rientrano perfettamente i bombardamenti sulle postazioni curde in Iraq, e la caccia all’uomo messa in atto in Turchia contro i terroristi, mettendo sullo stesso piano jihadisti dell’Isis e militari curdi.